Continua a soffrire l’agroalimentare sardo a causa dell’aumento dei costi che sta caratterizzando numerosi settori. A lanciare l’allarme è la Cna, denunciando una situazione di crisi soprattutto per quanto riguarda i piccoli produttori. Secondo l’analisi dell’associazione di categoria, il mondo della grande distribuzione “per non aumentare i prezzi, fa pagare i rincari ai piccoli produttori”.
Per questo motivo le microimprese chiedono un adeguamento dei propri listini, anche perché la maggior parte di questi risalgono a tempi in cui i costi di produzione erano decisamente inferiori a quelli attuali. A fronte di questo “tutti o quasi riscontrano una forte resistenza con la controparte, che cerca di limitare al massimo gli aumenti o di applicarli su lunghi lassi di tempo”.
A causare questa situazione di crisi sono “gli aumenti incontrollati di energia, gas e carburanti, oltre che di quasi tutte le materie prime alimentari tra le più importanti nella dieta mediterranea, come il grano, i formaggi, la carne”. Ai costi delle materie prime si aggiungono anche quelli necessari alle aziende per ottenere il prodotto finito, come il materiale per il confezionamento e persino le pedane per la movimentazione dei prodotti.
Il punto di caduta è il ritocco verso l’alto dei listini, dopo un periodo in cui si è cercato di andare avanti senza applicare aumenti, ma i fornitori, soprattutto quelli più piccoli, della grande distribuzione organizzata, hanno scarso potere contrattuale. “Dalla seconda metà del 2021 la situazione è precipitata perché gli aumenti dell’energia e del gas, già prima del conflitto in Ucraina erano diventati insostenibili – ha spiegato Alessandro Mattu, presidente Cna Agroalimentare -. Il risultato è che le imprese di trasformazione si trovano schiacciate tra il fornitore di materie prime, che continua ad aumentare il costo del prodotto e la grande distribuzione che contesta il maggior prezzo”.