Ryanair con le valigie in mano. La compagnia irlandese ha già ridotto il numero dei voli in partenza dall’aeroporto di Alghero: molti passeggeri stanno scoprendo in questi giorni che è impossibile prenotare i voli con destinazione Stoccolma, Parigi, Dublino a partire dal mese di marzo. A questi voli occorre aggiungere anche altre capitali europee che termineranno presto di essere collegate con lo scalo della Riviera del Corallo, una base storica per la compagnia che, proprio da lì, nel 2000 ha esteso all’Isola la rivoluzione dei voli low cost. Eppure, al momento non si capisce se quello di Ryaniar sia un abbandono totale o piuttosto un taglio parziale. Solo una cosa è certa: questo segnale di smobilitazione ha a che fare più con la politica che con i flussi di passeggeri.
Al centro di tutto c’è la legge regionale 10 del 2010, nata sotto Cappellacci e finita in breve tempo sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles. Tramite questa norma, nel triennio 2010-2013 sono stati versati circa 80 milioni alle società di gestione degli aeroporti di Alghero, Cagliari e Olbia. Soldi pubblici finiti poi al centro degli accordi firmati fra le stesse società e diverse compagnie low cost, mascherati come “contributi di co-marketing”. Bruxelles ha affermato che questi contributi erano in realtà incentivi che alteravano il mercato. La procedura è ancora aperta e la giunta Pigliaru, osservata a distanza dai tecnici, non può erogare alcun contributo di questo tipo a Ryanair e alle low cost se vuole evitare di incappare nelle maglie delle sanzioni europee. La compagnia è rimasta a guardare per due anni, ma come facilmente intuibile, ora ha dato un segnale chiaro. “Se non si trova una soluzione, ce ne andiamo” avrebbero riferito alcuni manager della compagnia. Alghero è soltanto la prima tappa della smobilitazione. Subito dopo, potrebbe abbandonare anche l’aeroporto di Cagliari.
Occorre trovare dunque una soluzione che permetta, da un lato, di arginare la crisi Ryanair e che, su un altro lato, fornisca adeguate garanzie sul lungo periodo. Arnaldo Boeddu, segretario regionale della Filt Cgil, punta il dito contro la mancanza di lungimiranza di chi a suo tempo approvò la legge 10 del 2010. “Non posso dimenticare con quanta enfasi l’attuale management della Sogeeal accolse quella legge. Ricordo anche che il management ai tempi non solo si schierò a favore di questa norma ma, in qualche misura, si fece vanto di averla addirittura promossa. In quel periodo – ricorda Boeddu – nessuno dei protagonisti volle non solo fare una analisi di tutte le criticità ma neppure ascoltare quanto veniva dichiarato dalla Cgil. Adesso, un vettore low cost come Ryanair decide di punto in bianco di lasciare l’Isola proprio per le conseguenze di quel provvedimento. Per evitare pesantissime ricadute sotto l’aspetto occupazionale – conclude Boeddu – si deve intervenire immediatamente”.
Il sindaco di Alghero, Mario Bruno, è al lavoro in una complicata mediazione tra la Regione, che ha praticamente le mani legate da Bruxelles, e un territorio che non può fare a meno di un servizio essenziale per collegare a basso costo il nord ovest dell’isola con il resto d’Europa. “Giovedì incontrerò a Cagliari gli assessori dei Lavori pubblici e del Turismo sul tema. Porterò a quel tavolo alcune proposte, con il ruolo attivo dell’amministrazione comunale e della fondazione Meta, che gestisce le attività di promozione turistica del nostro territorio. Di sicuro è chiaro che il low cost non può abbandonare la Sardegna e occorre trovare un nuovo sistema di incentivi nel rispetto delle direttive europee. Ci sono altre zone d’Italia dove si effettuano incentivi del tutto legittimi, quindi la nostra non è un’impresa impossibile. Di sicuro – afferma il sindaco – occorre superare l’impianto della legge 10 del 2010. La Regione avrebbe dovuto farlo da tempo, ma ormai è diventata una priorità fondamentale”. Bruno intende coinvolgere in questa battaglia il maggior numero di soggetti istituzionali. Venerdì mattina è in programma ad Alghero una riunione con sindaci, consiglieri regionali del territorio e associazioni di categoria.
Michele Spanu
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