L’arte di Sciola va in Rete, on line il sito dell’artista che suonava le pietre

Io faccio quel che posso e per quel che non potrò, rimarrà da fare agli altri”. Le ripeteva spesso Pinuccio queste parole, le mani e il corpo gonfio di stanchezza eppure il sorriso pronto ad accoglierti e a concederti ancora uno scarto di bellezza. Le stesse parole che la neonata fondazione fortemente voluta dai figli Tomaso, Maria e Chiara, hanno scelto come sigillo del sito Internet a lui dedicato e, da domenica sera, finalmente on line (www.fondazionesciola.it).

Una data non casuale quella di domenica 18 dicembre, perché a sette mesi dalla sua scomparsa, la comunità che ruota attorno all’indimenticato artista di San Sperate si è data appuntamento per una giornata intera di incontri cui hanno partecipato in tanti, tantissimi, “molti di più di quelli che ci saremmo aspettati” ha commentato commosso il figlio Tomaso.

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Commossi, e allo stesso tempo orgogliosi di essere i protagonisti di una giornata così intensa, sono stati i Tenore di Orgosolo, ma anche di Fonni e Ula Tirso, che nonostante il freddo e la stanchezza, a tarda sera hanno lasciato al canto le parole d’amore a lui dedicate. Tra le tante, ci piace ricordare quelle laconiche ed essenziali di Mario Brasu il poeta-pastore: “Mi manca, ma so di essere un privilegiato ad averlo conosciuto”; quelle entusiaste di Giorgio Bonomi, critico d’arte: “Quella di oggi è stata una giornata di cultura ampia, in un parco bellissimo come pochi ne esistono al mondo, mi darò da fare per ritornare”; quelle di Paolo Pillonca, giornalista dell’Unione Sarda: “Un profeta che ci ha indicato una strada, di lui abbiamo più bisogno da morto che da vivo, perché da vivo non lo abbiamo apprezzato come avremmo dovuto”.

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Una giornata che è stata anche l’occasione per la presentazione del volume “La politica di Sciola” firmato da Giuseppe Marci e Giorgio Dettori. Entrambi amici di lunga data di Sciola, i due hanno raccontato alcuni aneddoti dell’artista, come quello che lo legava agli scalpellini di Villasimius: “Pinuccio lavorava il basalto e la trachite – ha ricordato il professor Marci – e gli artigiani di Villasimius lo punzecchiavano perché non trattava il granito, una pietra molto dura e difficile. Complice una grossa partita, però, Pinuccio alla fine lavorò anche quello, incidendolo e graffiandolo come solo lui sapeva fare, con una progressione lenta, un segno che ancora oggi ci fa pensare”.

Ricco di spiritualità e di incanto il ricordo del fotografo Giorgio Dettori, che ha accostato il nome Sciola a quello di un altro grandissimo artista come Nivola, che in vita si rammaricava della poca notorietà nella sua Isola: “‘In Sardegna non mi sentono e non mi vedono’ diceva. Ma poco importava: a Nivola come a Pinuccio interessava il contatto umano, coinvolgere la gente. Il loro senso religioso era legato alla luce, alla natura, all’accoglienza e alla generosità”.

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Una giornata che si è conclusa tra vino buono e grandi fuochi, con le immagini del video “Born of stone“, premiato come miglior corto documentario al Berlin Short Film Festival e firmato da Emilio Bellu: “Un progetto che vorrei viaggiasse, andasse il più lontano possibile, e che facesse conoscere il nome di Sciola in giro per il mondo. Da Londra agli Stati Uniti, l’impatto di chi lo ha già visto è fortissimo”. Quindici minuti di proiezione che, all’improvviso, riportano il viso di Pinuccio proprio lì, nel suo giardino di pietre, dietro a un fiore di arancio, un sorriso talmente grande e vero, che sembra di poterlo ancora toccare. E abbracciare, come vorremmo fare per sempre. Sì, è stata una gran bella giornata. Il mondo deve sapere chi era l’uomo che faceva cantare le pietre.

Donatella Percivale

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