La musica che è girata intorno al 2019. Dischi sardi dell’anno (per intenditori)

Quella che segue è una lista di dischi usciti nel 2019 che meritano di essere ascoltati e tramandati. Non è stato facile scegliere dieci lavori tra la moltitudine di progetti che in un anno vengono pubblicati in Sardegna quindi la scelta è semplicemente di tipo affettivo e personale. Non sono i migliori (non credo sia possibile stabilirlo) ma sono quelli che mi hanno suscitato emozioni particolari, qualche brivido inaspettato e altre sensazioni difficili da descrivere.

Alessandro Cau. Brenti (Monocreo)

Alessandro Cau, giovane percussionista e compositore, figlio legittimo della scena sperimentale elettronica che fa capo al Conservatorio di Cagliari si presenta con Brenti: 4 lunghe tracce licenziate dalla label Monocreo con un artwork molto originale e la supervisione di Michael Cooper Seaton, americano dal curriculum frastagliato e instabile perlopiù noto per la sua partecipazione al collettivo Akron/Family. Credo che i due si siano incontrati durante il lungo soggiorno londinese di Cau e immagino la soddisfazione di poter contare su un musicista che ha girato mezzo mondo e sguazzato in situazioni di estremo interesse. Insomma un bel colpo che Cau ha sfruttato al meglio: in sala di registrazione e montaggio, con interventi al synth, nelle note introduttive del Cd e persino nel breve tour di presentazione del disco che ha coinvolto – oltre all’americano – tanti colleghi isolani. Nell’introduzione Michael sottolinea il profondo attaccamento di Cau alla sua terra, la sua libera visione del mondo e dell’arte e Brenti è la logica conclusione di un percorso artistico intenso, emozionante e, a tratti, commovente.

Apollo Beat. Sfera (Irma Records)

Un lavoro atteso da tanto tempo, dalla lunga gestazione, preparato a dovere e cotto a fuoco lento come si faceva una volta. E il risultato ripaga tante fatiche e ci trasporta in un mondo magico fatto di suoni antichi conditi con salse ultramoderne: funky di quello buono, quello black al punto giusto, ritmi tosti che fanno smuovere pensieri accantonati e spesso dimenticati, jazz e rock nella giusta misura. C’è tanta bella roba in questo disco: la passione per la musica per immagini, i suoni vintage di tante serie tv del passato, una visione del mondo aperta e visionaria. La lunga esperienza live ha poi reso possibile una scrittura in scioltezza e consapevolezza dei propri mezzi. Se dovessi fare un viaggio tra le stelle questa sarebbe la giusta colonna sonora. Un trip senza fine, un loop emozionale che dall’isola ci proietta verso il lato più oscuro della luna.

Both PeopleBoth People (Clair de Lune)

Non è stato un anno memorabile il 2019 per la produzione jazz in Sardegna, Uno di quelli che non molla mai è Andrea Morelli che non smette di far sentire la sua voce e quella del suo sax in diversi progetti tutti documentati su CD. Both People è quasi uno spin off dell’esperienza Hard Up con qualche ritocco nella formazione. Qui ci troviamo di fronte a un quintetto che, oltre ad Andrea Morelli ai sax, include Massimo “Maso” Spano al basso elettrico, Alessandro Garau alla batteria, Francesco Sangiovanni al sax baritono e il continentale Fabio Delvò sempre al sax. Both People richiama alla vicenda dei boat people di qualche tempo fa ma è un chiaro riferimento alla realtà di questi nostri anni nella quale la barca è ancora l’ultima speranza di cambiare la propria esistenza. L’artista che prende posizione e si schiera è una costante della tradizione jazzistica e ancora oggi qualcun sente il bisogno di aprire faglie dialettiche o meglio dichiarare da che parte stare. In questo manifesto ideologico la musica è chiaramente parte integrante con soluzioni sonore che vanno dalla tradizione hard pop al free più evoluto. Il disco si ascolta con piacevole partecipazione e si percepisce la voglia dei musicisti di suonare insieme e di mettersi a disposizione di un’idea collettiva. Non per niente citano Martin Luther King quando afferma: “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli”.

Corrado Altieri. Less (Azoth)

Corrado Altieri si ripropone con il suo vero nome accantonando il moniker Uncodified, una proposta di elettronica estrema che viaggiava su coordinate estetiche piuttosto rigide e devastanti: massa indistinta di rumore industriale, macchine che stritolano ogni varco di possibile quiete in scenari sociali decadenti e un universo al limite della sopravvivenza. Con Less, dopo il caos globale delle ultime produzioni, Altieri lascia flirtare nel suo mondo qualche sprazzo di luce, quanto basta per intravedere uno spiraglio di umanità seppure distorta e allucinata. Altieri ci parla di un mondo in dissolvenza con un frastuono atroce che divarica i nostri sensi, incalza e disturba. La macchina crea rumori di fondo, provoca senso di nausea. Impalpabili sembianze si aggirano ai margini della nostra comfort zone, nichilismo post-industriale senza sconti per un black friday che segna la fine di un sogno senza una seconda possibilità. Si avverte una insana consapevolezza di una cultura al collasso e di qualcosa che non possiamo ancora definire. Inciso per la Azoth di Simon Balestrazzi – a cui lo lega una parallela visione del mondo e una collaborazione di lunga data – Less è una creatura che non può lasciare indifferenti e per questo prezioso e indispensabile. La macchina chiede il suo sacrificio.

Erbomb. Mars Rolls (Tronos)

Dietro il moniker Erbomb si cela Francesco Simula, chitarrista sassarese attivo da diversi anni nella scena cittadina. Il disco arriva dopo anni di studi e sperimentazioni e ci presenta un artista pieno di energie creative e tanta voglia di lasciare qualche scia chimica nel variegato e turbolento mondo musicale contemporaneo. Un trip solitario, coraggioso quanto imprevisto che ci trasporta in orbite space rock d’altri tempi pur essendo vigile verso i cambiamenti del presente. Siamo di fronte a un delicato confronto tra filosofie e stili di vita differenti: tecnica chitarristica d’impostazione classica e manipolazioni elettroniche a loro volta ripartite tra strumentazioni vintage e moderni software digitali. Questa diaspora – spesso di difficile manipolazione – viene felicemente risolta grazie a una eccellente verve compositiva, al recupero di sonorità di varia origine tra cui troviamo come elemento dominante un approccio funky che fornisce la giusta dose di groove e ritmo. Psichedelia del nuovo mondo e retrofuturismo black, cultura digitale e materialità tattile e un futuro che si presenta meno fosco del previsto. Aspettiamo ansiosi le nuove tratte che Erbomb ci proporrà in futuro.

Fais/Salis/Sanna. Earthworms (Aural Tempel)

Siamo in una zona di elevata sperimentazione, luogo dove le cose succedono seguendo flussi di creatività imprevedibili, quasi sempre in tempo reale senza contratti di governo o piani quinquennali. Paolo Sanna è un viaggiatore solitario di lungo corso: studia le dinamiche sonore degli oggetti, cerca l’essenza nascosta della materia e la sua invisibile anima. Ama anche confrontarsi con i suoi simili e lunghe sono le collaborazioni che accompagnano la sua carriera. Quella con Giacomo Salis è una bella armonia di luci e suoni, di intenti condivisi, di personalità che nella diversità trovano completamento. Emanuele Fais aggiunge imprevedibili brividi elettronici, amalgama il disordine creativo, definisce i confini del sogno. Alla fine ci offrono un lavoro senza tempo e senza patria. Un catalogo di suoni che non si stancano di essere accolti nel nostro mondo, come lombrichi che ci chiamano dalle viscere della terra.

La Stanza nel deserto. Ren-ge. Simultaneidad de causa y efecto (Terzosegnale)

La Stanza nel Deserto è un’idea di Mario Massa, trombettista e compositore in azione da diverso tempo. In questa nuova incarnazione ha coinvolto Mixa Fortuna alle voci, Diego Soddu alla chitarra, Marco Ferrazza alle manipolazioni elettroniche (peraltro abbondantemente usate da tutti i componenti). Il disco è stato concepito e registrato a Quito in Ecuador durante un lungo soggiorno di Mario Massa in quelle terre lontane ed è stato presentato in Sardegna in occasione del suo rientro. Chi conosce le dinamiche artistiche di Massa non troverà in questo lavoro variazioni drastiche ma un’evoluzione lineare che comprende le sue passioni mai nascoste: la materia organica proposta da Don Cherry, le manipolazioni quartomondiste di Jon Hassell, i nuovi scenari elettronici degli anni zero (che in parte sono ben presenti nella recente collaborazione con Saffronkeira). Il suono della tromba si interfaccia perfettamente con la voce di Fortuna e le chitarre di Diego Soddu e l’elettronica creano uno scenario onirico, psichedelico, straniante e allucinato. È una sorta di viaggio mistico che si perde nei meandri della percezione umana e spalanca le porte della percezione. Mario Massa è un artista alla continua ricerca di esperienze inedite e il suo viaggio non comprende un punto di arrivo definito.

La T.A.R.C. Boctok (Moka Produzioni)

Un trio ad altissima gradazione alcolica, spietato, monolitico, intransigente. Loro sono Antonio Pinna alle percussioni, Marcello Pisanu e Daniele Serra alle chitarre (oltre un nutrito armamentario di macchinette elettroniche, filtri, distorsori, oggetti e persino un clarinetto). Vige uno stretto riserbo sul significato del nome ma la loro idea di musica è abbastanza chiara: noise esasperato, citazioni kraut, ritmi ossessivi reiterati fino allo sfinimento, riff nebulosi che si contorcono e si evolvono in modo infinitesimale. L’ascolto di un loro set è un’esperienza coinvolgente, straniante e disturbante e la cassetta (unico supporto fisico finora disponibile oltre alle tracce in digitale) che comprende quattro moduli sonori è solo un biglietto da visita per entrare nel loro mondo. Il concetto di modulo sta alla base della loro proposta sonora: partire da una minima cellula sonora ed esplorarla in tutte le sue possibilità, espanderla, dilatarla, distruggerla. Un modulo non ha età, non ha nome, non ha una durata predefinita e neppure uno sviluppo logico, una narrazione univoca: dipende da fattori estemporanei, da variabili impazzite, da imprevedibili percezioni soggettive. Oltre il free, oltre tutte le avanguardie del Novecento.

Pcm. Attraverso (n5Md)

Pcm è un recente progetto sardo-milanese che coinvolge, oltre a Matteo Cantaluppi e Matteo Milea, il nostro Francesco Perra, meglio conosciuto come Perry Frank, chitarrista poliedrico di impostazione ambient (di recente anche coinvolto nella band La Pioggia). Il termine ambient è abbastanza poco definibile e comprende esperienze che partono dalle composizioni di Erik Satie passando per la fondamentale stabilizzazione di Brian Eno per arrivare alla moltitudine di sottosistemi del contemporaneo (che trova collocazione anche in diverse derive techno). Perry Frank è da diverso tempo impegnato a scrivere la sua versione dei fatti attraverso una chitarra destrutturata e distorta, manipolazioni digitali, creazione di mondi di impalpabile materia. Trattasi di un universo distorto, dilatato, offuscato da iniezioni di cultura digitale. Rock in atropina, trattato con anestetici che dilatano la percezione, che permette di affrontare la materia terrena (e superarla) inducendo stati di trance e di straniamento. Detto così sembra una cosa pericolosa in realtà è tutto molto piacevole ed estremamente economico. Basta procurarsi il vinile o il Cd pubblicato dalla label n5Md di Portland. Non sono previste controindicazioni, complicanze o effetti collaterali.

Vanvera. Little Lost Kittens (Moka Produzioni)

Confesso di avere un debole per Mauro Vacca (è lui Vanvera). Lo seguo sin dai tempi del suo primo album, quel A whish upon a scar che venne pubblicato nel 2007 dalla Here I Stay (anche se la sua storia inizia molto prima con esperienze dark wave in quel di Villacidro). In quel frangente lo avevo paragonato a Nick Cave per la qualità delle composizioni, per l’approccio dark e per quel misto di spiritualità e cialtronaggine tipica di certa cultura americana. Sono passati tanti anni, qualche sporadica esibizione, un nuovo progetto concepito insieme a Roberta Etzi (Pussy Stomp risale più o meno al 2014) e finalmente eccolo con un nuovo progetto che ci riporta ai fasti di una volta. C’è sempre la Etzi a dargli sostegno, la Moka (che poi sarebbe Nicola Porceddu alias Dainocova) a farsi carico della produzione delle cassette, e soprattutto la grande verve di Mauro. Sette tracce (più un bonus) intrise di blues, new wave, fine attitudine cantautoriale degli anni zero, un folk un po’ slabbrato e tante influenze raccolte in questi lunghi anni. Per quanto mi riguarda uno come Vanvera potrebbe avere la stessa risonanza di gente come Mark Lanegan, Guy Garvey, Bill Callahan e altri rocker più accreditati. Ma questo è un mondo strano che non sempre riconosce i giusti meriti. Noi ci teniamo stretti Mauro e se vi capita di intercettare una sua esibizione live vi consiglio di non esitare: è tempo speso nel migliore di modi.

Claudio Loi

LEGGI ANCHE: Tra Battisti, afro-space e psichedelia: ‘Sfera’, il nuovo disco degli Apollo Beat

Ecco le canzoni sperdute di Vanvera, musiche da Villacidro in bassa fedeltà

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share