Il ‘teppista’ Capovilla al Premio Dessì: “Vi racconto il mio Sergej Esenin”

Fascino ed eleganza. Nelle parole, nella posa, nel portamento. Pierpaolo Capovilla presenta il suo reading in tre atti “Confessioni di un teppista” assistito dal bravissimo Kole Laca al pianoforte e alle “diavolerie elettroniche”. E’ una teatralità vocale e scenica quella che porta in scena, a coprire lo spazio scarno di strumenti e contenuti. Giovani e adulti rimangono incantati dalle liriche di Sergej Esenin, anche i più restii si avvicinano alla poesia russa e scoprono mondi diversi, lontani eppur attuali.

Il frontman de Il Teatro degli Orrori libera l’ispirazione poetica di Majakovskij e Esenin, già mostrate negli ultimi due album della band. Di nero vestito, disegna alla luna le “Confessioni di un teppista”, canta come Esenin cantò la rivoluzione bolscevica, con quello sguardo di dolore e rammarico per le sorti della Russia contadina, a cui il poeta era profondamente legato. Mescola i toni, è grottesco cattivo e buono, sofferente e rabbioso. Si sente il freddo della Russia più vera, il freddo della violenza e della rassegnazione, riscaldate dall’intonazione a tratti roca e a tratti dolce della sua voce. E’ un’ora di spettacolo, ma sembrano ore di viaggio ad occhi chiusi che i suoni di Kole Laca trascinano con studiata armonia mentre Gesù cade colpito a morte nel racconto.

La rappresentazione si chiude con una magistrale lettura di “A Sergej Esenin”, poesia che Majakovskij scrisse in ricordo del poeta un anno dopo la sua morte. Capovilla guarda il pubblico dritto negli occhi, trasferisce le sue emozioni. Il pubblico applaude, applaude per diversi minuti, e lui applaude con loro, ringrazia e dà un piccolo tributo finale a Esenin, scoprendone per l’ultima volta la bellezza. Quindi si lascia alle domande e ai complimenti di chi lo ferma, ai fans musicali e a quelli letterari.

Pierpaolo Capovilla, cantore della sofferenza contadina di Sergej Esenin. Non è la prima volta che parla di lui. Qual è il filo conduttore che lega questo poeta con l’esperienza con Il Teatro degli Orrori e il reading “Confessioni di un teppista”?
La forma canzone può essere letteratura, poesia – anche se talvolta è molto difficile. C’è un rapporto dialettico molto forte tra me e questi poeti, lo dimostrerò nel mio disco solista che sarà un disco molto più letterario di tutto quelli prodotti fino ad ora. Esenin l’ho citato in maniera ampia e coerente nell’ultimo album del Teatro in una canzone che si chiama “Martino”, che è una rimanipolazione di una importante poesia di Esenin che si chiama “Il Compagno”, dove si incontrano la collera umana e la dolcissima forza di Gesù, che però muore assassinato nel campo di Marte. Mi lascio influenzare molto da questi autori e dopo li porto con me nelle canzoni cercando di farne rinascere l’interesse.

Perché riscoprire Esenin oggi?
Riscoprire Esenin è molto importante secondo me, è un’operazione di grande fascino. Ho voluto prenderlo con me nelle canzoni, imprigionandolo per liberarlo poi culturalmente, facendolo conoscere a chi non lo conosce ancora. La mia è una sfida culturale. Io voglio fare cultura e sia il rock che i reading mi permettono di fare cultura. Voglio far fiorire i suoi versi. Esenin fu un così grande lirico che la bellezza del suo verso non è mai stata fine a se stessa. E questo vale sia per il momento storico in cui scrisse, sia per qualsiasi altro momento storico. Esenin è immortale.

Come reagisce il pubblico a questa sfida culturale? Che feeling si è creato nel corso delle varie tappe del tuo tour?
Posso dire di avere un pubblico intergenerazionale. Ci sono i cinquantenni che sono appassionati di cultura e partecipano ed eventi come il Premio Letterario dedicato a Giuseppe Dessì, e ci sono i giovani che vengono perché c’è Capovilla, la rockstar, e poi perché dicono “vediamo cosa succede”. Il risultato è sorprendente: sono riuscito a rapire le persone che sono venute a seguire questo reading e qualche volta anche a commuovere. Bisogna anche saper suonare le corde del cuore. Io faccio tutto questo perché ci tengo alla poesia come forma d’arte, e sono convinto che la poesia abbia un valore consolatorio e salvifico in questo reiterato e sempiterno presente che non ci porta più da nessuna parte.

Musica e reading. La letteratura è sempre presente. Pierpaolo Capovilla scriverà anche qualche libro?
Sì, sono al lavoro per un saggio. E’ un progetto un po’ complesso, parlerà dell’Italia. Penso per la metà del 2014 di darlo alla stampa, dovrei farcela.

Simone Spada

(foto di Valentina Genna)

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