I ‘menhir’ contemporanei di Pretziada: sculture disegnate con Andrea Branzi

C’è un’idea di sacralità e di richiamo alla natura nell’ultima collezione di Pretziada realizzata in collaborazione col celebre architetto e designer Andrea Branzi: un legame con la terra che però è mediato dalla celebrazione del lavoro dell’uomo. Si tratta di piccole sculture che sono composte da due elementi fondamentali: una struttura di metallo – lavorata dai Fratelli Argiolas, artigiani di Cagliari – su cui è collocata una pietra lasciata allo stato naturale, grezzo, senza alcun intervento volto a modificarne la forma. Dei menhir contemporanei dove ferro scuro e pietra compongono un oggetto misterioso che sembra parlarci e interrogarci da altre epoche. La collezione si chiama Immortale ed è costituita da quindici sculture; ognuna è un pezzo unico, di dimensioni e forme diverse.

Il progetto di Pretziada – creato dalla newyorkese Kyre Chenven e dall’artista di origini sarde Ivano Atzori – fin dalle origini ha avuto come obiettivo quello di mettere a contatto designer internazionali e artigiani locali con l’idea di produrre degli oggetti in grado non solo di richiamarsi a una tradizione e a un territorio ma anche di raccontare “storie”, promuovendo l’Isola a livello internazionale. Ogni oggetto è un capitolo di questo racconto: dai cosinzos a su scannu passando per i tappeti, i coltelli, i vasi o gli attrezzi da camino – tutti progetti in grado di scavare in profondità nella storia dell’Isola ma proponendo un punto di vista nuovo, originale. I designer vengono invitati in Sardegna e Kyre e Ivano chiedono loro di lasciarsi andare alla cultura sarda, di farsi ispirare dal paesaggio, dalla cucina, dall’artigianato, dall’archeologia o dalle storie che ascoltano.

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L’idea della collaborazione con Branzi – classe ’38, una delle figure più importanti del design italiano – nasce in occasione della mostra newyorkese di Animali domestici, un progetto dell’architetto in cui del tronchi di legno del tutto naturali vengono posizionati su oggetti di arredamento ben definiti (ad esempio delle sedie). Un contrasto tra natura e forme guidate e ragionate che poi ritroviamo anche nella collezione di Immortale. “Abbiamo pensato di utilizzare materiali come la pietra conservandone l’essenza, senza snaturarla – spiegano -, associandola a forme architettoniche molto precise e lavorate. Un contrasto che racconta un po’ la storia dell’uomo, la trasformazione della materia che contribuisce allo sviluppo dell’umanità”. Il mondo arcaico che “entra” in contatto con delle forme che sembrano venire dal futuro: “In queste sculture ci abbiamo visto molti tratti della Sardegna”, ragionano Kyre e Ivano.

Andrea Branzi

Nel caso di Branzi non è stato possibile ospitarlo nell’Isola e costruire il percorso che solitamente porta i designer a “entrare” nella cultura sarda. Così è nato una specie di ping pong a distanza, con un progetto che ha preso forma pian piano attraverso la condivisione di pensieri, immagini, pubblicazioni, cibo. E pietre. “Gli abbiamo spedito diverse scatole e lui stesso ha attinto dalla sua collezione”, spiegano. Alcune pietre sono lavate dall’acqua e hanno una forma più tonda. Altre vengono dai muri a secco. E poi scisto, pietre granitiche, basalto, ossidiana: materie che raccontano l’Isola, i suoi paesaggi naturali attraverso alcuni suoi testimoni silenziosi.

A differenza delle altre collezioni di Pretziada – costituite da oggetti di uso quotidiano o elementi d’arredo – le sculture hanno una natura più squisitamente artistica. “La forza di Branzi è quella di un designer che ha studiato, pensato e lavorato per allontanare sempre di più la possibilità di rendere i suoi progetti fattibili. I suoi progetti di architettura consentono di fare riflessioni profonde. Non si tratta di provocazioni legate puramente al mondo dell’arte contemporanea. Si tratta di porre delle domande, anche radicali. Quando fu invitato a Parigi a proporre il progetto per il rifacimento della piazza dell’Arco di Trionfo, presentò un progetto dove era prevista la presenza di animali selvatici, che potevano pascolare liberamente in quel contesto. In Francia non sapevano bene come rispondere alla sua idea. Il progetto ovviamente non è passato. Lui dice: le cose inutili sono fondamentali. Le cose più inutili sono quelle che restano più a lungo: ti pongono domande e hanno un valore”.

Le scatole sono in ferro e costruite rigorosamente a mano. “Gli artigiani sono stati molto bravi e lo avevano già dimostrato nella produzione del set di ferri disegnati da Ambroise Maggiar – raccontano -. Hanno dimostrato una grande abilità nel fare delle saldature sulle varie parti da assemblare, anche piccolissime. Sono dei maghi: riescono a lavorare su tutte le scale. Per noi è molto importante perché chiediamo sempre agli artigiani un lavoro che dia qualcosa di forte anche a loro, che arricchisca la loro storia. Il diavolo è nei dettagli – proseguono Ivano e Kyre – e i ragazzi ne sono consapevoli. Un lavoro di quel tipo doveva innescare bellezza, precisione: le scatole sono molto precise ma riesci a respirare la manualità del lavoro”.

Branzi era stato ospite al Museo Nivola di Orani per una mostra organizzata nel 2016. È stato in quell’occasione che il designer è entrato in contatto con il paesaggio e la storia dell’Isola, rimanendone disorientato. Nel video di presentazione di Immortale – girato da Roberto Ortu – Branzi parla della Sardegna: “Mi è sembrata una terra molto invasa dalla natura – dice – ma non artefatta, come qualcosa che segue un racconto. Un luogo così forte, violento, solido, pesante… Vedo queste pietre che mettono in posizione di difesa, di sospetto. È un complimento”, precisa il designer. Che aggiunge: “La Sardegna è una fiction. È così diversa da altri territori italiani che affascina molto. Ma non è vera”.

Andrea Tramonte

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