Santadi factory, tradizione e design: l’artigianato sardo riletto da Pretziada

L’origine era un richiamo costante. L’idea dell’Isola e quella di una sorta di ritorno a casa in quella che “casa” lo era solo fino a un certo punto. Un luogo dove a un certo punto mettere radici dopo tanto girovagare, provando a costruire qualcosa: di intimo e poi di condiviso. Di “prezioso”. Pretziada è il nome del progetto fondato da una coppia italo-americana che ha lasciato New York e Milano per trasferirsi a Santadi, nel Sulcis. Un progetto che unisce artigianato, design e storie con un filo che lega tutto, come la trama di un tappeto: l’amore per la Sardegna, declinato in una visione insieme romantica e realista delle sue potenzialità enormi e delle sue infinite occasioni sprecate.

La storia di Ivano Atzori e Kyre Chenven parte da qui. Lui è milanese di origini sarde (Nuxis, per la precisione), è un artista e negli anni Novanta è stato uno dei writer più famosi in Italia. Kyre è una designer cresciuta tra New York e la California e ha lavorato per anni come scenografa e manager, con un background nel campo della moda e della comunicazione. Dopo la nascita dei due figli hanno sentito l’esigenza di cambiare i ritmi della loro vita. Hanno iniziato a sentirsi “alieni” rispetto ai contesti che avevano sempre conosciuto e frequentato e pian piano è maturata l’idea del “ritorno” nella terra della famiglia di Ivano.

“Con l’arrivo dei bambini è cambiata la visione del nostro futuro”, raccontano Kyre e Ivano. “Già da tempo ci vedevamo proiettati qui nell’Isola: trasferirci in Sardegna in un certo senso era ovvio, prima o poi sarebbe successo. Però l’idea era quella di venire qui per fare qualcosa che avesse un senso. Uno decide di vivere qui anche per lottare, a maggior ragione in una regione povera come il Sulcis: perché ama questa terra e prova a cambiare qualcosa. Per coltivare un’idea di futuro”. Quel qualcosa ha preso la forma di Pretziada, un progetto dalle molte sfaccettature. È nato come blog, innanzitutto, dove Ivano e Kyre hanno iniziato a raccontare la loro Isola con uno sguardo obliquo, intimo e carico di stupore: dall’olio prodotto a Santadi al pozzo di Santa Cristina, da Nivola e Sciola al mirto e alle forme della Coccoi, da “sa tundimenta” (il rito della tosatura estiva) al lentisco al carnevale di Mamoiada. È poi uno spazio in una valle nell’agro di Santadi, dove la coppia ha acquistato un terreno dove sorgevano delle casette abbandonate. Un piccolo borgo di cinque case ristrutturate che nel corso del tempo diventerà una “rural guest house”, con uno spazio per eventi, show-room, laboratorio, residenze per artisti e turisti e ovviamente la loro casa, nel mezzo di un ampio terreno dominato dai colori della macchia mediterranea.

Pretziada, infine, è artigianato e design. L’idea era quella di contribuire a reinventare l’artigianato artistico tradizionale, innestandovi elementi di innovazione e contemporaneità. “Un artigiano sa fare l’artigiano”, spiegano. “Però a volte gli mancano degli aspetti importanti: saper vendere in mercati internazionali, saper comunicare in un certo modo. A volte poi il rischio è quello di limitarsi alla tradizione. Che è certo fondamentale: è una base solida, ma deve anche essere il trampolino di lancio per innovare”. Pretziada in questo senso vuole porsi come “agevolatore”: Ivano e Kyre si mettono in contatto con artigiani di cui apprezzano il lavoro, approfondiscono la loro storia, le loro tecniche e stabiliscono dei legami e delle relazioni. Una volta deciso di lavorare insieme, propongono un progetto, unendo il saper fare tradizionale dell’artigiano con la visione del designer. A questo si aggiungono le loro competenze nel campo della comunicazione e del management e le loro relazioni acquisite nel corso di anni di lavoro tra Milano e New York – fondamentali per provare a spingere, tramite il loro e-commerce, le produzioni di Pretziada verso mercati internazionali.

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I primi prodotti, datati 2016, danno bene il senso dell’idea di Ivano e Kyre. Tunda & Marria è una rilettura della brocca da sposa sarda, che un tempo veniva data in dono alle spose ed era utilizzata per trasportare l’acqua. Persa la sua funzione originaria è diventato un oggetto d’arredo molto prezioso. Realizzato in collaborazione con la designer Valentina Cameranesi e Walter Usai, ceramista di Assemini, che ha creato un’altra variante di brocca chiamata Nuptial. Il designer parigino Ambroise Maggiar – che ha lavorato nella squadra di Philippe Starck – ha rielaborato invece gli attrezzi da camino insieme ai Fratelli Argiolas. Ancora, le scarpe Pretziada, che riprendono il cosinzos chiamato Sarcidanu, la classica calzatura da lavoro sarda utilizzata soprattutto nella bassa Barbagia, nel Medio Campidano e nel Sulcis. In questo caso il lavoro di restyling ha riguardato, oltre alla forma più morbida, anche la scelta dei materiali, che rendono la scarpa più comoda rispetto alla versione originale. La suola è 100% gomma di alta qualità mentre la pelle è concia toscana. Idem l’interno, con la fodera realizzata in pelle di vitello giovane.

“Pretziada cerca di mettere in relazione artigiani locali con designer, e soprattutto di creare dei ponti tra l’Isola e il resto del mondo. Con l’idea che un artigiano sardo possa lavorare al progetto di un designer parigino e che il suo lavoro possa arrivare in tutto il mondo”, spiegano. L’innovazione in particolare è nel processo che porta al prodotto finale. “Chiediamo al designer di prendersi il tempo per capire cosa c’è dietro ogni movimento per fare un vaso, ad esempio. Non vederlo solo come un movimento ripetitivo: farsi delle domande per provare a fare altro”. Fondamentale è che è il designer “non sardo” si immerga nella realtà isolana, si approcci a cultura e tradizioni, lasciandosi ispirare. “Valentina Cameranesi è andata varie volte nel laboratorio di Walter Usai, ma non solo: quando siamo andati al Museo archeologico di Cagliari è rimasta molto colpita dai Giganti di Mont’e Prama, dalle loro geometrie, dai cerchi concentrici, dalle loro trecce. Proprio le trecce – intese in quel senso, ma anche in quella della cordula – è stata una sua grande ispirazione. In un mix di geometria, minimalismo, decorazioni tradizionali”.

Nel corso degli anni la collezione si è arricchita di prodotti – come i coltelli sardi o i “vasi sonori” ispirati al carnevale – e sono arrivate nuove collaborazioni. In particolare quella con Mariantonia Urru, storica azienda tessile di Samugheo, con cui hanno prodotto l’Allusion Carpet, un tappeto ispirato dai tradizionali copriletto sardi dell’Ottocento, e il Banded Carpet, omaggio a Eugenio Tavolara e al suo lavoro sul tappeto degli anni Sessanta. Nel 2018 hanno vinto il Designer Prize consegnato al Salone del mobile di Milano, un premio importante che li ha visti trionfare nella categoria di “Best design newcomer”. “Un premio bellissimo e inaspettato”, dicono, “anche perché in genere vengono premiati studi di design puro mentre noi siamo degli outsider. Quello che ci ha fatto più piacere è stato che hanno capito quanto la Sardegna sia fondamentale nel nostro lavoro. E aver dato, nel nostro piccolo, un po’ di visibilità all’Isola”.

Per certi versi la loro idea ha anche un valore politico, in senso lato. Che emerge a maggior ragione quando parlano del loro Sulcis – con parole che sono sempre un misto di amore e rabbia. “Una volta, parlando del nostro progetto in paese, una signora ci ha chiesto: “ma davvero possiamo riuscire a portare i turisti qui?”. E abbiamo pensato: Santadi ha un ottimo Carignano, uno dei più buoni d’Italia e quindi del mondo. Un caseificio che produce ottimo formaggio. Ci sono eccezionali produttori di carne, pane e olio. Siamo circondati da siti archeologici. Siamo ai pedi della macchia mediterranea più vasta d’Europa. E a quindici minuti da spiagge meravigliose…Certo che puoi portare i turisti qui. Dobbiamo chiederci: cosa vogliamo per il Sulcis? Manca una visione più ampia che vada al di là dell’industria in crisi, che contribuisca finalmente a superare quel modello. Bisogna puntare sul turismo, sulle eccellenze del territorio, sulla bellezza del paesaggio. Ma bisogna lottare per cambiare le cose. Com’è possibile che le dune di Porto Pino siano parte di una base militare? Dovrebbero essere all’interno di un parco naturale, piuttosto. Nel nostro piccolo con Pretziada proviamo a dare un contributo all’idea di un cambiamento necessario, da iniziare subito”.

Andrea Tramonte

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