A Gavoi “L’eccezione” di Ólafsdóttir: “La Sardegna, isola benedetta”

Audur Ava Ólafsdóttir è forse la migliore scrittrice islandese vivente. È ospite in questi giorni al Festival “L’isola delle storie” di Gavoi. È docente di Storia dell’Arte ed è diventata Direttrice del Museo dell’Università di Islanda. L’Islanda è un Paese ha risposto alla forte crisi economica (“causata da ‘dieci persone’ di cui si conoscono i nomi”, dice Ólafsdóttir) interrogandosi direttamente sulla crisi morale del suo popolo.

Ava Ólafsdóttir, ha pubblicato in Italia per Einaudi tre libri (Rosa Candida, La donna è un’isola e L’Eccezione) considerati dalla critica una vera e propria rivelazione.

L’abbiamo incontrata subito dopo il caloroso incontro con il pubblico di Piazza S’Antiocru. “Mi sono sforzata di parlare italiano -racconta- per avvicinarmi di più alla gente, per non farla stancare troppo”.

Signora Olafsdòttir, siamo a Gavoi, nel centro di un’isola. Un’isola nell’isola, come si sente?
Mi sento davvero fortunata a stare qui. Credo sia quasi una benedizione per me. Sono felicissima, ed emozionata. Ho sempre desiderato di venire in Sardegna, da molto tempo. Ma evidentemente dovevo prima scrivere libri per venirci… Credo che questo sia uno dei Festival letterari più interessanti. Sono stata in molti Festival, ma qui si percepisce che l’autore è davvero vicino alla gente: c’è un senso di generosità e si capisce che la gente del posto partecipa. Questo lo rende speciale.

È corretto dire che lei è arrivata alla scrittura attraverso altre forme artistiche? Perché, allora, è importate scrivere?
Sì, corretto. Scrivo per capire. Cerco di capire, ma non analizzare. Guardo quello che succede nella vita, che appare come caotico: inaspettato. Lo scrittore è quello che prende le cose e dà loro un senso. Scrivere è dare un senso a quello che arriva dal mondo. Mi interessano molto le ‘contraddizioni’ che ci rendono umani…

Nei suoi libri sono molto importanti i rapporti umani, anche quando complicati e fuori dagli stereotipi…
Sì, è vero. Dopo la crisi economica in Islanda ho iniziato a scrivere diverse opere per il teatro. È stato detto che i miei lavori parlano sia della crisi che delle relazioni umane. Io credo riguardino proprio le relazioni umane. Ma le mie non sono relazioni ordinarie: sono diverse, inusuali. Non credo, infatti, ci siano persone comuni. Credo che tutti siamo unici e originali.

E che cosa rende un libro originale?
Credo che nella storia della letteratura ci siano solo sei o sette trame che si ripetono: gli amanti, il rapporto padre e figlio, madre e figlia, i viaggiatori, quelli delle isole che cambiano la loro prospettiva di vita attraverso il viaggio… i soggetti e le trame, in fondo, sono tutti abbastanza comuni. Credo che quello che è originale in un libro sia lo stile: la scrittura, la musica. In ogni mio libro c’è una musica differente. E di solito la musica viene prima, poi viene la trama. Quando compro un libro leggo solo poche righe per capire se la scrittura è differente da tutti gli altri libri…

Nei suoi libri sono sempre costanti i riferimenti e le descrizioni della sua terra…
Sì, credo che la cosa migliore dell’Islanda sia il silenzio… e lo spazio, che dà un sentimento di libertà.Un piccolo paese con una lingua minoritaria, è necessariamente differente dagli altri, ma credo arricchisca il panorama delle altre lingue. Per questo motivo continuo a scrivere nella mia lingua.

Davide Fara

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