E’ morto il grande direttore d’orchestra Claudio Abbado Le sue estati ad Alghero nel buen retiro delle Bombarde

E’ morto questa mattina a Bologna Claudio Abbado, il direttore d’orchestra a capo delle più prestigiose istituzioni musicali del mondo, dal Teatro alla Scala ai Berliner Philharmoniker. Aveva 81 anni. Malato da tempo, nel luglio scorso era stato nominato dal presidente Napolitano senatore a vita.

 

Ad Alghero, il maestro, lo conoscevano tutti. Sapevano che viveva lì, in quell’angolo di paradiso fra la spiaggia delle Bombarde e quella del Lazzaretto, nella sua casa sospesa, affacciata sul mare. Alghero era il suo buen retiro, il suo frammento fantastico di mondo. Negli anni ’70 Abbado aveva acquistato una bellissima proprietà, diversi ettari di macchia mediterranea e se ne era preso cura con totale passione. Ancora oggi quello sgranarsi di baie e spiaggette, ricoperte di lentischi, ginepri, pitosfori e rosmarini accompagnano il visitatore in una delle passeggiate sul mare più struggenti di tutta la costa.

Anche la sua casa era un dedalo di terrazze fiorite, giardini e arbusti. Cascate di gelsomini e bouganville gli servivano come un’invisibile barriera per difendersi agli occhi dei curiosi, per lo più turisti, increduli che lui, Abbado, uno dei direttori più famosi del mondo, avesse scelto di vivere proprio lì, lontano da tutto, cullato come una barca sulle onde.

Per il mare aveva una passione il maestro, amava veleggiare. Era l’armatore di una bellissima barca d’epoca, il “Saheli”, uno schooner del ’54 dall’elegante scafo blu. Ci passava lunghe giornate attaccato a quel timone, il suo podio sull’acqua, lo sguardo sempre presente della figlia, tra le onde e le raffiche del golfo. Poi, con gli anni, l’impegno era diventato troppo pesante e, nonostante la presenza a bordo di un marinaio, aveva optato per un catamarano con il quale fare bordi tra la cala dell’Olandese e la sua spiaggia. Negli ultimi anni si era appassionato anche alla pesca, la piccola pesca, e lo si incontrava spesso, al tramonto, su un gozzo, ami, esche e maschera nella borsa, in compagnia dei nipotini, lo sguardo fisso sull’acqua a cercar di catturare le occhiate d’argento sul fondo.

Gli voleva bene Alghero. Lo proteggeva dal clamore e dai curiosi. E il maestro ricambiava. La sua presenza era discreta, invisibile, ma costante. Ci andava tutte le estati, e anche d’inverno, col mare in tempesta. E a Pasqua, quando la città si tinge di rosso e le processioni la incorniciano come in un presepe. Nessuno lo importunava quando dalle Bombarde scendeva per le stradine del centro a salutare Maria Grazia, la tessitrice di corallo oppure a prendere un aperitivo in piazzetta, dall’amico Costantino. Lo ricorderemo sempre quando, a cena o a pranzo con gli amici, all’improvviso, si eclissava. E dal giardino, di colpo, esplodeva la sua musica. Ancora lì, come adesso. Per sempre viva ed esaltante. Come le sue onde.

 Donatella Percivale

 

 

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