Cala Gonone Jazz Festival: musica, cibo e il territorio di Dorgali in vetrina

Al Cala Gonone Jazz Festival i quattordici eventi che hanno composto il cartellone dei quattro giorni (dal 26 al 29 luglio) sono scivolati via con la rapidità con cui solo i momenti più belli sono capaci di terminare.

Tra Dorgali e la sua frazione marittima, le performance dei musicisti sui tre palchi della manifestazione (Cantina di Dorgali, Grotte del Bue Marino e Villaggio del Jazz – Arena Palmasera) hanno investito intere gamme di stati emozionali: dall’ascolto puro e trascendentale a serate più scanzonate e divertenti, sempre di altissimo livello artistico.

Un festival che vanta un pubblico partecipe, interessato, desideroso di conoscere ed essere parte delle novità e iniziative introdotte, un gruppo eterogeneo di persone unite dall’amore per il jazz e il territorio.

È infatti innegabile quanto la relazione stretta tra musica e paesaggio incida sul successo e la fascinazione che la kermesse esercita su tutti gli attori di questa lunga e incredibile storia del Cala Gonone Jazz Festival, un progetto che l’associazione Intermezzo porta avanti instancabilmente dal 1988.

Non solo: la cura e l’attenzione verso ciò che il territorio stesso produce è in cima alla lista delle intenzioni del patron Giuseppe Giordano, il quale ha voluto rimarcare quanto sia vitale e necessario coinvolgere la popolazione locale, le sue tradizioni artigianali, l’enogastronomia e la sua stessa musica (antica e peculiare) per dare origine a un successo.

Così anche i partner della Cantina di Dorgali hanno offerto lo spazio dell’agorà al festival per le prime due giornate, offrendo anche un bicchiere di vino insieme ai formaggi della cooperativa pastori di Dorgali. Cinque concerti, tra mercoledì e giovedì 26 e 27 luglio che hanno spaziato dalla musica sacra sarda con il coro Urisè, alle sperimentazioni dei Bad Talent del Conservatorio di Sassari e Mario Massa con ëlat, sino al classic, pop jazz del quartetto di Irene Serra ISQ e del pianista francese Adrien Brandeis, legato anche ai ritmi cubani e alla produzione jazzistica caraibica.

L’esito positivo atteso delle Grotte del Bue Marino è stato riconfermato ancora volta, mantenendo saldamente il primo posto tra le mete concertistiche più amate dagli ascoltatori e dai musicisti stessi, i quali sono ben felici di riadattare composizioni o progetti in funzione dell’auditorium naturale e nel rispetto che un ambiente così delicato merita. Così i progetti di Marcello Zappareddu e Salvatore Maltana -con il loro Nomads, già presentato in diversi contesti e con la caratteristica di portare pezzi “vagabondi”, assume toni e modulazioni più riposanti, trovando un rifugio sicuro nella grotta- anche Alone di Gianluca Pischedda mette il violoncello e le campionature dei synth a servizio dei riverberi e dei suoni naturali di questo luogo quasi mistico. Senza contare poi il lavoro “Sounds from the Womb” di Gavino Murgia, pensato e realizzato per questo luogo, una personificazione del ventre materno che accoglie, culla, conferisce l’anelito della vita creando cicli continui di rinascita.

In conclusione il Villaggio del Jazz, già presentato in forma ridotta l’anno scorso all’Acquario, ha creato quest’anno il microcosmo di una comunità, uno scambio e un filo tra l’isola, i suoi abitanti e quanti arrivati per la prima volta qui o chi ci ritorna perché innamorato di questa terra e di ciò che offre.

Le due serate dei grandi concerti hanno dato spazio alle grandi stelle, ma anche alla freschezza delle nuove formazioni, come quella di The Living Room, il gruppo di giovani provenienti dall’Accademia Siena Jazz che grazie a un contest vinto meritatamente, hanno avuto l’occasione di partecipare a una manifestazione importante, aprendo il concerto della splendida Vanessa Rubin, voce ancora rappresentativa di generazioni di grandi cantanti che hanno fatto la storia di questo genere. Non sono infatti mancati gli omaggi a Billie Holiday, Etta James e altre donne simbolo del cambiamento sia musicale, sia sociale di cui il jazz si è sempre fatto foriero.

L’ultima densa serata è stata un’altra di innovazione e omaggi con More of Les di Dado Moroni, Alberto Marsico e Luca Guarino e l’evento di Tonino Carotone con il suo nuovo lavoro Etiliko Romantiko.

Il primo, dedicato all’artista soul- funk Les McCann, è stato un excursus di musica gospel, groove e funk declinata in una chiave più raffinata e contemporanea, senza snaturare le intenzioni del suo creatore, ossia dare uno scossone a quella che era stata la musica sino agli anni ’60, rivoluzionando l’esecuzione e l’ascolto portando nuovi ritmi e temi politicamente impegnati.

L’ultima performance a tutto tondo di Tonino Carotone ha invece portato un’incredibile energia per quasi due ore di grande spettacolo con tributi da Fred Buscaglione e Renato Carosone (da cui Antonio de la Cuesta prende il suo nome d’arte) sino all’amico Gino Paoli e Er Piotta, coinvolgendo in danze e canti l’intera platea di fronte a lui, esibendosi in rocambolesche corse sul palco ed equilibrismi sui case del service.

E in attesa di un altro anno per godere di altre fantastiche esperienze, il Cala Gonone Jazz ci ha lasciati col fiato corto e il cuore ancora pulsante, mentre il maestrale porta finalmente un po’di sollievo in un’estate ancora lunga e impaziente di vivere ancora grande musica.

Contenuto offerto in collaborazione con Associazione Intermezzo, testi di Martina Serusi

(foto di Giulio Capobianco)

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