Tra aquiloni, mostre e arte sui social. Le proposte alternative dei musei sardi

Negli ultimi giorni i bambini di Orani, Sarule e Fonni erano impegnati a costruire degli aquiloni in casa. Si sono seduti intorno a un tavolo e hanno passato le ore a ritagliare, disegnare e colorare in attesa dell’appuntamento di ieri sera: la consegna era quella di uscire in cortile o in terrazzo tutti nello stesso momento, intorno alle 16, per far volare gli aquiloni. Insieme, anche se non fisicamente nello stesso posto. In molti c’era una scritta: “Andrà tutto bene”. Un messaggio di speranza da condividere con i propri compaesani e anche un modo creativo per occupare il tempo nei giorni della chiusura delle scuole e dell’isolamento causato dall’emergenza del coronavirus. L’iniziativa è stata lanciata dal Museo Nivola, che ha deciso di portare avanti alcune attività anche nelle settimane di serrata decisa dal Governo. “In un momento come questo ci siamo posti il problema di fare qualcosa di concreto, in sicurezza e cercando di dare un supporto reale, anche se piccolo – dice Antonella Camarda, direttrice del museo barbaricino -. Abbiamo pensato a una iniziativa per i bambini, la fascia di popolazione che ha più difficoltà a capire quello che sta succedendo e anche ad accettare le limitazioni al movimento”.

Il Nivola da anni porta avanti una intensa attività laboratoriale per i più piccoli, per cui pensare al nuovo progetto è stato quasi un esito naturale. Ogni settimana lo staff creerà un tutorial rivolto ai bambini con tutte le indicazioni per fare delle attività: un modo per impegnare il tempo in casa creando qualcosa con le proprie mani. “Una specie di art attack nivoliano”, sintetizza Camarda. “Queste attività si fanno insieme ai genitori e infatti stiamo ricevendo un sacco di risposte positive dagli adulti. Per ora abbiamo “contagiato” – se possiamo dire così – anche Sarule e Fonni, ma siamo disponibili a inviare istruzioni e tutorial a tutti i paesi che ce ne faranno richiesta”.

Il tema dell’essere presenti nelle settimane della chiusura forzata è stato affrontato da diversi musei sardi subito dopo la decisione del Governo di chiudere anche gli spazi culturali. Del resto era stato lo stesso ministro Dario Franceschini a chiederlo apertamente: “La cultura può arrivare nelle case. Chiedo a tutti gli operatori culturali di usare al massimo i loro social e siti”. Un appello raccolto da diverse istituzioni culturali sarde che hanno colto l’occasione per sperimentare nuove forme di comunicazione dell’arte, ripensare gli strumenti da mettere in campo per diffondere contenuti culturali e cercare di mantenere vivo il legame con il proprio pubblico. Così se l’Archeologico di Cagliari è stato il primo ad aderire alla campagna #iorestoacasa postando in rete le opere contenute al suo interno, lo Spazio Ilisso di Nuoro (leggi l’articolo) ha deciso di mettere periodicamente a disposizione i quindici audiolibri realizzati per l’iniziativa Stoytel: un modo per condividere contenuti culturali di qualità con chi è costretto a rimanere a casa. Il primo libro è Paese d’ombre di Giuseppe Dessì, letto da Marco Spiga. “Pubblicheremo anche altre letture di voci “comuni”, anche se comuni non sono – dice Vanna Fois, titolare della casa editrice Ilisso -: letture affidate a voci con timbri diversi di attori non professionisti. Alcune persone vicine a noi ci invieranno dei file e condivideranno delle letture”.

Non è la sola iniziativa pensata dallo Spazio nuorese per mantenere un contatto diretto con le persone, “attraverso pratiche che diano positività e rasserenino”, dice Fois. Oggi hanno lanciato una nuova rubrica dedicata alla musica, I vinili di Marianne Sin Pfältzer, che prende ispirazione dalla passione della fotografa tedesca per la musica e il canto. “Scopriamo insieme la sua discografia e le melodie predilette di cui amava circondarsi – spiega Fois -. Un brano al giorno per farsi trasportare dall’armonia”. “L’obiettivo di questi appuntamenti quotidiani è quello di avvicinare le persone: la condivisione dei contenuti è un modo di sentirsi vicini – aggiunge -. Noi mettiamo al servizio competenze ed esperienze e tutti dovrebbero farlo in un momento come questo. Pensiamo sia un modo per sentirsi uniti, solidali, parte di una comunità”.

L’Exma di Cagliari ha aderito alla Notte bianca digitale, iniziativa lanciata da Insopportabile e da Invasioni digitali, in programma stanotte dalle 21 alle 24, e pensata per condividere cultura in un momento difficile come quello che stiamo passando: tutti insieme anche se ciascuno nelle proprie case. Il museo cagliaritano proporrà una visita virtuale alla mostra attualmente allestita nei suoi spazi: Made in New York. Keith Haring, Paolo Buggiani e la vera origine della street art. A condurre il tour saranno due operatrici del Consorzio Camù, Claudia Cao e Benedetta Bianchi. “Sarà una vera e propria visita guidata – spiega Simona Campus, direttrice dell’Exma -. I fruitori avranno la possibilità di attraversare la mostra virtualmente, guardando le opere e ascoltando le parole delle nostre operatrici”. La settimana prossima invece sarà lanciata un’altra iniziativa, “Così vicini, così lontani”, che proporrà contenuti progettati e pensati per consentire al pubblico di “viaggiare” da casa. “In un momento in cui non possiamo spostarci fisicamente, cerchiamo di raccontare cose belle da ogni parte del mondo – dice Campus -. Con la speranza che tutto questo ci lasci un gran desiderio di girare per il mondo a vedere arte, una volta che tutto questo sarà passato. Questi viaggi virtuali hanno lo scopo di farci assaporare l’importanza della normalità e della libertà adesso che ne siamo privati”. Questa fase consente alle istituzioni museali di ripensare se stesse, di sperimentare modalità nuove con cui proporre contenuti al proprio pubblico. “Un modo per reinventare il nostro lavoro – conclude Campus -. Parliamo di condivisione, accessibilità. partecipazione: stiamo riflettendo su quanto queste parole assumano un significato nuovo quando devi fare di necessità virtù”. 

Il Macc di Calasetta proporrà una serie di interviste video che racconteranno alcuni progetti del museo sulcitano. In primis il riallestimento della collezione permanente pensata dagli artisti Simone Dulcis e Lea Gramsdorff. “La collezione comprende 130 opere – di ambito astratto-concreto – e appartiene alla comunità: per questo il museo diventa casa – racconta Efisio Carbone, direttore del Macc -. Così gli artisti hanno trasformato gli spazi del museo in altrettanti spazi casalinghi: sala da pranzo, salotto, camera da letto, studio. Purtroppo non abbiamo avuto il tempo di sviluppare il progetto e di far vivere la casa, per questo abbiamo preparato una video-intervista che racconta il lavoro svolto dai due artisti, con un approfondimento delle opere e della mostra”. Oltre a questo, il Macc lancerà una serie di video tutorial sulle tecniche incisorie e su alcune opere grafiche della collezione di Casa Falconieri, che ha un laboratorio permanente proprio all’interno del museo. “Inoltre lanceremo degli approfondimenti in streaming, a porte chiuse, legati al mondo dell’arte. Parleremo con Maria Paola Zedda dell’Across Asia Film Festival, un appuntamento dedicato al cinema orientale che doveva avere una puntata da noi. La confermiamo con una intervista in cui si parlerà di una serie di corti anni Cinquanta e Sessanta legati alla pop art sviluppatasi in Cina in quegli anni”.

Foto di Alessandra Usai

La Stazione dell’arte di Ulassai ha reagito alla chiusura ponendosi da subito il problema di mantenere attivo il ruolo del museo, pensando a come impiegare i social network che negli ultimi mesi hanno conosciuto una crescita importante in termini di numeri e interazioni. “Il museo nasce all’ex stazione ferroviaria, un luogo di incontri, scambi, partenze e arrivi: questa cornice doveva mantenersi attiva”. spiega Davide Mariani, direttore del museo. È così che nasce Prossima fermata, il format social pensato dall’istituzione ogliastrina per viaggiare e incontrarsi anche solo virtualmente. 

“Nel momento in cui le attività fisiche si fermano, abbiamo l’occasione di approfondire alcuni aspetti del lavoro di Maria Lai ancora poco noti, testimonianze poco conosciute – racconta Mariani -. La programmazione è in progress e prevede la condivisione di contenuti anche inediti. Abbiamo iniziato con la riproposizione di una intervista fatta a Maria Lai da Radio Rai Sardegna il giorno prima dell’apertura della stazione. Durante la chiacchierata raccontava anche gli anni della guerra, coi problemi e le peripezie affrontate nell’isolamento. Che cosa avrebbe raccontato in una situazione come questa? Magari si sarebbe ricordata di quegli anni, di momenti difficili. Del resto lei ha sempre sostenuto che l’arte nascesse dall’inquietudine e dal buio. Era solita fare riferimento al fatto che vedeva Ulassai come metafora del mondo: un paese minacciato dalle frane, un simbolo universale. L’arte cerca di comporre, ricucire e legare queste fratture. Maria ha molto da dire e da insegnare sotto questo punto di vista: l’arte può indicare una strada di salvezza”.

Andrea Tramonte

(Nell’immagine d’archivio in apertura: allestimento del Museo Nivola, foto di Cédric Dasesson)

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