Claudio Melis, uno chef “in viaggio”: dall’Isola alla stella Michelin a Bolzano

La sua è una cucina “in viaggio” che è riuscita a fare tesoro di numerose esperienze in giro per il mondo, a rielaborare ricordi, influenze e nuove conoscenze attraverso una impronta personale, riconoscibilissima. Dalle memorie della giovinezza in Barbagia alle esperienze internazionali tra Spagna, Germania, Francia, Emirati Arabi, Antille, fino al ritorno in Italia e nello specifico a Bolzano, la sua casa attuale, dove ha riportato la stella Michelin in città dopo cinquant’anni grazie al suo ristorante gourmet, “In viaggio” appunto. Claudio Melis definisce la sua cucina “minimale ma non minimalista”, elegante, a volte audace, che riesce a combinare influenze diverse (l’Oriente come le reminiscenze della cucina della madre e della nonna) attraverso un unico comune denominatore: l’italianità e la ricerca di materie prime di assoluta eccellenza.

Il viaggio di Melis inizia 48 anni fa a Gadoni, in Barbagia. “Quando ero piccolo la zona era conosciuta soprattutto per la miniera di Funtana Raminosa, poi quando ha chiuso siamo diventati terra di crisi economica”, racconta Melis. “Alle medie già si stava male. All’epoca le possibilità erano l’istituto industriale di Tonara e lo zootecnico di Aritzo. Ma nessuna delle due scuole mi ispirava”. Un giorno l’alberghiero di Sassari mandò un fax al parroco del paese, per illustrare le caratteristiche della scuola e cercare nuovi alunni. Il prete girò quella comunicazione al giovane Claudio, che parlò coi responsabili dell’istituto. “Durante il colloquio mi hanno chiesto: preferiresti sala bar, ricevimento o cucina? Io ho scelto a caso, istintivamente. Mi sono iscritto a scuola senza alcuna idea di quello che sarei andato a fare. Avevo 14 anni. In fin dei conti – dice ridendo – sono diventato un cuoco per sbaglio”.

L’incontro decisivo nella sua formazione – dopo una serie di stagioni tra Sassari, Stintino e Porto Rotondo – è stata con un pasticciere francese che aveva lavorato con Gualtiero Marchesi a Milano. “Mi aprì gli occhi sulla ristorazione di livello, gourmet. All’epoca non avevo idea che esistesse un mondo così complesso e affascinante. Una volta mi ha invitato a mangiare da Marchesi, tre stelle Michelin. Ho fatto un menù degustazione a sette portate all’interno di un ristorante elegante, con un servizio fluido. Non si sentivano urla o puzza di bruciato. In quel momento mi sono detto: se nella vita devo fare il cuoco, voglio farlo così. Quello voleva dire esprimere la propria personalità, bravura, savoir faire ad altissimi livelli”.

Quel momento è stato decisivo: da lì in avanti Melis ha cercato di raggiungere l’obiettivo di formarsi, crescere e condurre un percorso di eccellenza in cucina. Prima in Francia, poi in Germania, Spagna, nel Nord Italia (“Sono un sardo di montagna e mi sono innamorato delle Dolomiti”, dice). E ancora: Joia a Milano da Pietro Leemann, dove ha approfondito le sue conoscenze della cucina vegetariana, e Marchesi, dove ha lavorato insieme a cuochi del calibro di Carlo Cracco, Enrico Crippa, Andrea Berton (“un anno determinate, di rigore nel lavoro e di sviluppo della creatività”). A Parma è diventato chef nel ristorante Palizzi, dove è riuscito a conservare la stella Michelin e i punteggi altissimi assegnati nel corso degli anni dalle altre guide. Dopo una serie di altre esperienze ha deciso di lasciare l’Italia insieme alla moglie ed è arrivato in Arabia Saudita, dove ha sviluppato le competenze manageriali decisive per fare il salto di qualità finale. “A Dubai prima e ad Antigua poi mi occupavo della cucina di diversi ristoranti e bar, seguendo ogni aspetto: gestione, prodotto, personale e così via. Tutto passava e dipendeva da me. Quei cinque anni mi hanno fatto crescere notevolmente. Prima magari ero un bravo chef, ma ero esclusivamente un artigiano del gusto. La preparazione manageriale mi ha consentito di fare dei passi avanti enormi”.

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Nel 2015 si è stancato di girare e ha deciso di tornare in Alto Adige. Il cognato gestiva già un ristorante a Bolzano, così hanno deciso di aprire una società insieme che non solo ha rilanciato una insegna storica come il “Kaisernkron” (“il salotto buono della città”), ma poi ha puntato alla ristorazione gourmet col nuovo progetto, “In viaggio”, e ora mira alla creazione di una specie di distretto del “food” con l’apertura di altri due locali: uno è “Tree brasserie”, nato quest’anno, basato sulla condivisione del cibo, l’altro è invece un tapas bar che aprirà nel 2020. “In viaggio” ha ottenuto la stella Michelin dopo appena un anno e si basa un concept molto particolare: solo cinque tavoli per dodici coperti, pensato come “esperienza” che non si limita alla cucina ma investe ogni cosa: dal momento della prenotazione fino all’ingresso nel ristorante e alle ore trascorse dentro. “Tutto è pensato per fare in modo che chi entra nel locale tenga tutto il resto fuori e si immerga fino in fondo nell’esperienza di “In viaggio””, spiega.

La sua cucina prende profumi, sensazioni e idee raccolte in giro per il mondo e le trasforma in piatti creativi realizzati con prodotti rigorosamente italiani. Nella sua idea di cucina c’è anche molta Sardegna. “I miei primi ricordi sul cibo sono legati alla cucina di mia madre e dei miei nonni, e alla loro ricerca ossessiva di determinati prodotti: senza le patate di quel campo particolare o i fagiolini di un determinato orto mia madre certi piatti non li preparava. All’epoca questa fissazione non la capivo, ora sì”. In alcuni casi Melis gioca con i ricordi e con le tradizioni culinarie sarde, come nel piatto “Maialino cinturino New York – Tokyo – Sardegna”, presente nel nuovo menù degustazione. “Propongo il maialino in tre varianti: quella “sarda” è una pralina di testine di maiale salmistrata. Ricordo che quando a novembre si faceva la mattanza, coi piedini e le teste la mia famiglia preparava la gelatina. L’idea arriva da lì. La servo con nasturzio, che dalle nostre parti abbonda”. Un altro omaggio, esplicito fin dal nome, è rappresentato dai “Ravioli di casa mia”, una reinterpretazione dei culurgiones: “Ho usato la ricetta di mia madre, che a prepararli è molto più brava di me: la farcitura contiene patate, menta, zafferano e casizolu coi vari elementi combinati in modo equilibrato. Servo i ravioli con una crema di finferli saltati e un fondo di pollo. In questo caso c’è un incontro tra Sardegna e Alto Adige”. Melis ha creato anche un ramen di agnello e un piatto coi carciofi – che gli arrivano direttamente dal Campidano – serviti con lumache stufate e poi ricoperti con una salsa ottenuta dalle foglie del carciofo (nell’idea di utilizzare le materie prime senza sprecare nulla) ed eucalipto. “Questo è un piatto estremamente creativo, sotto certi punti di vista, ma anche regionale perché utilizzo prodotti tutti legati alla nostra cultura. Il legame con un territorio non significa solo trasformare determinate materie prima ma è prima di tutto un legame ideologico”.

Melis è molto impegnato a Bolzano ma non esclude la possibilità di tornare nell’Isola. Quest’anno ha collaborato con Fradis Minoris, ristorante a Nora: per ora una consulenza, ma il rapporto col ristorante potrebbe diventare più stretto in futuro. “Ho un legame molto forte con la proprietà e conto di essere più presente a partire dall’estate prossima, portando avanti il discorso sui menù. Mi piace molto l’idea di sostenibilità portato avanti da loro: si prepara solo il pesce pescato in laguna, con metodi tradizionali. Un inno alla sostenibilità vera”. Un “ritorno” che darebbe un ulteriore contributo al periodo di grande fermento della cucina nell’Isola, che Melis osserva da lontano con grande piacere. “La cucina sarda non è mai stata così viva”, dice lo chef. “Ci sono dei professionisti che fanno un grandissimo lavoro. Penso a Roberto Petza, a Stefano Deidda del Corsaro, che fa una cucina molto tecnica e d’avanguardia in una realtà in cui non è facile fare proposte del genere. O ancora Luigi Pomata. Ci sono anche giovani validissimi, che tra l’altro sono stati legati anche a Fradis Minoris: penso a Manuele Senis, che ora ha un nuovo ristorante a Pula, e a Davide Atzeni, che ha appena aperto a Sanluri. Anche a noi piacerebbe dare un contributo alla cucina in Sardegna”.

Andrea Tramonte

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