di Marcello Zasso
La Corsica dice addio all’indipendentista Yvan Colonna. Le sue condizioni erano disperate dopo un’aggressione di cui era stato vittima in carcere il 2 marzo, un episodio che aveva scatenato la dura reazione del popolo corso. Nell’isola cugina della Sardegna le proteste sono anche sfociate in scontri e con la morte di Colonna la tensione con Parigi ha raggiunto i livelli d’allarme. Colonna è stato ammazzato mentre si trovava nelle mani dello Stato francese, nonostante da anni i corsi chiedessero un allentamento delle misure nei suoi confronti che gli avrebbe permesso di tornare in patria. Colonna stava scontando l’ergastolo nel carcere francese di Arles, perché ritenuto colpevole dell’omicidio del prefetto Claude Erignac nel ’98 ad Ajaccio. Il 2 marzo scorso Colonna è stato aggredito da un detenuto camerunense, Franck Elong Abé, in carcere per associazione per delinquere di stampo terroristico. Da quel momento l’indipendentista corso era in coma.
La versione ufficiale parla di motivi religiosi dietro l’aggressione, ma nessuno nell’Isola ci ha creduto, a partire dal presidente del consiglio esecutivo della Corsica, Gilles Simeoni. La notizia della sua morte è arrivata in nottata e per le strade corse – che nei giorni scorsi sono state animate da cortei, proteste e scontri – è tornata la tensione. “Yvan Colonna, patriota della Corsica, ha sempre affermato la sua innocenza, non rinunciando mai a farla riconoscere dalla giustizia – ha scritto su Facebook il presidente della Corsica -. La sua morte è un’ingiustizia e una tragedia, che segnerà la storia contemporanea della Corsica e del suo popolo”. Per placare le proteste, Emmanuel Macron aveva aperto spiragli verso una maggiore autonomia da parte della Corsica, ma gli isolani non erano ancora soddisfatti e la morte di Colonna alza il livello dello scontro. Per questo oggi il presidente della Repubblica francese ha ribadito: “Nel contesto attuale, la cosa più importante è che nell’isola si mantenga la calma“.
Alle proteste che nelle scorse due settimane hanno attraversato Ajaccio, Corte e Bastia si era aggiunto il sostegno dalla Sardegna, dove la notizia dell’omicidio scalda gli animi. “La notizia della morte di Yvan Colonna, con molti punti oscuri da chiarire sulla sua dinamica, ha scosso e indignato il popolo corso, tutto il mondo indipendentista europeo e tutti i democratici”, commenta Claudia Zuncheddu di Sardigna Libera. L’ex consigliera regionale ripercorre le tappe della vicenda, soffermandosi sul fatto che lo Stato francese non abbia mai accolto le richieste di Colonna e, anzi, gli abbia “attribuito lo status di Dps (Detenuto particolarmente sorvegliato). Una formula spesso attribuita ai detenuti politici corsi, che implica la perdita del diritto al trasferimento in penitenziari nella propria terra”. Nonostante questa rigida misura le guardie carcerarie di Arles non hanno impedito che l’indipendentista fosse raggiunto e colpito a morte da un altro detenuto.
Parla di “vendetta di Stato” il movimento Liberu. In una lunga nota di solidarietà alla Corsica, il gruppo dell’ex candidato alla presidenza della Regione Pier Franco Devias spiega: “Lo Stato ha pianificato con freddezza l’omicidio di Yvan Colonna, utilizzando per l’attentato la manovalanza di un estremista islamico camerunense, per cercare di nascondere la propria responsabilità e sviarla magari cercando di innescare uno scontro etnico religioso”. Liberu-Lìberos rispetados uguales ricorda la reazione avuta dal popolo corso in queste settimane, che ha visto in piazza non solo gli attivisti ma anche gli studenti e la società civile. “L’intero movimento indipendentista e la migliore gioventù corsa hanno risposto con grande coraggio e determinazione a questa provocazione – si legge – difendendo con tutta la loro forza Yvan Colonna ed accusando apertamente la Francia dell’omicidio”. Nell’esprimere la vicinanza ai vicini di isola, Liberu ribadisce che “la morte di Yvan e la lotta del popolo corso rilanciano le ragioni che sono alla base di un conflitto che può risolversi solo con una trattativa politica su prigionieri politici, lingua e cultura, difesa dell’ambiente e dei diritti economici, sociali e nazionali del popolo corso, fino al diritto all’indipendenza“.