Fino a qualche anno fa, la breve biografia di Ugo Cappellacci riportata sul sito della Regione ricordava ai cittadini-utenti che il governatore, tra il 2001 e il 2003, aveva occupato un posto di rilievo in una società mineraria, la Sardinia gold mining. Per la precisione, ne era il presidente. Quel riferimento ora è scomparso, come se cancellare due righe su internet equivalesse a rimuovere il fatto anche nella realtà. Purtroppo i laghi al cianuro che infestano le colline, e minacciano di avvelenare le coltivazioni alla minima pioggia, sono ancora lì. E non si sa fino a quanto ci resteranno.
Si sa invece – la notizia è di pochi giorni fa – del via libera da parte dell’assessore all’Industria Antonello Liori alla prima tranche (pari a due milioni e mezzo di euro) dello stanziamento di nove milioni di euro deliberato sei mesi fa dalla giunta del presidente Cappellacci per il risanamento ambientale dello sfacelo prodotto nel territorio di Furtei dalla società mineraria a suo tempo presieduta dal medesimo dottor Cappellacci.
Proprio così: una società privata distrugge il territorio, quindi scappa a gambe levate e il conto di questa disastrosa vicenda lo salda la Regione. A titolo anticipatorio, certo. Questo significa che saranno i vertici della Sgm, un domani, a dover pagare. E siamo proprio sicuri che accadrà? Proprio no. I contribuenti si rassegnino: lo scempio di Santu Miali ricade tutto sulle loro tasche. E sulla loro salute, chiaramente.
E su tutto questo svetta – metafora negativa di una politica che non paga il dazio e di un’imprenditoria che bada solo al profitto – la figura del presidente della Regione. Lo stesso uomo che, agli albori del terzo millennio, presiedeva la società che ha lasciato i bellissimi laghi al cianuro nel bel mezzo di colline sventrate, presiede oggi la Regione che ne paga i danni.
Della vicenda ci siamo occupati tempo fa, raccontando la storia della miniera, dalle promesse degli esordi al disastro finale, passando per la visita di Papa Benedetto XVI a Cagliari con annesso piccolo dono da parte della miniera: un calice in oro massiccio.
Oggi, di massiccio, sono rimasti solo l’inquinamento e l’uso di soldi pubblici.