Stop all’export di armi a Ryad: nuova risoluzione del Parlamento europeo

Il Parlamento europeo si appresta a votare una nuova risoluzione contro l’export di armi destinate all’Arabia Saudita. Il documento, licenziato di recente dalla commissione Esteri, arriverà in aula per il voto di ratifica il 12 settembre. Se la risoluzione verrà approvata, saranno tre, in appena un anno e mezzo, gli atti formali con cui Strasburgo chiede una decisa virata sulle politiche di commercio degli armamenti attuate dagli Stati membri che riforniscono paesi belligeranti accusati dall’Onu di violazioni dei diritti umani.

Nello stesso giorno, anche Montecitorio si occuperà delle armi inviate ai sauditi: all’ordine del giorno è, infatti, prevista la discussione delle mozioni con cui Mdp, Si e M5s chiedono al governo di adeguarsi alle due precedenti risoluzioni già licenziate dal Parlamento europeo, bloccando le spedizioni di armamenti alla monarchia degli Al Saud come richiesto da Strasburgo.

A rendere pubblico il testo della nuova risoluzione è il senatore del M5s Roberto Cotti, che precisa: “Strasburgo mette sul banco degli imputati gli stati membri Ue, Italia compresa, che continuano a fornire armi al regime saudita. Occorre, dunque, bloccare anche le bombe made in Sardegna inviate a Ryad”. Il riferimento è, dunque, agli armamenti confezionati a Domusnovas dalla Rwm Italia spa, società del settore della difesa con sede legale a Ghedi, in provincia di Brescia, ma controllata dal colosso tedesco Rheinmetall. Negli ultimi anni, infatti, gli stabilimenti dell’Iglesiente hanno incessantemente inviato bombe aeree della serie Mk all’Arabia Saudita. Sono ormai numerose le prove dell’utilizzo di queste armi da parte degli stessi sauditi nella guerra dello Yemen.

ARCHIVIO. In Yemen le bombe made in Sulcis

Yemen al collasso. Intanto, la situazione nello Yemen, dove dalla primavera del 2015 imperversa la guerra tra una coalizione di stati arabi – guidata proprio dagli Al Saud – che appoggia il presidente Abdrabbuh Mansour Hadi e l’alleanza dei ribelli houthi, sostenuti dall’Iran e guidati dall’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, è precipitata. Stando al recente rapporto dell’Ufficio delle Nazioni unite per i diritti umani (Ohchr), dall’inizio della guerra le vittime civili sono almeno 5.144 (1184 bambini) e i feriti 8.749. Alto il numero dei minori rimasti feriti a causa dei bombardamenti (circa 1592), additati dalle Nazioni unite come la principale causa delle vittime civili. Se, poi, non ammazza la guerra, uccidono le terribili condizioni sanitarie in cui versa la popolazione sfiancata da oltre due anni di guerra. Stando, infatti, sempre al rapporto delle Nazioni unite, sono oltre 18 milioni le persone bisognose di aiuto e oltre 10 milioni quelle che devono essere assistite “urgentemente”. Numerosi i casi di colera (più di 600mila), che hanno causato almeno 1.930 morti in tutto il paese. Quasi 15 milioni di yemeniti non hanno accesso ai servizi di base, come le infrastrutture idriche o l’assistenza sanitaria. Sono infatti oltre 14 milioni gli yemeniti che vivono in zone dove non c’è acqua potabile. Oltre sette milioni di persone poi rischiano di morire a causa della fame.

Il problema dello smuggling. A spingere gli europarlamentari a ribadire la necessità di maggiore attenzione verso le forniture di armi, non ci sono, in ogni caso, solo le terribili condizioni in cui versano gli yemeniti. Nel testo della nuova risoluzione, infatti, si avverte una “forte preoccupazione per le notizie di sviamento di esportazioni di armi dagli Stati membri verso soggetti non statali, compresi gruppi terroristici, e avverte che tali armi potrebbero essere utilizzate contro civili, all’interno e all’esterno del territorio dell’Unione”. Nello specifico, la Commissione esteri di Strasburgo si dice preoccupata per “i possibili sviamenti delle esportazioni di armi all’Arabia Saudita e al Qatar verso attori armati non statali in Siria”.

Sul tema dello sviamento delle forniture d’armi, smuggling in inglese, è intervenuto di recente il senatore M5s Roberto Cotti, riprendendo i risultati di un’inchiesta della giornalista Dilyana Gaytandzhiev per il giornale bulgaro Trud. Grazie all’accesso ad alcuni documenti riservati, “la Gaytandzhiev ha svelato un imponente traffico di armi provenienti soprattutto dai paesi dell’est Europa e della ex Yugoslavia e destinate formalmente all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, ma finite nelle mani di gruppi armati terroristici in Siria, Iraq e, addirittura, in Africa”.

A trasportare le armi, sostiene la giornalista bulgara ripresa da Cotti è “il vettore Silk Way Airlines dell’Azerbaigian, sotto copertura di ‘voli diplomatici’, utilizzati per spostare grandi quantità di armi pesanti nelle zone di conflitto”.“Si tratta dello stesso vettore che più volte ha prelevato gli ordigni della Rwm Italia Spa dall’aeroporto civile di Cagliari-Elmas”, ricorda il senatore. Al momento, non è possibile accreditare o smentire alcun collegamento tra le operazioni di trasporto delle bombe Rwm e quelle documentate da Gaytandzhiev. Sardiniapost, in altre parole, non può stabilire se l’analogia – il fatto, cioè, che la Silkway abbia volato sia nei cieli sardi sia nei paesi citati dalla giornalista bulgara – sia una semplice coincidenza o meno. Né è possibile corroborare o confutare quanto affermato dalla giornalista bulgara.

Ma è lecito immaginare che le bombe della Rwm – esportate in forza di regolari autorizzazioni – non siano finite in mano a gruppi terroristici. Banalmente, le sigle della galassia jihadista non possono tecnicamente utilizzare quel tipo di armamenti. In un caso – si tratta dell’unico viaggio seguito con il servizio di tracciamento di FlightRadar 24 – l’aereo della Silkway partito da Cagliari Elmas è atterrato nella base militare di Taif, in Arabia Saudita.

 

P. L. 

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