Lo stallo sul Registro Tumori – strumento indispensabile per monitorare lo stato di salute della popolazione e individuare le aree a rischio – potrebbe venir meno già la prossima settimana, quando a Roma i dirigenti dell’Assessorato alla Sanità incontreranno il Garante per la privacy. “Sul tavolo romano finiranno le nuove procedure per la realizzazione del registro, elaborate dalla Regione in seguito alle criticità evidenziate dall’Autorità, che aveva rilevato problemi legati al trattamento dei dati personali dei pazienti”, fanno sapere dall’assessorato, che rendo noto anche il suo piano d’azione: “I registri saranno tre in tutto”.
A quelli di Sassari e Nuoro, istituiti rispettivamente nel 1992 e nel 2004 senza alcun coinvolgimento della Regione, se ne aggiungerà uno a Cagliari che monitorerà l’incidenza e la mortalità dei tumori nel sud Sardegna. Si marcia dunque nella direzione di tre registri confederati in grado di coprire tutto il territorio regionale. “A coordinare i lavori sarà una commissione tecnico-scientifica, non ancora istituita, chiamata a vagliare certificati di morte (schede Istat), esami istologici e citologici con cui si arriva alla diagnosi del tumore e le schede di dimissione ospedaliera (Sdo) che racchiudono la storia clinica del paziente”. Al momento, non è dato sapere se il nuovo registro sarà inserito all’interno dell’Associazione italiana Registro Tumori, che segue le procedure dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). Quelli di Sassari e Nuoro lo sono già.
Pare dunque che il pressing della società civile stia ottenendo i risultati sperati. Di recente anche i comuni di Laconi e Capoterra hanno aderito alla battaglia del Comitato Sa Luxi, deliberando per l’istituzione del registro tumori.
Ci sono, tuttavia, delle difficoltà oggettive che rendono accidentato il cammino verso il nuovo registro. Ad esempio, un recente studio della dottoressa Rosanna Porcu del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Cagliari mette in evidenza l’assenza di un Registro regionale delle cause di morte (Rencam) compilato con le schede Istat, strumento che si sarebbe rivelato utile per redigere il registro. Esistono, infatti, solo i registri delle singole Asl, sviluppati autonomamente nel corso del tempo. In altri termini, si dispone di un quadro fin troppo eterogeno: solo dal gennaio 2013 le Asl sono tenute ad utilizzare l’applicativo Rencam della Sisar, il cervello informatico del sistema sanitario regionale curato dalla società in house Sardegna.it e già oggetto di critiche da parte della Corte dei Conti.
Sono sempre i giudici amministrativi a specificare nella relazione del 2014 sul Sisar che non tutte le Asl compilano il Rencam. C’è di più, visto che lo studio dell’Università di Cagliari precisa che la Regione non ha titolo per accedere ai dati nominativi di mortalità con relativa causa. Bisognerà dunque vedere come l’Assessorato intende uscire dall’impasse, “il Veneto ha deciso di affidare il compito ad un’azienda ospedaliera del territorio”, spiega Giancarlo Nonnis del Comitato Sa Luxi. Resta da dire che “non ci si può basare esclusivamente sui certificati di morte, anche perché è la stessa Istat a certificare che tra il 2004 e il 2007 non si è fatta alcuna statistica, vale a dire che la cronologia dei certificati di morte presenta un buco non da poco. Più importante ancora, al di là delle questioni di privacy, l’Assessorato alla Sanità non ha ancora realizzato le linee guida per la realizzazione del registro tumori e di tutti gli altri registri relativi a patologie diverse da quelle tumorali”, continua Nonnis.
L’altro aspetto su cui si focalizza l’attenzione del Comitato Sa Luxi riguarda la necessità di non procedere alla realizzazione di un mero censimento. “Non si deve resettare quanto è già stato fatto a Sassari e Nuoro né si deve partire da zero, ma approntare la storia scientifica dell’andamento delle patologie tumorali nell’Isola. E farlo nel rispetto delle procedure Airtum. Solo così sarà possibile scaricare i dati dalle strutture che curano i malati fuori dalla Sardegna. Nonostante gli assessori alla Sanità avvicendatisi negli ultimi dieci anni sostengano che oggi i sardi si curano nell’Isola, i dati dell’Airtum evidenziano che centinaia di isolani ricevono le cure oltre Tirreno”, conclude Nonnis.
Piero Loi
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