Processo alla cellula sarda di Al Qaeda: giudici si ritirano in Camera di consiglio

La Corte d’Assise di Sassari, presieduta dal magistrato Pietro Fanile si è ritirata questo pomeriggio in Camera di consiglio per decidere la sorte dei presunti terroristi pakistani legati alla cellula italiana di Al Qaeda. Il collegio giudicante, composto da otto membri, due giudici togati, il presidente Pietro Fanile e il giudice a latere Teresa Castagna, e i sei giudici laici, al termine dell’udienza di oggi sono stati scortati dalle forze dell’ordine in un hotel situato in una località riservata del sassarese dove resteranno riuniti per i prossimi tre o quattro giorni.

Dovranno stabilire se gli otto pakistani finiti sotto processo sono responsabili, o meno, delle gravissime accuse mosse dalla Direzione distrettuale antimafia di Cagliari, che li ha indagati e fatti arrestare nell’aprile del 2015 dalla Digos di Sassari con l’imputazione di atti e istigazione al terrorismo, strage, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina transazionale e la raccolta illecita di fondi che – stando alle accuse – andavano a finanziare in Pakistan le madrasse, scuole coraniche dove si predicava la Jihad islamica, la guerra santa contro gli infedeli.

Una cellula terroristica legata ad Al Qaeda che aveva come base operativa la città di Olbia ed era diretta, stando ai capi di imputazione, dal commerciante pakistano Sultan Wali Khan. In mattinata il pubblico ministero della Dda di Cagliari, Danilo Tronci, spiegando il contenuto delle 15 pagine di memorie conclusive che hanno ripercorso i punti salienti di una complessa indagine affidata alla Digos di Sassari e portata avanti per oltre cinque anni, ha riconfermato le sue richieste di condanna.

La pena dell’ergastolo è stata chiesta per il presunto capo della cellula, il commerciante Sultan Wali Khan e per i connazionali (e parenti) Ridi Yahya Khan, Imitias Khan e Siyar Khan. Loro, stando al canovaccio accusatorio, avrebbero ideato, organizzato, diretto e presieduto la strage del mercato di Peshawar, avvenuta il 28 dicembre del 2009, quando l’esplosione di un camion bomba uccise un centinaio di persone, una ventina dei quali bambini.

Ai quattro viene contestata anche la partecipazione alla associazione terroristica aggravata dalla transnazionalità e il reato di favoreggiamento della immigrazione clandestina, che li accomuna con gli altri otto indagati. Tra questi l’imam di Bergamo, Hafiz Muhammad Zulkifal (per lui il pubblico ministero ha chiesto 18 anni), Muhammad Siddique (14 anni), Shuah Zubair, 6 anni, Zaher Ul Haq, 11 anni, Alì Zubair, 11 anni.

Richiesta di proscioglimento per uno degli indagati, Niaz Mir, mentre per tutti si è costituita parte civile la Presidenza del Consiglio dei ministri con l’avvocato, Ivano Cermelli, che ha chiesto il risarcimento dei danni causati dalla cellula terroristica all’immagine dello Stato. La pubblica accusa ha chiesto per tutti gli imputati l’espulsione dal territorio italiano. Il collegio difensivo ha ribadito la sua richiesta finale: assoluzione ampia per tutti per non aver commesso il fatto. I giudici dovrebbero emettere la loro sentenza tra martedì e giovedì della prossima settimana.

g.p.c.

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