Portovesme, i fratelli Smenghi chiedono riapertura indagini per la tragedia del 1993

Riaprire le indagini sull’assurda tragedia di Portovesme, che nell’estate del 1993 costò la vita a sei persone risucchiate dalle acque del molo: è quanto chiederanno domani con un incontro pubblico alle 10,30, negli stessi luoghi della tragedia, i quattro fratelli Smenghi che in quell’estate di ventun anni fa hanno assistito impietriti alla morte dei genitori, degli altri tre fratelli e di un amico.

E’ una calda, tranquilla giornata di agosto come tante altre, a San Giovanni Suergiu: Giorgio Smenghi e sua moglie Pinella decidono di cercare un po’ di refrigerio al mare e portano i loro sei figli Rosa, Margherita, Jessica, Teresa, Gabriele e Donatella a Portovesme, nel molo dove in tanti vanno a fare il bagno. Con loro c’è anche un amichetto dei bambini, il piccolo Mauro Salaris. La tragedia si consuma in pochi minuti: Margherita entra in acqua per un ultimo bagno quando viene risucchiata da un vortice subacqueo che la trascina verso una condotta del molo, i genitori cercano di salvarla e così pure i due fratelli e il piccolo Mauro. Nessuno uscirà vivo dalla condotta, mentre Rosa, Gabriele e Jessica assistono impietriti alla scena.

Sono passati ventun anni e oggi nessuno ha pagato per queste morti assurde. Indagini archiviate, non esiste oggi un responsabile, qualcuno che avrebbe potuto scongiurare il terribile incidente o avrebbe almeno potuto segnalare il pericolo di quelle acque, eppure subito dopo la tragedia quel tratto di mare è stato interdetto ai bagnanti con reti e cartelli di pericolo fino ad allora inesistenti. Oggi i giovani Smenghi che in quel giorno hanno visto i genitori, i fratellini e l’amico portati via dal mare chiedono che venga riaperta l’inchiesta e vengano finalmente individuati i colpevoli: potrebbe arrivare così un perché a queste morti finora senza senso.

Mercoledì mattina alle 10,30 Rosa, Gabriele, Jessica e Donatella Smenghi torneranno a Portovesme, nei luoghi della tragedia, per chiedere giustizia e far riaprire le indagini. Con loro ci sarà anche la mamma di Mauro, insieme deporranno sull’acqua un mazzo di sei rose bianche.

La vicenda della famiglia di San Giovanni Suegiu aveva commosso l’Italia: subito dopo la morte dei genitori Rosa, che in quell’estate aveva solo 17 anni, era stata affidata a uno zio che viveva in Lombardia insieme agli altri fratellini; la più piccola, Donatella, aveva solo pochi mesi. Appena compiuti 18 anni Rosa si era sposata e insieme al marito Davide Pinna aveva chiesto e ottenuto l’affidamento dei fratelli più piccoli, ricevendo la solidarietà e il sostegno di tantissime persone da tutta Italia.

Francesca Mulas

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