Colpo di scena nel processo per il delitto di Santino Gungui, ucciso a Mamoiada la notte di Natale di 42 anni fa: il pubblico ministero Giorgio Bocciarelli ha chiesto l’ergastolo per Graziano Mesina, chiudendo così la sua requisitoria davanti al gup di Nuoro, Claudio Cozzella.
L’ex primula rossa del banditismo sardo è accusato di essere il mandante di “omicidio volontario premeditato”. Il Pm ha ripercorso i punti salienti dell’indagine nata dall’inchiesta madre sull’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga che ha portato Mesina di nuovo in carcere nel giugno 2013. Il magistrato inquirente, in particolare, si è soffermato sull’intercettazione ambientale registrata il 19 marzo 2012 all’interno della Porsche Cayenne in cui Mesina parla con il suo autista. In quei minuti di conversazione secondo il pm ci sono le prove del coinvolgimento di Mesina nell’omicidio: l’ex latitante avrebbe commissionato dal carcere la morte di Santino Gungui che all’epoca aveva 37 anni. Gungui venne ucciso nel ’74 da quattro colpi di fucile calibro 16. Stando sempre alla ricostruzione del pubblico ministero, mesina sarebbe stato il mandante dell’omicidio perché la vittima non gli avrebbe restituito una somma frutto di traffici illeciti.
Questa mattina Mesina non era in aula. Una richiesta di pena, quella dell’ergastolo, contestata dai difensori Maria Luisa Vernier e Beatrice Goddi, che avevano scelto il rito abbreviato e proprio per questo sarebbe dovuta partire al massimo dai 30 anni. Il processo si sarebbe dovuto concludere tra oggi e domani dopo le arringhe dei difensori, che però hanno chiesto il rinvio per la concomitanza di udienze nel tribunale di Cagliari con l’altro procedimento a carico di Mesina sul traffico di droga. Il processo è stato dunque aggiornato al 25 ottobre. In quella data potrebbe arrivare anche la sentenza.
Si attende adesso di conoscere la reazione dell’ex primula rossa che lo scorso 6 maggio, quando il pm di Cagliari ha chiesto 26 anni di reclusione in relazione all’inchiesta sull’associazione a delinquere, Mesina disse che per lui era “una condanna a morte” (leggi qui).
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