Nel giorno di Cleopatra, al via il processo sull’alluvione di Capoterra: “Fiume killer a causa del cemento”

Il processo sull’alluvione di Capoterra inizia – ironia della sorte – il giorno dopo il passaggio del ciclone Cleopatra sulla Sardegna, proprio quando la conta di morti, dispersi e danni non può ancora dirsi conclusa. Dopo diversi rinvii, il processo celebrato nell’aula della Corte d’Assise del Palazzo di giustizia di Cagliari entra subito nel vivo con la presentazione delle indagini realizzate dal commissario del Corpo forestale di Cagliari Fabrizio Madeddu.

“Quel giorno le precipitazioni furono molto intense – ha spiegato – la stazione pluviometrica di Santa Lucia rilevó 461 millimetri di acqua caduti in poche ore”. Ma secondo il commissario della Forestale a causare il disastro non fu un accrescimento costante dell’acqua, ma più ondate di piena causate da ostacoli di vario tipo incontrati dai corsi fluviali, in particolare dal Rio San Girolamo nello scorrere da monte a valle.

Sono le 11 quando il dirigente della Forestale inizia a ricostruire i tragici eventi che il 22 ottobre del 2008 costarono la vita a Antonello Porcu, Licia Zucca, Speranza Sollai e Anna Rita Lepori. La testimonianza finirà tre ore più tardi, dopo la proiezione di decine di foto.
La tesi del commissario della Forestale è chiara: complice del disastro sarebbe la mano umana, dato che “diversi ponti sono stati costruiti in zone ad elevato rischio idraulico – spiega Madeddu -. Ma un discorso analogo vale per edifici o strade realizzate sull’alveo del Rio San Girolamo”. In altri termini, imperizia e incuria avrebbero fatto precipitare una situazione già critica.

Così è avvenuto a monte, “dove alcuni sbarramenti, in stato di abbandono dal 2003, sono collassati, generando una prima ondata di piena – ricostruisce Madeddu -. Lo scorrimento del fiume ha poi trovato un altro ostacolo nella strada che, sempre a monte,  corre parallela al Rio San Girolamo. Si tratta di un rilievo stradale già oggetto di procedimento penale, perché realizzata senza autorizzazione del Genio civile”.

È stato ricordato anche il caso di un’altra strada, che occupa 42 dei 60 metri di larghezza raggiunti dal letto del Rio San Girolamo più a valle, in prossimità di un altro ponte travolto dalla furia dell’acqua. Insomma, un percorso a ostacoli per il fiume, che in prossimità di Poggio dei pini ha trovato ulteriori barriere: prima un complesso di edifici, poi delle mura che hanno bloccato il passaggio dell’acqua, che qui ha raggiunto i 3,70 metri d’altezza. “Ed è cosi che – secondo le ricostruzioni di Madeddu – un’onda anomala si è riversata sul villaggio”.

Le cose non sono andate meglio in prossimità della diga a terra o Lago grande, come chiamano l’invaso da 400mila metri cubi di cui oggi è concessionaria la società “Poggio dei pini”. La diga è infatti “perimetrata” da un canale di scarico che presenta delle difformità rispetto al progetto iniziale. In pratica, l’angolo retto del canale ha favorito la fuoriuscita dell’acqua, che si è aggiunta a quella tracimata dalla diga a terra. Si è creata così l’onda che ha colpito Antonello Porcu e Licia Zucca, le prime due vittime del 22 ottobre 2008. La loro macchina è stata poi trovata 400 metri più avanti. Significative le parole di Madeddu a proposito dell’invaso: “Quella che prima era una diga a servizio di un’area agricola, ora è a servizio di un complesso residenziale”.

Nella ricostruzione di Madeddu, la conta dei ponti crollati o, più in generale, dei casi di cattiva gestione del territorio, non ha fine. Ad esempio, è stato ricordato che “a valle di Poggio dei Pini, la zona sportiva è stata costruita su un’ansa del San Girolamo e per questo colpita dal fiume in piena”. Il Rio ha poi proseguito il suo percorso fino a San Girolamo, dove si è registrata la terza vittima, Speranza Sollai, morta nel piano interrato della propria abitazione. Qui, a poche centinaia di metri dal mare, il fiume ostruito da un ponte ha infine ucciso Anna Rita Lepori, travolta da un’onda anomala mentre percorreva la 195 in direzione Pula. Il corpo della donna è poi stato ritrovata in mare da un pescatore di Sarroch.

I reati contestati nell’ambito del processo sull’alluvione di Capoterra vanno dunque dall’omicidio colposo all’inondazione colposa, contestati ai tecnici del Genio civile, della Protezione Civile e dell’Anas, oltre che all’ex sindaco di Capoterra, Giorgio Marongiu, oggi presidente del consiglio comunale di Capoterra. In particolare sono imputati i capi compartimento Anas della Sardegna Bruno Brunelletti e Giorgio Carboni, il presidente della cooperativa Poggio dei Pini Giovanni Calvisi, un funzionario  della Protezione civile Sergio Carrus, e i dirigenti del Genio, Virgilio Sergio Cocciu, Gian Battista Novelli e Antonio Deplano. La prossima udienza è stat fissata per il 3 dicembre dal giudice Claudio Gatti. Sono oltre 400 i testimoni ammessi al processo.

Piero Loi

 

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