C’è l’agnello, che non può mancare in tavola per il cenone della vigilia e per il pranzo di Natale. Ma anche il carciofo, l’ortaggio più invernale – e dunque natalizio – che abbiamo nell’Isola. Alcuni piatti sono ricette della tradizione rivisitate e altri ancora sono totalmente creativi. C’è la cucina povera che recupera gli scarti e un’altra molto tecnica che gioca con le consistenze. C’è l’amore per le materie prime sarde e l’esaltazione dei produttori locali. Abbiamo chiesto a diversi chef e cuochi sardi – alcuni affermati, altri emergenti – di preparare per i lettori di Sardinia Post un piatto di Natale, di condividerlo e raccontarlo. Ce ne sono arrivati quindici e sono davvero per tutti i gusti. Buon appetito. (A cura di Andrea Tramonte)
Claudio Ara, Su tzilleri e su doge
La gallina ripiena tradizionale. La festa richiede un menù della tradizione, quella contadina e quella dei pastori. Una cucina povera, attenta agli ingredienti e alla materia prima ma soprattutto al recupero di quanto si aveva a disposizione: senza sprecare nulla. La gallina vecchia, che non produce più uova, dalle carni dure, verrà vestita a festa. Dopo averla spennata eliminiamo tutte le piume residue. Facciamo soffriggere fegatini e cuore con un po’ di cipolla. A parte facciamo ammollare nel latte tiepido, insieme a zafferano in pistilli, del pane raffermo, meglio se il classico “coccoi” o pasta dura dalla mollica migliore. Quindi un composto per farcire la gallina, col pane raffermo, latte, zafferano, fegatini e pomodoro secco: otterremo una farcia morbida ma non troppo liquida per “su Preimentu” che riempirà appunto la gallina, che poi cuciremo per evitare che fuoriesca. A parte avremo messo una pentola con acqua, cipolle, pomodori secchi e carote. Quando l’acqua entra in ebollizione mettiamo la gallina: copriamo col coperchio e portiamo il fuoco a una fiamma infinitesimale, quasi come quella di un fiammifero. La lasceremo lì a cuocere per due o tre ore, a volte anche quattro, dipenderà da quanto sarò anziana la gallina, dalla sua fibra. Terminata la cottura avremo ottenuto un piatto composto completo straordinario, che chiamiamo anche il brodo delle feste. Una minestra come primo piatto dal sapore unico, un secondo di carni tenere e leggere, le sue verdure di contorno e un ripieno che racconterà tutta la cultura contadina da cui ha origine. (La foto del piatto è di Enrico Madau)
Clelia Bandini, Lucitta
Tortelli di carciofi, guanciale croccante e fiore sardo dop. Ho scelto di proporre la ricetta del tortello perché è molto legata al periodo, alla stagionalità e alle materie prime locali. I carciofi, definiti anche fiori d’inverno, sono infatti la classica verdura invernale. I carciofi sardi, definiti “spinosi” nella penisola, sono in realtà la varietà più dolce e anche quella più precoce tra le numerose presenti in Italia, e si prestano magnificamente ad ogni tipo di preparazione. Per il vostro pranzo di Natale ho pensato di abbinare questa meravigliosa eccellenza sarda ad una preparazione originale: una pasta ripiena di carciofi. Impastiamo la farina con i tuorli, poi copriamo con della pellicola e conserviamo in frigo per circa un’ora. Per il ripieno: facciamo sudare i carciofi con aglio e rosmarino e una volta cotti li frulliamo col mini piner. Confezioniamo i tortelli stendendo sottilmente la sfoglia. Per la salsa: sciogliamo il formaggio a bagnomaria insieme al latte. Cuociamo i tortelli per circa 5 minuti in abbondante acqua salata. Mettiamo alla base del piatto la salsa di formaggio, disponiamo sopra la salsa i tortelli, condiamo con il fiore sardo dop e delle chips di carciofo fritte, le briciole di guanciale croccante, olio extravergine e pepe di mulinello.
Stefano Deidda, Dal Corsaro
Gnocco di maialino da latte, ristretto di prosciutto. Lessiamo le patate, le peliamo, le schiacciamo e lasciamo raffreddare. Aggiungiamo alle patate la farina di tapioca, la fecola di patate e l’acqua minerale. Lavoriamo l’impasto con le mani sino a renderlo omogeneo. Cuociamo il maiale alla brace, lo spolpiamo, lo sminuzziamo e facciamo un ragù con la polpa, una brunoise di sedano, carota e cipolla, bagniamo con vino rosso e riduciamo. Prepariamo un brodo di maiale e verdure. Facciamo ridurre il brodo di maiale, eliminiamo le impurità. Omogeneizziamo nel termomix il ragù di maiale con un poco di brodo molto ristretto. Il collagene del brodo ci permetterà di gelificare il ripieno. Versiamo il composto giustamente sapido in uno stampo o gastronorm che ci permetta successivamente di tagliare 275 cubetti di 4 millimetri circa di spigolo. Prepariamo la glassa di prosciutto partendo prima da un brodo che ridurremo successivamente. Ognuno dei cubetti, abbattuti in negativo, dovrà essere utilizzato come ripieno di ciascuno gnocco. Cuociamo gli gnocchi in acqua bollente e li glassiamo in padella con il brodo di prosciutto.
Alberto Iacoboni, Salsamenteria
Lombo di agnello sardo igp, carciofi, mandorle e mandarino: è la rielaborazione di un piatto che mi ricorda Natale, la mia famiglia, in generale pranzi e cene delle feste. Mia madre per Natale ha sempre preparato l’agnello con carciofi, uovo e limone. In questa versione ho cercato di alleggerire il piatto, aggiungere una nota acida e una croccante. Ho sostituito l’uovo e il limone con un gel di mandarino e ho aggiunto le mandorle di Villanovaforru. Ci procuriamo il lombo di agnello, tre mandarini, due carciofi e trenta grammi di mandorle sarde. Prendo il lombo, aggiungo sale e pepe e lo cuocio al barbecue. Intanto pulisco un carciofo e lo rosolo in padella tagliato a spicchi. Per la crema ho stufato un carciofo con aglio e prezzemolo e l’ho frullato una volta cotto. Per il gel, ho cotto tre mandarini e la loro buccia priva della parte bianca, frullata e legata con mezzo grammo di agar. Per la salsa, ho tostato le ossa del lombo, cotte come un brodo. Infine ho fatto ridurre il brodo fino a ottenere una salsa densa.
Leonardo Marongiu, Hub Ristorante – Accademia Casa Puddu
Anguilla, cime di rapa, fiore sardo e caramello di cipolla. Ho scelto l’anguilla perché è un piatto della tradizione – specie nella ricetta dell’anguilla incasada – ma anche perché è molto utilizzata in periodo natalizio. La differenza con la ricetta tradizionale è la scelta di usare il formaggio nel fondo del piatto – può richiamare una sorta di manto nevoso – e non sopra: quindi non riceve trattamento termico e non si scioglie, amalgamandosi con gli altri ingredienti. Prima l’anguilla va tagliata a tocchetti e sfilettata, senza levare la pelle. Si condisce con sale e pepe e si farcisce con delle cimette di rapa ripassate in padella. Poi si avvolge nella carta da forno, come se fosse un involtino. Si cuoce prima in padella, piano, partendo in maniera moderata, poi si finisce in forno a 170 gradi (un quarto d’ora dovrebbe bastare). Prepariamo un caramello di cipolle, che teniamo in linea, ottenuto da un fondo tostato di cipolle ridotto. Una volta che tiriamo fuori l’anguilla dalla carta la lucidiamo con questo caramello. Si grattugia il fiore sardo nel fondo del piatto, si adagia sopra l’anguilla e si finisce con ancora due cimette di rapa ripassate e un po’ di centrifuga di rapa.
Paolo Meloni e Lorenzo Chialda, Cerchio rosso
Uovo alla carbonara. Per l’uovo: portare l’acqua a bollore, immergere l’uovo che deve essere già a temperatura ambiente e cuocere per cinque minuti aiutandosi con un timer. Raffreddare bene in acqua e ghiaccio, sgusciare con molta delicatezza, facendo attenzione che l’albume non si rompa. Spuma di pecorino: fare a coltello una dadolata di fiore sardo media stagionatura, riporla in una ciotola e coprirla quasi per intero di latte e panna in pari proporzioni, lasciare a riposare a temperatura ambiente per un paio di ore. Trasferire il composto in una pentola o in un contenitore metallico e fondere lentamente a bagnomaria. Mettere il composto nel sifone e caricarlo con una capsula, tenere in caldo a bagnomaria se necessario. Se non avete un sifone da cucina va bene anche la fonduta di pecorino ottenuta a bagnomaria. Ottenere da un carciofo sei spicchi, da cuocere al vapore per pochi minuti, a seconda di quanto li desiderate croccanti. Riscaldare le uova immergendole delicatamente in acqua calda (ma non bollente) per cinque minuti. Sifonare la spuma su un piatto fondo, appoggiare l’uovo sopra, guarnire con carciofi precedentemente cotti e il prosciutto di pecora. Completare con sale (poco), pepe nero e olio evo.
Andrea Pani, Casa Marmida
Baccalà in oliocottura con crema di erbe selvatiche, cipollotto e granella di olive. Avrei potuto sceglierne altri mille, però alla fine questo è uno di quei piatti che in assoluto mi ricordano di più il Natale. A casa mia veniva cucinato col cipollotto fresco. Io l’ho leggermente cambiato ma la sostanza non cambia. Partiamo dal pesce. Lo mettiamo in acqua e lo dissaliamo per due giorni, cambiando l’acqua ogni tre quattro ore. Dopodiché lo scoliamo, lo copriamo di olio d’oliva e lo cuociamo a 68 gradi per due ore. Lo scoliamo di nuovo e lo teniamo da parte. Per la crema: rosoliamo due acciughine di quelle sotto sale o sott’olio con la parte bianca del cipollotto, versiamo le erbette spontanee precedentemente salate e sbollentate, facciamo andare per un paio di minuti e poi frulliamo. Per la granella di olive, tritiamo finemente le olive nere e le disidratiamo in forno. Le cotture sono finite, a questo punto si procede a impiattare. Prendere una fondina, disporre la crema, adagiarvi sopra il baccalà, poi tritare finemente la parte verde del cipollotto e metterla sopra il baccalà insieme alle olive. Per finire, un giro di olio evo.
Luigi Pomata, Ristorante Pomata
Zuppetta chiara di pesce al profumo di limone, con il cous cous. A Carloforte per Natale si mangia la zuppa di pesce arricchita con il cous cous. È una tradizione che mi riporta immediatamente alla mia infanzia, a profumi e lunghi tempi di preparazione che fanno subito festa e convivialità. Questa è una ricetta che ho visto fare sin da piccolo stando tra i piedi di mio nonno Luigi, poi perfezionata dall’insostituibile insegnamento di mio padre Nicolo e riveduta e rinnovata da me. Io l’ho voluta senza spine, così un boccone tira l’altro. Pulire il pesce – cernia e cappone e scorfano – e spinarlo. Tagliare i filetti a cubetti regolare di circa 7/10 cm. Privare i gamberi del carapace. Con le spine, le teste del pesce ed i carapaci dei gamberi ricavare un fumetto seguendo la ricetta seguente: in un tegame alto, mettere tutto a crudo con olio, pomodoro secco e metà dei pomodori rossi, gambi di prezzemolo, aggiungere il pesce e bagnare con acqua e ghiaccio. Far cuocere per circa 40 minuti. Frullare il tutto e passare al setaccio. Mettere le cozze e le vongole in un contenitore per microonde, aggiungere olio, pomodoro secco, prezzemolo e la restante parte di pomodoro rosso tagliato a cubetti. Chiudere con la pellicola e cuocere per 3/5 minuti. Filtrare il liquido di cottura e privare il buono dalla conchiglia. Unire 150 ml di fumetto di pesce e 150 ml di liquido di cottura delle cozze e vongole Versare il liquido caldo in quantità di 1 a 1 nel cous cous dove sono state aggiunte le patate e le zucchine a cubetti (misura 2 cm circa) e basilico sfogliato a mano. Coprire con un panno di cotone e lasciar riposare. In una padella in ferro con olio, far dorare il pesce, sfumare con il vino e aggiungere i pomodori tagliati a metà e cuocere per 7 minuti, spegnere il fuoco ed aggiungere gli altri ingredienti. Correggere se necessario di sale e pepe e far riposare per 10 minuti. Versare al centro del piatti un mestolo di cous cous, aggiungere la zuppetta di pesce e il liquido a piacere. Servire con la buccia di limone grattugiata e olio a crudo
Marina Ravarotto, Chiaroscuro
Agnello 4X4. Quando ero piccola ricordo che in casa a tavola, sia per la cena della vigilia sia per il pranzo di Natale, si serviva il classico agnello in umido e il maialetto arrosto. Questo per consentire a tutta la famiglia di assaggiare due diversi tipi di carne. In genere l’agnello si usa mangiarlo arrosto, ma ho voluto cambiare qualcosa: cuocerlo arrosto ma senza seccarlo. Quindi si cuoce a centoventi gradi in un forno a secco per circa cinque, sei ore. Poi si immerge nell’olio di semi caldo e si cuoce in forno (la cosiddetta tecnica dell’oliocottura). Una volta compiuto questo passaggio la carne va sfilettata a mano (le ossa si staccano automaticamente) e si condisce con sale e pepe. A questo punto si adagia su una teglia, dove abbiamo steso la nappa, ovvero la carne che si trova all’interno dell’agnello, e infine si ricompatta in una terrina. Una volta raffreddato si taglia a pezzi e ripassa in padella (al posto dell’olio io uso lo strutto). Il risultato è un agnello arrostito all’esterno e morbido all’interno. Possiamo accompagnarlo con degli spinaci saltati in padella oppure anche con una patata arrosto. (LEGGI ANCHE: Quei ‘filindeu’ pensando alla Deledda. Marina Ravarotto, chef in ChiaroScuro)
Alberto Sanna
Riso gioiello, carciofi spinosi, cozze e bottarga. Questo piatto vuole rappresentare un connubio tra il mare e la terra, valorizzando alcuni dei prodotti che possiamo reperire nella nostra Isola. Il riso gioiello è un’eccellenza che viene coltivata a Oristano dall’azienda agricola Passiu e anche le cozze arrivano dalla stessa zona (Nieddittas). Ho scelto il carciofo, principe in cucina, perché ho un legame molto forte con esso: Samassi, il mio paese, è uno dei maggiori produttori in Sardegna. Con esso si sposa benissimo la bottarga, con la quale ho creato una maionese che completa la ricetta sul finale, messa tiepida sul piatto un attimo prima di essere servito. Il procedimento è abbastanza semplice: il riso viene precotto in acqua leggermente salata per 45 minuti, poi si scola e si completa la cottura con l’acqua delle cozze (precedentemente aperte e sgusciate) e una crema ottenuta dai cuori di carciofo. Con i gambi invece si creano delle striscioline col pelapatate che andranno infarinate e fritte fino a renderle croccanti. Infine si aggiungono delle erbette aromatiche e si manteca tutto con dell’olio aromatizzato all’aglio. Il mio consiglio per queste feste – e non solo per le feste – è di portare in tavola i prodotti della nostra terra e di acquistare dai piccoli produttori in modo da incrementare l’economia locale.
Daniele Senis, Sa scolla
Infuso di radici di finocchietto , ravioli ripieni di agnello, olive e profumo di limone. Ho parlato spesso con i miei genitori di cosa le loro madri preparavano al pranzo di Natale: ai tempi di mio padre pasta in brodo come la maggior parte delle ricorrenze; di mia madre dei ravioli fatti in casa e come secondo, per entrambi, agnello arrosto. Mi è sembrato davvero divertente mixare due tradizioni di famiglia con alcune tradizioni regionali come per esempio l’agnello uova e limone e s’obia pistada. Così ho pensato di fare un infuso di radici di finocchietto (l’inverno è il periodo perfetto) che deve ricordare il brodo, ma che rimanga bello limpido, dei ravioli ripieni di agnello, le olive e alla fine la scorza del limone che dà delicatezza e il profumo dell’inverno, guarnita con foglie di finocchietto. Prepariamo i ravioli. Per il ripieno usiamo 300 grammi di polpa di agnello, sgrassato e cotto al forno; 100 grammi patate bollite schiacciate, 50 grammi di foglie sbollentate di bietola asciutte, 50 grammi di ricotta di pecora asciutta, trito di erbe a piacere, sale olio e pepe. Per l’infuso di radici: portare l’acqua a bollore, spegnere e immergere la quantità desiderata di radici di finocchietto e a gusto anche una foglia piccola di alloro, chiudere ermeticamente con la pellicola e lasciare in infusione per massimo tre minuti. Filtrare e aggiustare di sale, olio e pepe.
Roberto Serra, Su Carduleu
Tortelli di ricotta fresca, agnello arrostito al profumo di finocchietto e pecorino. Per prima cosa è fondamentale la scelta delle materie prime, rigorosamente locali. Per esempio la ricotta fresca del pastore, di giornata. Per l’impasto aggiungeremo olio, sale, pepe e finocchietto, che dà un po’ di freschezza. Facciamo i tortelli, belli bombati, finissimi, con la ricotta dentro. Chiudiamo bene e teniamo in parte. Prendiamo un cosciotto di agnello, quello che in genere a Natale si fa al sugo. Lo disossiamo e lo facciamo arrosto. Lo arrostiamo fortemente al tegame, lo profumiamo al finocchietto e lo mettiamo sopra ai tortelli. Per loro contiamo quattro minuti di cottura. Non appena sbollentati ci mettiamo sopra il cosciotto di agnello a cubetti, ben arrostito, sgrassato e condito. Dalle carcasse abbiamo fatto un sugo di ristretto di carne di agnello, col quale andremo a condire i tortelli. Questa è una tecnica francese, la sauce à la viande (letteralmente: il sugo di carne). Noi facciamo cucina sarda e scegliamo materie prime sarde, poi le tecniche devono essere internazionali. Poi aggiungiamo un velo di pecorino grattugiato, che va a pareggiare tutto. Alla fine avremo in bocca il sapore di agnello buono, arrostito: l’agnello di natale.
Dario Torabi, Old Friend Bistrot
Coratella di agnello con salsa uovo, pecorino e limone con daikon e cipolla sotto aceto. Se penso alle feste penso subito all’agnello. Amo moltissimo questo tipo di carne e in modo particolare la sua corata. Per questo ho deciso di proporre una ricetta che rappresenta bene il mio tipo di cucina, sempre molto attenta agli sprechi e al riutilizzo di parti meno nobili. Inoltre, cucinare le interiora della bestia, tutti insieme, magari con un bel bicchiere di vino, mentre quest’ultima cuoce nel forno( o per i più fortunati alla brace davanti al camino) è un momento conviviale e di condivisione bellissimo. Per cucinare questo piatto dobbiamo innanzitutto tagliare a tocchetti le frattaglie e mondare la cipolla, che andremo ad affettare e mettere in una padella con uno spicchio d’ aglio -che si andrà a rimuovere a fine cottura – e un pomodoro secco tritato. Quando le cipolle saranno ben rosolate aggiungiamo la carne, dando precedenza a polmoni e cuore per poi proseguire con animelle e infine fegato. Facoltativo un pezzetto di peperoncino. Sfumiamo col vino bianco e un po’ di aceto di vino e lasciamo evaporare per circa cinque, sei minuti. A questo punto aggiungiamo un mestolo di brodo di agnello, le erbe aromatiche che preferiamo (si può usare salvia, rosmarino ma anche qualcosa di più fresco come menta o dragoncello), sale, pepe e copriamo con un coperchio e lasciamo cuocere per venti minuti circa durante i quali prepareremo la salsa di uovo, limone e pecorino; in una bastardella a bagnomaria montate con una frusta due tuorli d’ uovo cento grammi di pecorino, il succo di un limone, sale e pepe. Quando tutti gli elementi saranno pronti montate il piatto, avendo cura che ogni commensale abbia un pezzo di ogni parte della coratella, con un cucchiaio irrorate del suo sughetto la carne, della salsa preparata con i tuorli d’ uovo e rifinite con della cipolla agra, del daikon sotto aceto, delle erbe fresche e della scorza di limone non trattata.
Fabio Vacca, Accademia Casa Puddu
Elogio del carciofo in varie consistenze. Per Natale propongo un piatto che sfrutta tutte le parti del carciofo, che è l’ortaggio invernale per eccellenza. A Natale in genere viene abbinato alla bottarga. Dato che sono amante del mondo vegetale lo propongo in purezza, accontentando così anche i vegetariani e i vegani. Intanto il carciofo va pelato. Tutte le foglie di scarto vengono usate per fare un brodo. Vengono fatte bollire le foglie e si crea un brodo di carciofo, che poi viene gelificato con la agar agar. Una parte del carciofo tornito viene cotta in casseruola, in aglio e prezzemolo (uno stufato tradizionale), l’altra metà viene tagliata sottile con cui prepariamo delle chips fritte in olio, che danno la parte croccante al piatto. Col gambo facciamo una crema con un fondo di scalogno e una foglia d’alloro, facciamo stracuocere i gambi che poi si emulsionano col frullatore in modo da ottenere una crema liscia. Si assembla il piatto farcendo il mezzo carciofo con la crema, sopra si mettono le chips e delle gocce di gel di brodo di carciofo. Alla fine otteniamo un assoluto di carciofo, un’esplosione di tante concentrazioni di gusti diversi ma sempre dell’ortaggio.
Francesco Vitale, Cucina.eat
Costole di maiale, patate, cipollotto e senape. L’idea è quella di rendere omaggio alla carne di maiale, vera risorsa della nostra terra. La carne di maiale poi ha, in inverno, il suo periodo ideale per il consumo. Ho scelto di usare le costolette per esaltare il concetto e lo spirito di condivisione e convivialità. Tutto è completato da ingredienti poveri (cipollotto e patata) che però esaltano al meglio la carne e la sua grassezza. In più la senape dà un tocco di contaminazione, più volte presente nei miei piatti.Per le costole: prendere 500 grammi di costole di maiale e marinarle con sale, pepe, lemongras, aglio e semi di coriandolo per dodici ore in frigorifero. Passato questo tempo disporre le costole su una placca e cuocere in forno a 140 gradi per 6 ore. Per le patate: pelare, tagliare a cubetti e cuocere in acqua salata a 90 gradi per un’ora . Una volta cotte setacciarle con un setaccio a maglia fine e condire con extravergine, sale e pepe. Per il cipollotto: pulire e mondare i cipollotti. Cuocerli sotto sale grosso a 180 gradi per trenta minuti. Una volta cotti eliminare bene il sale e tenere da parte. Per la senape: frullare la pasta di senape con dragoncello fresco e semi di cumino. Infine arrostire la costole dalla parte della cotenna, una volta calde scaloppare e impiattare con il resto degli ingredienti.