Nascite, Policlinico Monserrato primo. Dove partorire nell’Isola: la classifica

In Sardegna delle 13 strutture pubbliche o private accreditate totali dove si effettuano parti, il 38,5 per cento non rispetta gli standard nazionali minimi di 500 parti l’anno e solo il 23 raggiunge i livelli di riferimento pari a mille. E se l’Isola è comunque migliorata rispetto agli anni precedenti (nell’edizione precedente dello studio, riferita all’anno 2016, le strutture erano 17. Il 18 per cento rispettava il valore di riferimento fissato a mille parti mentre il 53 per cento non rispettava il valore minimo di 500), ci sono strutture che con le alte statistiche assicurano maggiori garanzie di sicurezza per mamme e bambini rispetto ad altre. Secondo i dati diffusi dal portale di reportistica sanitaria dovemicuro.it, la performance migliore nell’Isola è del Policlinico di Monserrato (con 1.725 parti effettuati nel 2017), l’ospedale Santissima Trinità di Cagliari (1.399 parti), le Cliniche San Pietro – Aou di Sassari (1.158 parti). Seguono l’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia (976 parti) e l’ospedale San Francesco di Nuoro (917 parti). Per quanto riguarda i parti cesarei, poi, il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa i valori massimi al 25 per cento (per gli ospedali che eseguono più di mille parti annui) e al 15 per cento (per gli ospedali che effettuano meno di mille parti annui). L’unico ospedale che rispetta la soglia ministeriale, in Sardegna, è l’ospedale Santissima Trinità di Cagliari.

Secondo lo studio, l’esperienza conta anche nei reparti di maternità. Un alto numero di parti eseguiti in un anno, si traduce in maggiori garanzie di sicurezza per mamme e bambini. “Per garantire una maggiore sicurezza, i centri che effettuano poche nascite andrebbero accorpati o riconvertiti, ad esempio in ambulatori. Un discorso a parte va fatto per gli ospedali situati nelle valli o in montagna, località difficili da raggiungere, in cui dei punti nascita devono necessariamente esserci anche se i loro volumi di attività non sono in linea con gli standard”, spiega Grace Rabacchi, direttore sanitario dell’Ospedale Sant’Anna – Aou Città della Salute e della Scienza di Torino, presidio che si riconferma primo in Italia per numero di bambini nati. L’eccezione è il caso, in Sardegna, di La Maddalena, dove la questione del punto nascita fisso è stata affrontata più volte alla luce della riforma della rete ospedaliera della passata legislatura, ed è tornata alla ribalta con il caso della mamma che ai primi di novembre è stata costretta a partorire sull’elicottero dell’Areus che la stava trasportando all’ospedale di Olbia.

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“Le evidenze scientifiche dimostrano che il volume di attività può avere un impatto significativo sull’efficacia degli interventi e sull’esito dell’assistenza per madre e neonato – spiega Elena Azzolini, medico specialista in Sanità Pubblica e membro del comitato scientifico di doveecomemicuro.it -. Perciò le autorità ministeriali hanno stabilito, con l’Accordo Stato Regioni del 2010, la soglia minima di mille parti annui tra i punti fermi per valutare la bontà di una struttura”. Tra i limiti dei centri che eseguono meno di 500 parti annui c’è anche un elevato ricorso al parto chirurgico: in tutta Italia delle 65 strutture di cui è possibile calcolare la percentuale di tagli cesarei (quelli cioè con volumi superiori a 220 parti), ben 59 (il 90,8%) superano il limite indicato dal ministero e solo 6 (9,2%) si mantengono sotto il valore di riferimento fissato al 15% (per le maternità che eseguono meno di mille parti). “La giusta proporzione di tagli cesarei, insieme ai volumi, è tra i fattori più importanti a cui guardare al momento di scegliere l’ospedale, perché è indicativo dell’adeguatezza dell’assistenza prestata”, scrivono gli autori del report. (mar.pi.)

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