Sfilano i primi testi nel processo, in tribunale a Nuoro, per la morte del carabiniere Gianfranco Fae, 50 anni, di Bono, avvenuta il 14 dicembre 2016. Il militare aveva perso la vita a bordo della sua Audi A3, trafitto dal guard-rail mentre viaggiava sulla statale 129 Nuoro-Macomer di rientro dal comando provinciale di Nuoro. Sul banco degli imputati, davanti al giudice monocratico Giovanni Angelicchio, tre funzionari dell’Anas: Siro Mascia, capo del nucleo manutenzioni, Pierpaolo Ruggeri, responsabile del centro manutenzioni, e Giovanni Satta, capo cantoniere.
Difesi dagli avvocati Matteo Pinna, Andrea Pogliano e Maria Francesca Fenu, sono tutti accusati di omicidio stradale. Secondo la pm Emanuela Porcu, gli imputati non avrebbero segnalato o ripristinato la barriera continua, dove è avvenuto l’incidente, con terminali a norma, fissati con appositi bulloni. A testimoniare in aula sono stati due ufficiali della polizia stradale di Nuoro, secondo i quali, nel punto dell’impatto vi era un varco nel guard-rail che non ci doveva essere: “In quel tratto di strada – hanno spiegato – non era prevista alcuna servitù di passaggio, come dimostrato dai documenti catastali”.
Quella breccia, secondo i familiari di Fare, costituiti parte civile con l’avvocato Gianluigi Mastio, sarebbe costata la vita al militare: l’Audi A3 su cui viaggiava aveva sbandato finendo contro il guard-rail che, privo del terminale, l’aveva infilzata attraversando l’abitacolo fino al lunotto posteriore. Gianfranco Fae era morto sul colpo. Dopo la tragedia si era ritenuto che non ci fossero elementi di rilevanza penale, tanto da attribuire la causa di morte del militare ad un semplice malore.
Tesi alla quale i familiari non hanno mai creduto, sollecitando la riapertura di nuove indagini che hanno portato prima alla riesumazione del cadavere della vittima, con la perizia medico legale che aveva escluso l’ipotesi del malore, e poi all’apertura del processo. La prossima udienza è stata fissata per il 27 marzo.