Mater Olbia: mani di Qatar e Vaticano nell’affare che stravolge la sanità sarda

La “struttura scientifico ospedaliera d’eccellenza” che sarà il futuro polo sanitario del Mater Olbia nasce sulle macerie di una sanità pubblica che, ormai prosciugata in ogni suo settore – amministrativo, sanitario e strutturale – chiede, esausta e a gran voce, il sostegno della Regione Sarda. Il Mater Olbia sarà una “struttura d’eccellenza prossima all’accreditamento al servizio sanitario nazionale e regionale”, come affermato dall’attuale assessore regionale alla sanità Luigi Arru, che dovrebbe aprire i battenti in questo mese, con tre step d’avanzamento. Programmi e progetti più segreti della formula della Coca Cola.

La prima fase prevede l’apertura una serie, non ancora specificata, di ambulatori che impiegheranno quindici tra medici, infermieri e tecnici. Il secondo passaggio è previsto verso marzo o aprile con l’avvio della struttura ospedaliera. Sono previsti circa 200 posti letto dei 245 annunciati in ben quattro inaugurazioni che si sono succedute a partire dal 2014 in poi, racimolati depauperando o chiudendo i già esistenti reparti negli ospedali territoriali di Tempio, La Maddalena e Olbia che assicurano, a spizzichi e bocconi, i servizi di otorino, ginecologia, punti nascite, ortopedia, medicina e chirurgia generale. La terza fase, quella più edificante e qualificante, dovrebbe partire a metà del 2019, con la realizzazione di infrastrutture sportive, poli scientifici e di riabilitazione da realizzare sui quaranta ettari di terreni agricoli che hanno ottenuto, con la modifica della destinazione d’uso, il via libera dalla commissione urbanistica di Olbia e il beneplacito, bipartisan, del consiglio comunale di Olbia.

Si dovrebbe costruire (si parla di 80 mila metri cubi) un centro sportivo di riabilitazione e medicina dello sport e un hotel da 300 stanze per ospitare i parenti dei degenti, all’incirca 440 posti letto tra camere doppie e singole. Il fiore all’occhiello di questo polo sanitario d’eccellenza – sarebbe però opportuno, prima di sbilanciarsi in iperbole, attendere la sua apertura per valutarne l’effettiva efficienza, che è data dalla somma tra la professionalità nei servizi sanitari che saranno offerti ai pazienti e i risultati che queste avranno sui degenti – dovrebbe essere la ricerca scientifica, si parla di neuroscienze. Sinora tutto procede per step, incrociando le dita dopo i quattro flop inaugurali (uno alla presenza dell’ex premier Pd Matteo Renzi), il tutto mentre l’Osservatorio Nazionale della Salute, valutata l’attuale situazione della sanità nell’isola, ha messo in evidenza la riduzione dell’aspettativa di vita dei sardi rispetto alle altre regioni d’Italia. Il 14.6% dei sardi rinuncia alle cure contro il 5% dei toscani. Negli ospedali sardi è ormai praticata una precarizzazione diffusa, con la perdita di professionalità e competenze. Sono sempre meno i medici, gli infermieri ed i tecnici di laboratorio, e quasi tutto viene lasciato all’opera umanitaria, encomiabile e alla abnegazione dei volontari.

È di queste ora la decisione, da parte di 11 sindaci dell’ Alta Gallura, di dimettersi dall’incarico di amministratori se l’assessore regionale Luigi Arru non firmerà le delibere (così com’è pronto a firmare la delibera di accreditamento per il Mater Olbia) che ridaranno ossigeno ai reparti del “Paolo Dettori” di Tempio, ridotti ormai a semplici ambulatori per le croniche e volute carenze di personale, medici, infermieri, medicinali e presidi salvavita. E dire che pochi mesi fa Claudia Zuncheddu, medico esperto in malattie tropicali di Burcei e rappresentante di “Sardinia Libera” aveva messo in guardia i sardi parlando di “urbanistica e Sanità che trovano la sintesi nella più grande operazione neocoloniale italo-araba in Sardegna, il Mater Olbia.

Sull’ambiguo ospedale nato su les affaires e gli scandali di Don Luigi Verzè (il defunto prete-imprenditore della sanità che ideò l’ex San Raffaele, n.d.r.) fanno pace le grandi religioni e si riconciliano tutte le forze politiche di centro destra e di centro sinistra. Sull’altare del Mater Olbia come ultimi sacrifici, a fine legislatura, si offrono Sanità Pubblica e Territorio. Passa il Piano di riordino della rete ospedaliera sarda, con la decimazione di interi servizi sanitari ed ospedali in tutta la Sardegna. Ci si avvia verso la privatizzazione del Sistema sanitario pubblico ed il ritorno al Far West nell’edilizia”.

Chi non ha ancora ben chiara la situazione olbiese e il consigliere dell’Udc ed ex assessore alla Sanità, Giorgio Oppi, il quale ha richiesto l’accesso agli atti in relazione al Mater Olbia, la struttura di proprietà della Qatar . La richiesta indirizzata al direttore generale dell’assessorato alla Sanità, Giuseppe Sechi, riguarda “le istanze di accreditamento presentate in relazione al Mater, correlate da tutti gli allegati e gli accordi, convenzioni e protocolli d’intesa intercorsi sulla struttura”. Giorgio Oppi pone seri dubbi sulla procedura sinora attuata dall’assessore regionale alla sanità. “Il rappresentante in Italia della Qatar Foundation, Lucio Rispo – ha spiegato Giorgio Oppi – ha affermato che il Mater Olbia ha l’accreditamento per ambulatori e laboratori di analisi e di immagini e che stanno per essere consegnati i macchinari. Ma per poter avere l’accreditamento al sistema sanitario regionale, bisogna avere prima le attrezzature, assumere il personale e trasferire il curriculum dei dipendenti e contestualmente i documenti”.

“Ebbene –  ha concluso Giorgio Oppi – noi della commissione Sanità siamo stati in sopralluogo al Mater (settembre 2018) e non c’è nulla del genere. Ecco perché chiedo l’accesso agli atti: per capire se questo accreditamento esiste o no”. Ma la struttura sanitaria, che a regime dovrebbe ottenere dalle Regione Sarda 60 milioni di euro l’anno come rimborsi per il servizio sanitario regionale, gode anche di forti aderenza al servizio sanitario nazionale. L’attuale capo di gabinetto del ministro della salute Giulia Grillo si chiama Guido Carpani il quale, non proprio casualmente, sino ad un mese fa, poco prima di ricevere l’incarico ministeriale, si e dimesso dall’incarico, ottenuto nel settembre del 2017, di membro del Cda (il consiglio di amministrazione) del Mater Olbia, la società per azioni controllata dal fondo sovrano del Qatar attraverso una fiduciaria lussemburghese. Società della quale fa parte il Policlinico Gemelli, subentrato nell’impresa religioso-sanitaria cattoislamica al Bambin Gesù, che rilevò nel 2014 le quote rimaste libere dopo la spartizione del tribunale fallimentare di Milano dell’impero immobiliare e sanitario dell’ex San Raffaele del defunto don Luigi Verze. Tra gli azionisti dal Mater Olbia c’è anche la Fondazione Luigi Maria Monti, che controlla l’istituto dermopatico Immacolata. Guido Carpani faceva parte del Cda di questo istituto guidato da Giovanni Raimondi, l’attuale amministratore delegato del Mater Olbia.

Guido Carpani, il cui curriculum professionale affonda le radici nel settore della sanità pubblica e privata – ha ricevuto incarichi dai governi Monti, Renzi e ora fa parte dell’esecutivo giallo verde -, potrebbe avere più di un conflitto di interesse, in questa partita giocata sulla sanità sarda. Conflitto d’interesse che sarebbe stato superato, per il governo, dalla promessa di non incassare compensi dal prestigioso Istituto Tonioli, l’ente fondatore e garante dell’Università Cattolica, che annovera tra i suoi membri Giovanni Raimondi, Ad del Mater Olbia.

Un ginepraio di incarichi che fanno porre più di una domanda, come ha ricordato giorni fa il “Fatto Quotidiano”: “Quando il capo di gabinetto Guido Carpani dovrà occuparsi dei temi che riguardano Il policlinico Gemelli e il Mater Olbia, il suo cuore batterà per la sanità privata o per lo Stato”. Vedremo cosa accadrà in un prossimo futuro, quando la struttura d’eccellenza dovrà ricevere gli accreditamenti regionali e nazionali. Per restare in tema di eccellenze, va doverosamente citato il caso emblematico di un paziente maddalenino affetto da necrosi agli arti inferiori. Per il combinato disposto dovuto alle carenze strutturali e di personale medico che si registrano agli ospedali “Paolo Merlo” di La Maddalena, sommato alla lunghissima lista d’attesa del reparto di ortopedia di Olbia e alle visite specialistiche del reparto di chirurgia vascolare dell’ospedale Santissima Trinità di Sassari, il paziente si è dovuto sobbarcare in ben quattro viaggi tra La Maddalena, Sassari (per ben due consulti specialistici, che hanno stabilito la competenza ad operare degli ortopedici galluresi) e lo stand by all’ospedale di Olbia dovuto al cup regionale, che fissava l’operazione sine die. Il caso è stato risolto, nei giorni scorsi, nello sperduto reparto di traumatologia e ortopedia dell’ospedale di Tempio. Il cui direttore responsabile Mauro Pianezzi, contattato dal medico che ha in cura il paziente, ha disposto l’intervento con procedura d’urgenza amputando uno degli arti ormai irrecuperabile scongiurando il pericolo, letale, di setticemia.

Quello di Tempio, così come tutti gli altri reparti ospedalieri della Gallura e dell’intera Sardegna ormai in via di estinzione a causa di opinabili scelte politiche regionali e nazionali che non tengono conto delle esigenze e del diritto alla salute della popolazione – non coperta dalle garanzie del vaticano e dell’Islam – , non è certamente da annoverare tra le strutture sanitarie di eccellenza. Ma resta un presidio medico ospedaliero che risolve, senza troppi fronzoli, ben 500 casi l’anno, con interventi di alta chirurgia protesica alle articolazioni pur essendo a corto di medici, personale paramedico, medicinali e posti letto. Sforbiciati, questi ultimi, a favore di eccellenze ancora da valutare ma pronte a ricevere 60 milioni di euro di finanziamenti regionali.

G.P.C.

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