Non c’erano solo i genitori di Manuel Careddu nel tribunale di Oristano, dove il gup Silvia Palmas ha emesso le sentenze contro il ‘branco’ che l’anno scorso ha massacrato sino alla morte il 18enne di Macomer. Ad attendere il pronunciamento del giudice anche il padre di uno dei tre imputati, Matteo Satta, condannato a 16 anni e 8 mesi. L’uomo sperava di vedere il figlio scagionato, invece per il ragazzo di Ghilarza (ventenne come gli altri due, Christian Fodde e Riccardo Carta) è arrivata una pena durissima.
“È giusto che mio figlio paghi”, ha detto dopo la lettura della sentenza. Per il giovane la pubblica accusa aveva chiesto 30 anni, ma la Gup, dopo una lunga camera di consiglio, ha accolto in buona parte le richieste del difensore Antonello Spada.
Che la posizione di Satta fosse differente da quella degli altri imputati lo si era già capito dalla precedente udienza,
quando sia il padre che la madre del 18enne ucciso, Corrado Careddu e Fabiola Balardi, si erano avvicinati al genitore e alla sorella di Matteo, sempre presenti in tribunale, per far capire che non lo consideravano al pari degli altri e che ritenevano fosse stato messo in mezzo da Fodde, considerato l’autore materiale del delitto, e dal resto del gruppo. Satta avrebbe tenuto i telefonini del ‘branco’ per impedire che venissero intercettati, compresi quelli dei due minorenni già condannati a 16 anni, ma ha sempre sostenuto con forza di non essere stato a conoscenza del piano di uccidere Careddu.
