I faticosi primi passi della biblioteca del nuovo carcere di Uta

C’è anche il sottofondo musicale nella biblioteca del carcere di Uta: grandi tavoli e sedie comode per i detenuti che scelgono di passare un po’ di tempo sui libri anche tra le sbarre. Eppure la struttura non funziona come dovrebbe: le donne non possono accedervi, l’apertura è limitata a poche ore alla settimana e l’ingresso non è facile per tutti.

Una bella differenza tra quanto succedeva un anno fa nel carcere di Buoncammino e quanto succede oggi a Uta: lì anche settanta carcerati per volta stavano in sala studio, qui appena venti. Lì si mandavano avanti progetti di animazione alla lettura, qui le attività procedono a rilento.

Eppure c’è chi si impegna nonostante mille difficoltà per garantire studio e libri in carcere. Germana Trincas, insegnante cagliaritana, dedica una buona parte del suo tempo libero come volontaria alla Caritas: insieme alle colleghe Laura Perdixi e Alessandra Pisano si occupa di gestire la biblioteca di Uta, tre turni di apertura alla settimana (il lunedì pomeriggio, il mercoledì mattina e pomeriggio per un totale di sei ore), e poi ci sono la catalogazione e il prestito da seguire. Ogni carcerato può portare con sé in cella due libri al mese o può passare due ore in sala studio ogni venti, venticinque giorni. Un momento di evasione, almeno mentale, dalla routine carceraria: molti studiano, approfondiscono, si informano, in tanti scelgono semplicemente di leggere storie. Un’esigenza, quella dei libri,  raccontata da Rinaldo Schirru, ex detenuto che in carcere ha passato ben 32 anni della sua vita e tra le sbarre ha imparato il piacere della lettura e della poesia.

“In biblioteca arrivano detenuti diversi che scelgono soprattutto narrativa, spesso storie di carcere o scritte da ex carcerati – sottolinea Trincas – piacciono molto i grandi romanzieri russi e i classici della letteratura di tutti i tempi ma anche gli scrittori contemporanei. In tanti preferiscono i testi su animali, piante, la cura dell’orto e della campagna, la geografia”. Accanto alle tre volontarie della Caritas lavora anche Dante Lancioni, ergastolano: anche lui si occupa di catalogazione e prestito. E di lavoro ce n’è tanto: a Uta, oltre ai libri di Buoncammino, sono arrivati pure quelli donati da Iglesias, struttura penitenziaria che a febbraio di quest’anno ha chiuso i battenti; ci sono dunque ancora seimila volumi da classificare, altri ne arriveranno grazie all’iniziativa nazionale ‘Liberi di leggere’ che promuove il ‘libro sospeso’ per le carceri italiane.

La speranza tra i detenuti è che riprendano presto i progetti di animazione alla lettura già sperimentati a Buoncammino, dove per due anni i volontari dell’associazione Tusitala hanno portato attività legate ai libri. “Insieme  a un gruppo di detenuti abbiamo scelto autori e argomenti da approfondire – ci racconta Carlo Birocchi dell’associazione, che ha lavorato insieme a Dario Cosseddu, Luisanna Pani, Raffaele Cattedra e Rosi Giua – e così abbiamo letto Alda Merini, Nasim Hikmet, Dylan Thomas, Dino Campana. Abbiamo inoltre organizzato incontri sulle tradizioni sarde e mediterranee. I detenuti hanno letto e studiato con noi e messo in piedi delle performance a cui partecipavano anche quaranta persone: una bellissima esperienza che sarebbe bello proseguire. Per ora però questioni logistiche e organizzative non ci hanno permesso di riproporla a Uta, speriamo che si possa continuare perché crediamo che la lettura e la cultura in generale possano essere un ottimo strumento di crescita per chi è costretto a vivere in carcere”.

(Nella foto, un momento dello spettacolo ‘Librertà-Il muro fuori’, con alcuni detenuti che hanno partecipato al progetto di lettura a Buoncammino, presentato durante l’edizione 2013 del festival Marina Café Noir a Cagliari)

Francesca Mulas

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