Fondi vaticani, chiesti danni per 270 milioni: “Becciu era cosciente della speculazione”

Al termine del suo intervento nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e sulla compravendita del Palazzo di Londra, nella terza e ultima udienza dedicata alle richieste delle parti civili, il professor Giovanni Maria Flick, che assiste la parte civile Apsa, ha chiesto oggi che gli imputati siano condannati al risarcimento del danno patrimoniale, costituito sia dalle perdite economiche (danno emergente) che dal mancato guadagno negli investimenti (lucro cessante): il danno emergente lo ha determinato in 193 milioni 488 mila euro – così risultante una volta detratti i 216 milioni di euro ricavati nel giugno 2022 dalla vendita del Palazzo di Londra – e il lucro cessante in 77 milioni di euro, per un ammontare complessivo della richiesta pari a oltre 270 milioni di euro.

Nel processo contro dieci imputati tra cui il cardinale Angelo Becciu, i danni patrimoniali sono stati chiesti dalla parte civile Apsa (Amministrazione del patrimonio della aede apostolica) perché è ad essa che il Papa ha trasferito la proprietà e la gestione dei fondi e dei beni che prima erano della Segreteria di Stato. Quest’ultima, invece, tramite l’avvocato difensore Paola Severino, aveva chiesto ieri i danni morali e reputazionali (d’immagine) per un ammontare di 177 milioni e 818 mila euro. Flick ha concordato nelle sue conclusioni con i contenuti della requisitoria dei promotori di giustizia, ricordando che prima del 2012 la Santa Sede non aveva mai fatto investimenti come quello di stanziare 200 milioni di dollari per un ipotetico progetto di estrazione petrolifera in Angola, poi confluiti nel fondo Athena di Raffaele Mincione per l’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue.

E a suo avviso, “il cardinal Becciu ha dimostrato di avere piena conoscenza delle caratteristiche altamente speculative dell’investimento”. Nella vicenda oggetto del processo, secondo l’ex presidente della Consulta, “tutti i fatti erano diretti a creare una rilevante perdita economica per la Santa Sede, con distrazione o uso illecito del denaro, nel peculato, con perdite di disponibilità di denaro, con condotte truffaldine volte a creare ingiusti profitti, e anche con una condotta estorsiva e ipotesi di corruzione e abuso d’ufficio”. “Non ci sono state solo ingenti perdite patrimoniali – ha quindi aggiunto nelle sue conclusioni – ma anche un lucro cessante”, per rientrare dai quali ha poi determinato e chiesto il risarcimento. Flick ha anche chiesto che leventuale concessione della sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento del risarcimento.

Prima di lui era intervenuta stamane l’avvocata Anita Titomanlio, che assiste la parte civile Asif (Autorità di supervisione e informazione finanziaria, ex-Aif), costituitasi per rivalersi sui propri ex dirigenti, l’ex presidente René Bruelhart e l’ex direttore Tommaso Di Ruzza, accusati di abuso d’ufficio. In sostanza, i due ex dirigenti dell’Aif avrebbero “abusato delle loro qualità e poteri, compiendo o omettendo di compiere atti al fine di favorire altri, procurando così un danno all’Autorità di informazione finanziaria”. Contestato loro, in particolare, il non aver denunciato le operazioni al promotore di giustizia, pur essendo “ben consapevoli delle anomalie”, e agendo in certi casi – come in quello del finanziamento chiesto dalla Segreteria di Stato allo Ior – “al di fuori delle proprie responsabilità di vigilanza”. Il che ha portato, oltre al danno d’immagine in molti articoli sugli organi di stampa, anche ai rilievi mossi dal rapporto Moneyval del 2021. La legale ha chiesto quindi la condanna degli imputati al risarcimento dei danni subiti, morali e non, risarcimento che “se sarà riconosciuto sarà devoluto all’Elemosineria apostolica” e sulla cui determinazione si è rimessa alla “valutazione equitativa” del Tribunale.

È stata poi la volta dell’avvocato Alessandro Sammarco, che assiste come parte civile mons. Alberto Perlasca, limitatamente al reato di subornazione del testimone di cui è accusato il cardinale Becciu. La vicenda consiste nel fatto che, dopo le deposizioni di Perlasca all’autorità giudiziaria inquirente, Becciu si rivolse al vescovo di Como monsignor Oscar Cantoni, diretto superiore di Perlasca, perché quest’ultimo ritrattasse o modificasse le sue deposizioni, pena una denuncia. Effettivamente Cantoni, poi diventato cardinale, incontrò Perlasca, “senza però abusare del suo ruolo, cioè non ordinandogli di ritrattare”, ma semplicemente riferendogli le parole di Becciu, senza peraltro che la ritrattazione si concretizzasse. Anche in questo caso, l’avvocato Sammarco ha chiesto la condanna dell’imputato e il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale causato dal reato, da determinare “equitativamente” dal Tribunale.


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