Fluorsid, perquisiti laboratori esterni di analisi e nuova area sotto sequestro

Si allarga l’inchiesta Fluorsid: dalle 8 di questa mattina sono in corso perquisizioni nei laboratori analisi che, per conto dell’azienda di Tommaso Giulini, hanno analizzato negli anni i fanghi e gli scarti di lavorazione. Intanto è finita sotto sequestro una nuova area: si tratta di due ettari di proprietà del Consorzio industriale Cacip e che si vanno ad aggiungere ai venti sui quali sono scattati i sigilli nell’ultimo mese e mezzo. Al lavoro il Nucleo ispettivo Nipaf del Corpo forestale, guidato dal commissario Fabrizio Madeddu su delega del pm Marco Cocco, titolare dell’inchiesta. Impegnati anche gli uomini dell’Agenzia regionale Arpas e dell’Istituto nazionale Ispra, entrambi con poteri in materia ambientale.

Al momento non si conoscono altri dettagli. Ma sembrerebbe che le squadre impegnate nella perquisizione dei laboratori di analisi stiano portando via molti documenti. Materiale che potrebbe rivelarsi decisivo nell’inchiesta in cui sono indagate otto persone con l’accusa di disastro ambientale e associazione a delinquere (qui tutti i nomi). La Procura vuole verificare intanto tutti i referti delle analisi commissionate dall’azienda di Macchiareddu. E nel caso siano risultati valori fuori norma di metalli pesanti e altre sostanze, si tratterà di accertare se la Fluorsid abbia seguito le procedure previste in queste circostanze.

Le analisi sugli scarti e i fanghi di lavorazione sono un obbligo di legge, contenuto nell’Autorizzazione integrata ambientale che rilascia il ministero dell’Ambiente. Un tema, questo, che il pubblico ministero potrebbe aver affrontato lo scorso 3 giugno con il patron Giulini, sentito in Procura per quattro ore e mezzo.

Cosa diversa sono i rilevamenti sulla qualità dell’aria che spettano invece all’Arpas, attraverso le colonnine sistemate nella zona industriale di Macchiareddu. Quanto ai due ettari sequestrati oggi, va ancora chiarito se l’area, che è una proprietà del Consorzio industriale Cacip, fosse utilizzata (o meno) come discarica.

Sullo sfondo resta il caso dello sversamento di fanghi acidi nella laguna di Santa Gilla, un fatto accaduto il 12 gennaio 2015, ma di cui si è saputo solo lo scorso maggio, quando tre dirigenti della Fluorsid e altre quattro persone impiegate nelle ditte esterne sono state arrestate. In quell’occasione vennero rilevate quantità di arsenico, alluminio, ferro, manganese, berillio, cobalto, cadmio, nichel e piombo superiori alla soglia massima consentita. Stesso discorso per i fluoruri e i solfati. (al. car.)

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