Omicidio di Alghero, parla il condannato: “Era un amico, non volevo ucciderlo”

“Era un mio amico, non volevo ucciderlo”. È iniziata così la mattinata nell’aula 2 del Tribunale di Sassari, allestita per ospitare il processo a porte chiuse celebrato con rito abbreviato davanti al gup Michele Contini a carico di Lukas Saba, il 19enne accusato di omicidio volontario per la morte del suo amico e coetaneo Alberto Melone, ferito mortalmente da un colpo di pistola la sera del 5 aprile 2019 in un appartamento in piazza del Teatro. Lukas Saba, che da sei mesi è affidato alla comunità “S’Aspru” di Siligo, legge poche righe tra le lacrime. “Sono addolorato”, dice tra l’altro.

Poco prima il suo avvocato, Gabriele Satta, aveva prodotto una dichiarazione di padre Salvatore Morittu, fondatore della comunità di Siligo dove Lukas cerca la pace e una nuova strada da cui riprendere. Ma niente è servito per limitare il peso della condanna decisa dal gup poco dopo le 14. Omicidio volontario, porto illegale della pistola, riconoscimento del vizio parziale di mente, nessuna attenuante generica, ammissione dell’aggravante di futili motivi: considerata la riduzione di pena col rito abbreviato, il totale fa 15 anni e 4 mesi di detenzione, l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena, quella perpetua da incarichi elettivi, più una provvisionale da 100mila euro ciascuno per i genitori della vittima, Antonello e Mariella Melone, costituiti parte civile con gli avvocati Francesco Carboni, Nicola Satta e Gavinuccia Arca. Madre e padre di Alberto erano in aula. Hanno ascoltato la discussione e la sentenza tra le lacrime. Da un anno e mezzo chiedevano verità e chiarezza su quanto successo quel venerdì sera.

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