Coronavirus nel tribunale di Cagliari. L’Avvocatura: “Informare è un dovere”

Un caso di coronavirus nel tribunale di Cagliariun legale del foro è ricoverato da qualche giorno – sembra aver riacceso lo scontro nell’Avvocatura del capoluogo. La querelle è nata venerdì, qualche ora dopo la mail inviata a dall’Ordine degli avvocati a tutti gli iscritti. Era pomeriggio quando in forma assolutamente anonima, cioè tutelando l’identità del professionista infetto, il presidente Aldo Luchi ha comunicato ai colleghi di quell’avvenuto ricovero. Quindi li ha invitati a tenere d’occhio le proprie condizioni di salute, specificando i giorni in cui l’avvocato infetto potrebbe aver frequentato il palazzo di giustizia. La nota di Luchi è poi rimbalzata su WhatsApp, arrivando alla stampa che, sempre nel rispetto doveroso della privacy, ne ha dato notizia per la stessa ragione dell’Ordine: ogni positivo tacuito equivale a esporre la collettività al rischio di un contagio già classificato come pandemia dall’Organizzazione mondiale della sanità. Ragion per cui l’omertà sarebbe un fatto doppiamente grave.

Presidente Luchi, i toni che si stanno utilizzando sulla vicenda suggeriscono che nell’Avvocatura di Cagliari ci sia alta tensione.

Io non percepisco alcuna tensione. Ma probabilmente alcuni sì.

Torniamo indietro a venerdì. Di pomeriggio lei ha mandato via mail la comunicazione a tutti gli iscritti l’Ordine di Cagliari. Giusto?

Sì. La legge professionale impone al Consiglio dell’Ordine di dare ai propri iscritti tutte le comunicazioni necessarie alla loro tutela e, soprattutto in questo periodo di emergenza, tutte le informazioni collegate alla salvaguardia della salute. A mia volta sono stato informato del caso di contagio dal presidente del tribunale, il quale, immagino, che si sia comportato allo stesso modo. E credo sia avvenuto lo stesso in Corte d’appello. La salute è un bene pubblico.

Lei cos’ha scritto?

Ci siamo limitati a trasferire la circostanza, senza divulgare alcun dato personale né inserendo riferimenti che potessero far risalire all’identità. La comunicazione dell’Ordine è stata tuttavia preceduta da un post pubblicato su Facebook da un collega. Un post (visibile a tutti, cioè senza alcuna restrizione della privacy, ndr) e condiviso da molti. Peraltro venivano resi noti particolari che l’Ordine aveva doverosamente omesso.

Nella comunicazione dell’Ordine cos’altro c’era?

Prudenzialmente abbiamo indicato un range temporale, compreso tra il 2 e il 6 marzo, in modo da permettere ai colleghi di valutare il rischio di contagio. E ciò in ragione del fatto che il 7 era sabato, l’8 domenica e dal giorno 9 l’attività giudiziaria è stata sospesa per effetto dell’entrata in vigore del Dl 11. Tutto il resto non è competenza del Consiglio dell’Ordine, il quale non è tenuto a sapere perché la comunicazione interna sia finita su WhatsApp.

L’oggetto della contesa tra avvocati qual è?

Non c’è alcuna contesa, ribadisco. Tuttavia in un articolo pubblicato oggi su L’Unione Sarda si fa un parallelismo tra gogna mediatica e la comunicazione dell’Ordine.

Lei trova che informare sia gogna mediatica?

Io no. Trovo, anzi, che il parallelismo sia fuorviante. Stupisce ed amareggia che la doverosa iniziativa assunta per tutelare il diritto alla salute della collettività, certamente identica a quella adottata dai capi degli uffici giudiziari a seguito della comunicazione ricevuta sull’avvenuto ricovero, sia stata indebitamente accostata all’espressione ‘gogna mediatica’. Evitare comportamente omertosi è un dovere civico, prima ancora che giuridico. Comunicare un contagio, che ha effetti sulla salute delle altre persone, è il minimo sindacale della convivenza civile. Non riesco a proprio a vedere la portata denigratoria e diffamatoria di una comunicazione simile. Io sarei il primo a rendere pubblico un evento simile, nell’interesse di tutti. Nessuno escluso.

Finora la sottovalutazione del rischio, così come la scarsa attenzione alla portata della pandemia, sia la conseguenza del dramma che si vive oggi?

Assolutamente sì. La comunicazione del Consiglio dell’Ordine si è mossa esattamente in questo solco. Il contesto è già di per sé complicato, perché fatto di fake news che circolano sui social e non aiutano ad avere contezza sul pericolo coronavirus.

Vuol fare un appello ai suoi colleghi?

Abbiamo già detto tutto: lesivo della dignità altrui sarebbe l’esporre le persone al contagio, non informarle su un rischio.

Al. Car.
(@alessacart on Twitter)

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