Caso Pandoro: dopo esposti anche nelle procure sarde, Ferragni indagata per truffa

Adesso, in vendita, all’asta su Ebay – del Pandoro Balocco, griffato Ferragni – non c’è solo il dolce da collezione. Da Sassari a quelli di mezza Italia, chi aveva già consumato a Natale mette in vendita pure i nastri e le scatole vuote. I prezzi? Vanno ben oltre i 150 euro. E mentre gli annunci web continuano a proporre i “Pandori Pink Christmas” a costi esorbitanti, la bionda influencer rischia di essere convocata dal procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco. Secondo le ultime notizie, Chiara Ferragni sarebbe ora indagata per truffa aggravata nell’ambito dell’indagine avviata in seguito al caso-pandoro ‘Pink Christmas’ prodotto dall’azienda piemontese Balocco. Con lei sarebbe indagata anche Alessandra Balocco, sempre per truffa aggravata. Entrambe, tuttavia, non avrebbero ricevuto ancora un avviso di garanzia. Ferragni, come riporta anche l’Ansa, si dice serena ed esprime “piena fiducia nell’attività della magistratura“.

“Vendo, per beneficenza, Nastro Pandoro Chiara Ferragni. Lungo 131 cm. Condizioni perfette. Gran parte del ricavato, per mia volontà, andrà in beneficenza alla Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze (oncologia pediatrica)”: riportiamo letteralmente l’annuncio e se vi accontentate del nastro, sarà vostro per 150 euro. Per il dolce, “mai aperto“, “neanche assaggiato” le cifre raggiungono i 199 virgola 99 euro.

Intanto, dopo l’apertura di un fascicolo senza indagati e senza ipotesi di reato, ora la procura ipotizza il reato di truffa aggravata (e non più di frode in commercio come si ipotizzava inizialmente). La Guardia di finanza si sarebbe infatti recata nella sede della Balocco a Fossano (Cuneo) per acquisire nuovi documenti, sempre alla luce dell’informativa depositata precedentemente negli uffici della Procura. Fra le carte acquisite, alcuni documenti sulla vendita del pandoro e su alcuni aspetti già emersi nella comunicazione dell’Antitrust (che aveva multato le società della Ferragni e la Balocco), nonché gli scambi di email tra le parti, anche questi già emersi con l’Antitrust. Nel frattempo, alcune Procure, che nei giorni scorsi hanno aperto, dopo gli esposti a pioggia (anche) in Sardegna del Codacons, analoghi fascicoli senza ipotesi di reato né indagati, hanno contattato i pm milanesi annunciando che trasmetteranno gli atti nel capoluogo lombardo.
Chiara Ferragni si dice serena: “Sono serena perché ho sempre agito in buona fede e sono certa che ciò emergerà dalle indagini in corso. Ho piena fiducia nell’attività della magistratura e con i miei legali mi sono messa subito a disposizione per collaborare e chiarire ogni dettaglio di quanto accaduto nel più breve tempo possibile. Sono, invece, profondamente turbata per la strumentalizzazione che una parte dei media sta realizzando, anche diffondendo notizie oggettivamente non rispondenti al vero”. Così Chiara Ferragni ha commentato l’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Milano.

Nel frattempo molte delle aziende che si erano affidate all’influencer stanno bloccando le sponsorizzazioni. Fra queste c’è anche la Coca Cola. Tutto ha inizio con la ricostruzione dell’Antitrust, in cui è emerso che le società della Ferragni e la Balocco “hanno fatto intendere ai consumatori che, acquistando il pandoro firmato Ferragni, avrebbero contribuito a una donazione all’ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima, mentre le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro”. Di qui la contestazione di “pratica commerciale scorretta” da parte delle tre società.
La Fenice Srl e la Tbs Crew srl, le due società che gestiscono i marchi e i diritti di Chiara Ferragni, sono state multate per 400mila e 675mila euro per il caso dei pandoro solidali Balocco marchiati proprio dall’imprenditrice digitale. Per Balocco la multa ammonta a 420mila euro. Ferragni si era difesa ammettendo un “errore di comunicazione“. Un errore di comunicazione che ha dato il via all’indagine della Procura.

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