Carceri, l’associazione Sdr fa un bilancio: “Anno terribile per detenuti, familiari e operatori”

Il bilancio è amaro e preoccupante per le carceri isolane. L’ha fatto l’associazione Socialismo diritti riforme (Sdr) in seguito alla visita nel carcere di Uta del capo del Dipartimento Carlo Renoldi, riportando anche tentativi di suicido e altri fatti gravi accorsi durante l’anno.

“Secondo Renoldi sarà colmato il grave deficit di direttori, agenti, comandanti e amministrativi. Un saluto, a cui Sdr risponde cordialmente, ma  che non può lasciare indifferenti – ha detto Maria Grazia Caligaris di Sdr -. Si tratta dell’ulteriore conferma, se ce ne fosse stato bisogno, dello stato di abbandono delle carceri sarde e di un sistema che così com’è non è utile alla società”. Caligaris continua: “Non è rassicurante apprendere che a settembre 2023 avremo i direttori in tutti e dieci gli istituti penitenziari. Significa infatti che per altri nove mesi tre titolari  e due  “a scavalco” si divideranno la responsabilità su 10 carceri in cui sono detenute anche  persone in regime di 41bis”.

Il 2022 “si chiude tristemente in Sardegna dove lo scorso mese di ottobre si è registrato un suicidio nella casa di reclusione di Massama, una morte nella casa circondariale di Cagliari-Uta (in foto) presumibilmente indotta dall’uso del gas e un’altra a Sassari-Bancali di un ergastolano che più volte aveva inalato gas. Innumerevoli i tentativi di suicidio documentati dalla Polizia penitenziaria in un anno caratterizzato da segnali non equivocabili sulle problematiche della gestione di persone, donne e uomini, con gravi problematiche psichiatriche”.

L’episodio “più emblematico delle difficoltà di vivere dietro le sbarre per chi ha gravi disturbi mentali – ricorda ancora l’esponente di Sdr – si è verificato a Sassari-Bancali dove un detenuto, poi riconosciuto incapace di intendere e di volere, ha ucciso a colpi di sgabello il compagno di cella. Tragedia di straordinaria gravità che pone l’accento sulla necessità di garantire spazi alternativi a persone in gravi condizioni non compatibili con lo stato di detenzione. Persone che mettono in grave difficoltà l’intero sistema e in particolare gli agenti della Polizia penitenziaria e i sanitari. Luoghi alternativi, questo chiediamo al ministro Nordio”.

Caligaris conclude: “La scarsa efficacia dell’Istituzione produce un diffuso burnout, una demotivazione che si ripercuote sulla vita degli operatori producendo effetti incalcolabili. Un sistema sempre più lontano dai bisogni di tutti, compresi i familiari che vivono uno stato di continua ansia in particolare per quei figli malati di mente e tossicodipendenti che nessun potrà mai reinserire in società specialmente se sono incompatibili con la detenzione ma continuano a stare dietro le sbarre nell’indifferenza generale, anche quando si levano grida di aiuto”.

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