Campagna contro la Rwm, Cgil e Cisl: “Danneggia soprattutto i lavoratori”

“Nessuno può pensare che la battaglia contro la sola Rwm di Domusnovas e contro i soli lavoratori impegnati nello stabilimento possa risolvere i conflitti Internazionali sparsi per il mondo; purtroppo però da mesi si assiste a una campagna che colpisce la Rwm e i suoi lavoratori“. Lo denunciano le segreterie del Sulcis di Filctem-Ccgil Femca-Cisl, che intervengono sulla questione aperta dopo l’approvazione della mozione alla Camera in cui si chiede al Governo di fermare l’export di armi nell’Arabia Saudita.

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“Riteniamo che queste lavoratrici e questi lavoratori vadano più che mai tutelati e rispettati rispetto ad una campagna denigratoria in campo da mesi – osservano -. Prima che vengano prese posizioni terminali si apra una discussione con la Giunta regionale, le istituzioni interessate e con il coinvolgimento dei sindacati finalizzata ad una soluzione positiva verso la cessazione del conflitto in Yemen e la prosecuzione lavorativa delle maestranze impegnate ragionando finalmente proprio in chiave europea come prodotti di materiale bellico per la difesa degli stati europei perché che ci piaccia o no a quello , nell’interesse dello stato italiano, non possiamo rinunciare”.

Secondo Cgil e Cisl, “quello che manca nello scenario nazionale è un progetto programmatico relativo all’industria bellica. Lo stabilimento di Domusnovas dovrebbe diventare riferimento per l’esercito europeo di cui da tempo si parla – spiegano -. Il tutto in un contesto nazionale chiaro e definito, dato che la Rwm, unica al centro delle polemiche, non è l’unica azienda che esporta e produce materiale bellico operante in Italia. Rischia però di essere l’unica a pagare le conseguenze di una politica nazionale un po’ sconclusionata, e poco europea. Per la Rwm di Domusnovas non potrà esserci alcuna riconversione – puntualizzano Cgil e Cisl -. Le professionalità e le tecnologie impiegate verranno perse. Sono sotto gli occhi i fallimenti delle riconversioni minerarie”. E anche la riconversione della Valsella, secondo i sindacati, “terminati i contributi pubblici, ha prodotto zero posti di lavoro”.

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