Un centinaio di immigrati ospiti del Centro di prima accoglienza (Cpa) di Elmas hanno dato vita a una protesta con un sit-in estemporaneo che ha semiparalizzato il traffico delle auto, fra via Roma e il largo Carlo Felice. Gli immigrati si sono ribellati per la loro condizione e chiedono due cose: “Libertà e documenti per andar via“, per usare le parole di Al Cimraan, ventunenne originario della Somalia. Sul posto sono giunti gli agenti della Polizia municipale ed i carabinieri.
La protesta sta causando un po’ di disagi agli automobilisti: dal Largo Carlo Felice si può svoltare in via Roma, ma non proseguire verso il porto. Impossibile invece andare dritti in direzione viale Diaz per chi percorre via Roma all’altezza di piazza Matteotti. La protesta è cominciata questa mattina davanti alla Prefettura e poi si è spostata dopo le 13 in via Roma, strada nevralgica della città. Gli immigrati provengono soprattutto dall’Africa orientale: Etiopia, Sudan ed Eritrea. Fra loro anche una decina di donne, una incinta. La protesta – hanno spiegato i protagonisti del blitz – andrà avanti sin quando non ci saranno risposte da parte delle istituzioni italiane.
Aggiornamenti. Hanno momentaneamente lasciato il presidio al centro dell’incrocio tra via Roma e il Largo Felice i circa cento ospiti del Cpa. La tregua è arrivata dopo che è stato fissato in prefettura, alle 17.30, un incontro per fare il punto della situazione sull’iter che dovrebbe portare al rilascio dell’asilo politico. L’obiettivo degli immigrati è quello di lasciare al più presto la struttura vicina all’aeroporto, che ospita 213 persone, e raggiungere parenti e amici nel resto d’Italia o in Francia e Inghilterra. Tutti gli ospiti del Cpa di Cagliari provengono da Lampedusa e molti di loro sono in Sardegna da circa tre mesi. La protesta, iniziata questa mattina alla 10 in viale Buoncammino e poi proseguita davanti al porto del capoluogo sardo all’altezza di piazza Matteotti, potrebbe riprendere se l’incontro in prefettura, a cui partecipa una delegazione con traduttore, non dovesse sortire gli esiti sperati.
Lai (Pd). Una delegazione di parlamentari sardi del Partito democratico, guidata dal senatore Silvio Lai, domani visiterà il Centro di primo soccorso e accoglienza di Elmas, per verificarne lo stato e conoscere come vivono i richiedenti asilo e gli operatori che li seguono. “Quanto accaduto oggi a Cagliari” afferma il segretario del Pd ” è il segnale del malessere di queste persone, tutte molto giovani, che arrivano in Italia per sfuggire da guerre e povertà e, quando pensano di aver trovato la salvezza, si trovano di fronte muri, diffidenza, lungaggini burocratiche, lacci e lacciuoli di una legge, la Bossi-Fini, che deve essere radicalmente rivista. Sosteniamo totalmente il ministro Kyenge, che ne ha annunciato la cancellazione: come gli esponenti di cui porta il nome, la Bossi-Fini e’ vecchia e superata, ha dimostrato la sua inefficacia, la totale inutilità per affrontare un fenomeno che ha caratteristiche sovranazionali e come tale deve essere affrontato. Non può diventare un problema di ordine pubblico” afferma ancora Lai “scaricato ai Prefetti e alle forze dell’ordine, come accaduto oggi a Cagliari. I centri non possono essere prigioni per chi ha come unica colpa l’aver cercato salvezza da guerre e fame, e chi opera per la reale integrazione degli immigrati richiedenti asilo deve poterlo fare con mezzi e risorse adeguate”.
Il direttore del Cpa. “Il Centro soccorso di prima accoglienza non è una prigione”. Lo dice all’ANSA il direttore della struttura di Cagliari-Elmas, Francesco Lo Sardo, rispondendo alle proteste degli ospiti che da questa mattina stanno manifestando nelle strade cagliaritane per un’ accelerazione della procedura finalizzata all’ottenimento dell’asilo politico. “Non è un carcere perché dalla struttura si può uscire dalle 8:30 alle 20:30 – spiega – e gli orari sono stabiliti non da noi ma dalle direttive ministeriali. I collegamenti con Cagliari sono assicurati da navette che a volte fanno anche cinque-sei viaggi all’andata e altrettanti al ritorno”. Attualmente il centro ospita 213 profughi tra cui venti donne (“nessuna risulta incinta”, spiega Lo Sardo), tutti trasferiti lo scorso 19 giugno da Lampedusa. Provengono per lo più dal corno d’Africa (Etiopia, Eritrea, Somalia) e per raggiungere l’ Europa hanno attraversato mezzo continente prima di imbarcarsi e approdare in Sicilia. “L’assistenza – conclude Lo Sardo – è garantita da un medico e da un infermiere per tutta la giornata e ci appoggiamo al poliambulatorio di viale Trieste. Anche il menù è scelto dagli ospiti”.
(foto di Simone Tanda)