Bancarotta fraudolenta, le parole del Gip: “Insolvenza del gruppo Scanu dal 2002”

Sono dieci le società finite sotto la lente della Procura di Cagliari nell’ambito dell’inchiesta che ha portato oggi in carcere l’ad di Sogaer, Alberto Scanu, e ai domiciliari la sorella Laura e due collaboratori per bancarotta fraudolenta. Si tratta delle aziende: Polsan, Sant’Elena Srl, Immobiliare Casa di cura Sant’Elena, Compagnia immobiliare Sardegna Srl, Scancenter srl, Sofinda Srl, San Pantelo Srl, Sansucchi, Sgi Settimo San Pietro e Sofarmed in liquidazione. Tutte riconducibili, secondo gli inquirenti, a Scanu. Quasi tutte le società gravitavano nel ramo sanitario, alcune in quello immobiliare.

Il Gip del Tribunale di Cagliari, Giampaolo Casula, motiva in 163 pagine l’ordine di custodia cautelare in carcere nei confronti di Alberto Scanu, parlando di gravi indizi di colpevolezza sul fallimento di nove società, mentre sulla decima le indagini sono ancora in corso. “L’ispettorato di vigilanza della Banca d’Italia – scrive il Gip nella misura in merito alla presunta bancarotta della Polsan srl – aveva rilevato che la posizione creditoria vantata dal Banco di Sardegna e dalle sue controllate nei confronti del Gruppo Scanu fosse stata caratterizzata da ‘eccessiva tolleranza e scarsa trasparenza’ e mantenuta tra gli ‘incagli’ ‘ancorché da tempo in palese stato di insolvenza irreversibile'”.

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La Polsan è poi fallita con un passivo di 10.683.640 euro. Quanto alle altre società, la Procura contesta i crac della Sant’Elena srl Casa di Cura privata in liquidazione per un totale di 9.310.289 euro; della Immobiliare Casa di Cura Sant’Elena srl per 16.084,827; Compagnia immobiliare Sardegna per 8.226.829 euro; la San Pantaleo srl per 2.058.682; la Sofinda srl per oltre 816mila euro; la Sancenter srl per circa 349mila euro; la Sansucchi srl per 3.250.000 euro; la Società farmaceutica mediterranea srl per 8.236.128 euro. Il Pm – precisa l’ordinanza del Gip – sta indagando ancora sul fallimento della Sgi Settimo Scral, dichiarato nel 2016 con debiti per 1.295.910 euro.

“Lo stato di insolvenza del Gruppo Scanu – scrive il giudice, ipotizzando sia il rischio di inquinamento probatorio che quello di reiterazione dei reati – risaliva al 2002. È stata ampiamente dimostrata la consuetudine con la quale Alberto e Laura Scanu si sono avvalsi di prestanome per la gestione di alcune società che vengono condotte al fallimento”.

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