“Al fronte ho sparato poche volte”. Sta quasi tutta nelle intercettazioni l’inchiesta sulla presunta partecipazione dell’indipendentista nuorese Pierluigi Caria, 33 anni, a quella che, per la comunità internazionale, è una organizzazione terroristica curda. Nelle carte delle indagini che arrivano da Nuoro ci sono le conversazioni del giovane che avrebbe combattuto contro le milizie jihadiste di Daesh, lo stato islamico dell’Isis, dopo essersi addestrato nell’accademia dell’Unità di Protezione del Popolo (Yekineyen Parastina Gel – YPG) a Serakaniye. Qui sarebbe rimasto ferito per l’esplosione accidentale di una bomba, come riportato da L’Unione Sarda in edicola. “Quello è stato un incidente – si legge in una intercettazione sempre sul quotidiano – cioè, tipo che gli è esplosa una sua bomba a questo compagno. E praticamente mi sono arrivate roba di schegge qua, nelle gambe e nella pancia…”.
Nella stessa intercettazione si citano anche i combattimenti con l’International Freedom Battalion (IFB), il battaglione internazionale schierato nella regione siriana del Rojawa. Sui combattimenti si legge ancora un dialogo con un amico: “mi è capitato una volta che questo compagno irlandese ha ucciso gente, nel Daesh, alla fine della via grande che c’è e allora mi ha detto il comandante di prendere la mitragliatrice e sparare”. E poi: “Ho coperto questo compagno che doveva sparare con il lancia razzi”. Nell’ambito della stessa inchiesta, della Digos di Nuoro con il coordinamento della Dda di Cagliari, sono state eseguite altre due perquisizioni nel Cagliaritano. Una nei confronti di Antonello Pabis, 72 anni, presidente dell’Asce (Associazione contro l’emarginazione) e membro della Rete Kurdistan Sardegna noto attivista per i diritti umani (leggi qui). Sulla pagina Facebook della Rete si legge un aggiornamento: “Gli attacchi degli ultimi giorni nei confronti dei compagni indagati sono soltanto gli ultimi di una lunga serie che ha avuto inizio con la chiusura della pagina della Rete Kurdistan Sardegna il 1 agosto”. E segnalano un post incriminato che è valsa la censura con la disabilitazione dei profili degli amministratori della pagina: quello in cui compare una fotografia di Abdullah Öcalan e la bandiera del PKK. La motivazione è “violazione delle dichiarazioni dei diritti e delle responsabilità di Facebook” poiché secondo il social network non è consentito “sostenere un’organizzazione o un gruppo violento e/o criminale”. “Nessun passo indietro – afferma con sicurezza Pabis al telefono – . Al momento cerchiamo di capire da dove è partita un’operazione a dir poco pretenziosa”. A lui, sostiene, è stato sequestrato il cellulare, il computer, delle lettere e due bandiere. Tutto questo durante una perquisizione durata due ore domenica mattina. Una terza persona – di cui non è stato diffuso il nome – avrebbe subito una perquisizione il giorno successivo, perché non è stata trovata a casa. “L’impianto giuridico dell’operazione, la prima del genere in Italia – dice ancora – non regge. Come sostengono anche i nostri avvocati: Gianfranco Sollai, Andrea Perra, Michele Zuddas”.
Le indagini si allargano alla cerchia di contatti del giovane indipendentista, noto Luisi, figlio del fondatore di Sardinia Natzione, Angelo. Verso i due si è scatenata la solidarietà – soprattutto in rete – del mondo indipendentista e delle associazioni. A Cagliari, il pomeriggio del 20 settembre, ci sarà una manifestazione di sostegno nella sede di Sa Domu, nel quartiere Castello. Lo stesso Caria in una lunga nota Facebook pubblicata domenica scorsa, giorno del blitz, ricostruisce la vicenda dal suo punto di vista e ribadisce “l’assurdità della vicenda” (leggi qui). Poi, per lui, il silenzio. Nei confronti dell’indagato è scattato il sequestro preventivo del passaporto proprio perché gli inquirenti erano venuti a conoscenza di un suo imminente viaggio. Caria è indagato dal sostituto procuratore Danilo Tronci, della direzione distrettuale antiterrorismo di Cagliari, non per aver combattuto contro l’Isis ma per la sua presunta adesione alle milizie curde vicine al Pkk, inserito dal 2002 nella Gazzetta ufficiale nelle liste delle organizzazioni terroristiche dall’Ue e riconfermato anche a marzo, seppure tra le polemiche di tanti che riconoscono al partito curdo il merito di combattere contro le milizie jihadiste tra la Siria e l’Iraq.