Questo è il diario di viaggio di un progetto che dal 22 luglio al 5 settembre attraverserà il Sarrabus-Gerrei-Trexenta nell’ambito delle attività di Geografie sommerse. La sua storia comincia tre anni fa da un’idea di Grazia Dentoni, attrice e regista teatrale ispirata dalla propria esperienza di gestazione e dalla formazione come doula al fianco di gestanti e partorienti. Il progetto (all’interno del Teatro di Pace in Sardegna) si chiama Matrilineare e dopo le ultime due sessioni tra il Museo archeologico e alcuni siti d’interesse di Cagliari, grazie al Gal si sposta nel cuore del sud Sardegna. L’obiettivo è indagare attraverso il linguaggio teatrale e poetico il processo creativo in tutte le sue manifestazioni. Quello di Ballao è il primo appuntamento.
Acqua. Ne cade a scrosci quando partiamo da Cagliari. Grazia è entusiasta: per la prospettiva di non avventurarsi nella valle del Gerrei con quaranta gradi all’ombra e perché l’elemento di questa prima sessione è l’acqua.
Niente bellezze archeologiche per questa “puntata”: l’area di Funtana Coberta, con il pozzo sacro sovrastato da una tholos, è chiusa per lavori. Corru ‘e Arenas, però, nel Comune di Ballao è tutt’altro che un ripiego. Un angolo di natura incastonato ai piedi del Monte Scrocca e S’Acui, una piscina naturale nel Flumendosa. Ci raccontano che è frequentata dagli abitanti del posto; come prova, un trapezio artigianale, testimone silenzioso di tuffi rinfrescanti dopo ore sotto il sole della campagna.
Non è facile arrivare, ma a Ballao la gente è disponibile: ci spiegano con precisione in quale stradina svoltare una volta oltrepassato il ponte e c’è addirittura chi si offre come guida per arrivare sul posto. Il Flumendosa è lì, pronto a raccogliere le nostre storie; il training della creazione (come Grazia chiama il percorso teatrale intorno a cui si snoda Matrilineare) ha inizio. È tempo di espandersi prima delle fasi successive.
Il primo passo è conoscersi, presentarsi guardandosi negli occhi e “danzando” i propri nomi. Voci e movimenti intrecciano nel cerchio un tappeto invisibile, l’ordito che accoglierà storie di famiglie. Una brocca, una sedia e un catino fanno da scenografia; sostenuti da voci e bisbigli, litanie incomprensibili di lettere e sillabe, i racconti hanno inizio. Storie dove il confine tra sogno e realtà si perde, mentre anche l’ultimo raggio di sole svanisce al di là del monte.
È il tempo dell’Andimironnai, il canto ancestrale che come una ninna nanna chiude questa prima sessione. Qualcuna chiede come, quando e dove ebbe origine e Grazia (che con un sorriso si dice “portatrice sana” di questa versione del canto) risponde con tutto ciò che sa. Le è stata insegnata anni fa poco lontano da qui, a Siurgus Donigala, insieme al passo che la accompagna e che ricorda il dondolarsi sul posto per far addormentare i bambini.
Lo spazio del teatro è ufficialmente chiuso, ma mentre si fa sempre più buio, tra un boccone di pane e un bicchiere di vino, i racconti continuano a intrecciarsi. È tardi, è tempo di tornare: famiglie e case ci aspettano a chilometri da Ballao; c’è sempre il viaggio per raccontarsi, mentre i fari della macchina disturbano il sonno di un piccolo gruppo di vacche, al fresco in una piazzola nei pressi di San Basilio.
Il prossimo appuntamento è per lunedì 10 agosto a Pranu mutteddu nel Comune di Goni. Allora per il training della creazione sarà il momento di “fare spazio”.
Morena Deriu
