Siccità in Sardegna, lo studio internazionale: “Smettiamo di bruciare combustibili fossili o succederà sempre più spesso”

di Andrea Tramonte

Il sistema di monitoraggio internazionale classifica la siccità in Sardegna con il D3: parliamo di una condizione estrema che sarebbe identificata ‘solo’ come grave se non fosse per gli effetti dei cambiamenti climatici. In estrema sintesi: abbiamo vissuto e ancora viviamo una situazione di emergenza non solo per la scarsità delle precipitazioni ma anche per l’aumento delle temperature. E se non riusciremo a rallentare il riscaldamento globale le cose non faranno altro che peggiorare, tra siccità ‘sistemica’ e desertificazione, distruzione di biodiversità e danni all’agricoltura. Lo dice uno studio internazionale condotto da World weather attribution sull’Isola e sulla Sicilia, due terre fortemente colpite dall’emergenza idrica. L’organizzazione indaga i legami tra eventi meteorologici estremi e crisi climatica originata dall’uomo e nei giorni scorsi ha diffuso una corposa analisi che certifica quello che era già chiaro, a dispetto di negazionismi climatici vari.

L’emergenza è ancora in corso. Dagli ultimi dati diffusi dall’Autorità di bacino emerge che il livello di acqua nelle dighe si è abbassato ancora, dal 50,2 per cento di luglio al 44,1 per cento fino al 31 agosto: da 915 milioni di metri cubi di acqua a 805. Per inquadrare la situazione lo studio specifica che per definire la siccità non prendiamo in considerazione solo le scarse precipitazioni ma anche l’evapotraspirazione e l’umidità del suolo: più è grave l’indice di evapotraspirazione delle precipitazioni standardizzate – questa la formula – più grave è la siccità. “I cambiamenti nelle precipitazioni sono piccoli e non statisticamente significativi – si legge nello studio -: al contrario, entrambi i valori osservati per l’evapotraspirazione potenziale e la temperatura come osservati quest’anno sarebbero stati quasi impossibili da verificare senza il cambiamento climatico indotto dall’uomo”. Quindi l’allarme: “A meno che il mondo non smetta rapidamente di bruciare combustibili fossili, questi eventi diventeranno ancora più comuni in futuro. In un mondo di 2 gradi più caldo rispetto al periodo preindustriale, cosa che potrebbe accadere già nel 2050 senza grandi e rapide riduzioni delle emissioni di gas serra, siccità come quelle in Sicilia e Sardegna diventeranno più frequenti”. 

Le conseguenze di questa situazione sono state ben visibili in Sardegna negli ultimi mesi. E in alcuni casi drammatiche, per esempio nel campo dell’agricoltura e dell’allevamento, con le difficoltà nell’irrigazione dei campi o nel dissetare gli animali. Ma non solo: “Le siccità prolungate possono portare alla regressione delle foreste, alla perdita di biodiversità e a una maggiore suscettibilità agli incendi boschivi”. E la cosiddetta siccagna dei boschi sardi è diretta conseguenza dell’innalzamento delle temperature e della scarsità delle precipitazioni.

Lo stato delle infrastrutture poi non aiuta e le perdite di acqua – preziosa in condizioni normali e a maggior ragione in situazione di emergenza – continuano a essere significative. “Nel 2022, l’Istat ha rilevato una perdita del 52,8 per cento attraverso il sistema di distribuzione idrica dell’Isola – si legge nello studio -. Inoltre, mentre le fonti d’acqua superficiali soddisfano circa i tre quinti della domanda idrica regionale totale, spesso si riscontrano problemi di qualità dell’acqua, principalmente a causa dell’inquinamento derivante da sistemi fognari inadeguati, impianti di trattamento insufficienti e l’uso eccessivo di nutrienti nell’agricoltura. D’altra parte, le fonti sotterranee, sebbene limitate in quantità, sono cruciali per soddisfare i bisogni locali, ma la loro affidabilità è messa in discussione da un preoccupante fenomeno di salinizzazione delle falde che si è sviluppato negli ultimi anni, complicando ulteriormente la gestione delle risorse idriche dell’Isola”. La conclusione? “Una gestione efficace del rischio di siccità in regioni come la Sardegna e la Sicilia richiede un’attenzione costante alla preparazione e all’adattamento a lungo termine. Investire in infrastrutture resilienti, strategie di conservazione dell’acqua e gestione sostenibile delle risorse è fondamentale per mitigare gli impatti della siccità”.

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