Professioni sanitarie, la riforma non piace: mercoledì educatori in piazza

Educatori e pedagogisti di tutta Italia si preparano a scendere in piazza: mercoledì 15 novembre protesteranno in diverse città italiane, Cagliari compresa, contro il disegno di legge sulle professioni sanitarie presentato dalla ministra alla Salute Beatrice Lorenzin in approvazione in Parlamento. La proposta Lorenzin rischia di penalizzare gli educatori in arrivo dalle facoltà di scienze dell’educazione a vantaggio di quelli laureati in medicina. L’appuntamento cagliaritano è convocato per le 16 di mercoledì davanti alla facoltà di Scienze dell’Educazione di Cagliari, in piazza D’Armi.

La proposta “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute” votata dalla Camera lo scorso 25 ottobre riguarda, appunto, le professioni sanitarie. Il DdL, in attesa di approvazione definitiva, prevede la creazione di un albo di educatori professionali, finora inesistente, accanto a sociologi, Oss e assistenti sociali all’interno dell’area delle professioni socio-sanitarie. Esclusi dall’elenco gli educatori socio-pedagogici laureati nelle facoltà di Scienze dell’educazione con vecchio o nuovo ordinamento, ne farebbero parte solo quelli quelli socio-sanitari che hanno studiato nelle facoltà di Medicina.

“Con questa riforma si farebbe un passo indietro di trent’anni nella cura delle persone che si tratti di scuola, formazione, case di accoglienza, centri per soggetti in difficoltà – sottolinea Pier Paolo Cavagna, pedagogista 39enne di Zuri, che lavora nel settore come libero professionista – perché nel nostro lavoro oggi è impossibile scindere l’aspetto educativo da quello sanitario. Le terapie verrebbero affidate solo al settore sanitario e a noi resterebbe l’occupazione nel doposcuola e nelle attività ludico- ricreative. A farne le spese, ad esempio, le persone con sindrome di down, autismo, disturbi comportamentali dello sviluppo, ritardo cognitivo, o pazienti con tetraplegia, sclerosi multipla e sla, chi ha vissuto traumi cerebrali transitori, o semplicemente gli anziani che hanno bisogno di un sostegno: i servizi educativi e rieducativi verrebbero affidati a specialisti con formazione esclusivamente sanitaria. Nel nuovo ordinamento noi pedagogisti non saremmo più idonei”.

La maggior parte degli educatori sardi lavorano con le cooperative che svolgono i servizi comunali in appalto, sono in pochi a lavorare da liberi professionisti come Cavagna. In Sardegna si parla di circa 15 – 20 mila professionisti formati in scienze dell’educazione, anche se in mancanza di un albo riconosciuto è impossibile sapere il numero preciso. Molti di questi sono occupati grazie ai contributi regionali della Legge 162 per la non autosufficienza, per la quale, nel 2017, sono stati giù impegnati 105.760.000 euro: un settore importante della sanità sarda, cresciuto in maniera costante dal 2000, anno di attuazione della legge. Se la riforma Lorenzin venisse approvata così com’è, gli sbocchi professionali per chi arriva da scienze dell’educazione sarebbero notevolmente limitati rispetto a prima e non potrebbero lavorare nel settore socio-sanitario e in quello sanitario.

L’allarme sulla riforma è stato lanciato da sei associazioni di educatori italiani: Aniped, Anpe, Apel, App, Pedias e Uniped un mese fa hanno scritto alla Ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e ai componenti della commissione del Senato che si occupa di Istruzione pubblica e beni culturali per chiedere la rapida approvazione di un altro disegno di legge, il n. 2443, presentato dalla deputata Pd Vanna Iori, che riconosce due figure professionali, quella di educatore socio-pedagogico e quella di educatore socio-sanitario. Sarebbe questo, secondo le associazioni, l’unico provvedimento utile ed equo per riportare finalmente ordine nella professione degli educatori, “quotidianamente impegnati – si legge nella lettera – in ambiti delicati e decisivi per lo sviluppo umano e civile del Paese”.

(in foto, manifestazione di educatori)

Francesca Mulas

 

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