Gli abitanti di Capoterra, a due passi dall’area insutriale di Macchiareddu, non sanno che aria respirano. Eppure i dati dovrebbero essere noti da almeno quattro anni, da quando cioè l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpas) impose al Tecnocasic, proprietario degli impianti di smaltimento rifiuti dell’area industriale, l’installazione di due centraline per il monitoraggio degli inquinanti. Un tema strettamente attuale, visto che il Cacip, il Consorzio industriale dell’area vasta cagliaritana e proprietario del Tecnocasic, ha appena presentato il progetto per la costruzione di un secondo megaimpianto a Uta, con un investimento di 10 milioni di euro. Sarebbe però forse utile conoscere i dati sulla qualità dell’aria, prima di puntare su una nuova discarica.
Sulla vicenda, parlare di considerevole ritardo pare un eufemismo. Anche perché la posa delle due centraline non è certo un intervento facoltativo, ma un vero e proprio obbligo imposto dalla provincia di Cagliari (membro del Cacip) al Tecnocasic con l’autorizzazione ambientale del novembre 2010. Più che di considerevole ritardo, dunque, i quasi cinque anni trascorsi senza centraline sanno di obbligo non rispettato. Sull’installazione delle due centraline avrebbe dovuto vigilare il dipartimento cagliaritano dell’Arpas, ma in viale Ciusa ignorano il problema. E almeno dal 2011 non fanno controlli ispettivi sulle emissioni sprigionate dall’inceneritore, ma “solo verifiche sui dati delle analisi condotte dal gestore dell’impianto”, rivela il neo-direttore del dipartimento Massimo Secci, in precedenza responsabile del Servizio controlli e attività di campo presso le strutture di Cagliari e Carbonia-Iglesias. E questo nonostante l’agenzia debba visitare il Tecnocasic in loco almeno due volte durante i cinque anni della validità dell’Aia, apposta per effettuare i campionamenti delle emissioni in atmosfera, si legge a pagina 68 dei documenti autorizzativi.
I documenti, dal canto loro, parlano chiaro: “Entro nove mesi dal rilascio dell’autorizzazione dovrà essere adottato, a carico del Gestore, un sistema di monitoraggio in continuo delle ricadute al suolo di inquinanti specifici, costituito da due centraline fisse da ubicarsi in territorio di Capoterra e precisamente una all’interno del recinto del campo di rugby ed un’altra nel cortile delle scuole elementari della Maddalena Spiaggia”. La gara per la fornitura delle due cabine viene però bandita dal Tecnocasic solo a maggio del 2012 ovvero nove mesi dopo la scadenza dei termini imposti. Valore dell’appalto, compresi gli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso d’asta: 450mila euro più Iva. A gennaio 2013, si aggiudica i lavori con un’offerta di 408.270 euro (iva esclusa) la Project Automation di Monza, ex Philips Automation, da tempo radicata in Sardegna proprio nel settore del monitoraggio ambientale e del controllo della viabilità con commesse milionarie.
La vicenda merita, però, di essere seguita anche su un altro versante, quello delle autorizzazioni di competenza del comune di Capoterra.
Ancora prima di bandire la gara, a marzo del 2012, Tecnocasic chiede al comune i permessi per l’installazione delle due centraline. Il via libera del consiglio comunale arriva solo a gennaio 2014. Arrivati a questo punto l’iter dovrebbe essere in discesa. Ma non è così: la direzione della scuola di via Serpentara chiede che la centralina non venga ubicata all’interno del cortile di pertinenza, “per una migliore utilizzazione degli spazi ai fini dell’attività ricreativa dei bambini”, si legge nella delibera di giunta del luglio 2014.
La richiesta viene infine accolta dal consiglio comunale a novembre 2014. “Da allora tutto è stato demandato agli uffici tecnici del comune, spiega Francesco Dessì, sindaco Pd di Capoterra e vicepresidente del Cacip. Posto di fronte alla domanda di rito – “quali le cause del ritardo?” – il sindaco risponde così: “Mi pare di ricordare che il Tecnocasic abbia avuto problemi con l’impresa incaricata di svolgere i lavori. In effetti – aggiunge il sindaco -, avrebbero dovuto montare le centraline entro fine 2014, inizio 2015”. Pur sempre con tre anni e mezzo di ritardo.
Esclude categoricamente che ci siano stati problemi con la Project Automation il direttore del Tecnocasic Oscar Serci, che dichiara: “Il contratto è stato firmato e sottoscritto subito dopo il ritiro della concessione edilizia, rilasciata dal comune a fine maggio 2015 e dopo la chiusura delle normali verifiche antimafia da parte della Prefettura e il completamento degli altri adempimenti di routine”. Serci aggiunge, poi, che da luglio la ditta ha tre mesi di tempo, novanta giorni, per completare fornitura e installazione. In ogni caso, visti i problemi incontrati dall’intervento, la provincia ci ha concesso una proroga sui tempi dell’Aia che il Tecnocasic ha chiesto e ottenuto a marzo 2014″.
Lecito domandarsi se nel giro di poco Capoterra avrà le sue centraline. La ditta vincitrice dell’appalto conferma che “il progetto è in progress, prossimamente ci saranno sviluppi concreti”. Ma precisa che “i tempi necessari saranno leggermente superiori ai tre mesi, anche perché c’è un iter aggiuntivo legato alle autorizzazioni paesaggistiche. E c’è anche il subappalto a una ditta locale che richiede l’attivazione delle verifiche di rito, solo quando verremo messi nella condizione di lavorare partiremo”.
Resta il fatto che l’autorizzazione integrata ambientale dovrà essere rinnovata a novembre di quest’anno, perché scade dopo cinque anni cinque. Ovvero tra poco meno di tre mesi.
Piero Loi
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