Quando la Sardegna si cucì addosso lo scudetto dell’orgoglio

Matteo Sau

di Matteo Sau

“E poi Gori, dopo un paio di finte, è entrato in area e ha tirato con tutta la forza che aveva. Cagliari-Bari due a zero. Mancavano due minuti e a quel punto abbiamo capito che era fatta. Eravamo i campioni d’Italia”. Questo è il racconto sentito da padri, nonni, zii o semplicemente testimoni oculari dell’epoca, chi nel 1970 chi era troppo piccolo oppure nemmeno era nato. Un racconto che col passare degli anni diventa mito e si cuce addosso l’unicità di qualcosa che va oltre l’aspetto puramente calcistico.

Era il 12 aprile, una domenica entrata nella storia di una città e di una regione che proprio in quegli anni soffriva, in maniera molto più netta rispetto a ora, l’essere il posto in cui mandavano la gente per punizione. “Ti mando in Sardegna” era una frase che si sentiva ripetere nei film come minaccia. L’Italia calcistica parlava del Cagliari e di Cagliari, rappresentata prima di tutto dal suo eroe, Gigi Riva che nell’Isola è arrivato da ragazzo con mille dubbi prima di amarla e saperla rappresentare come un gigante.

Gigi Riva con la maglia del Cagliari in una foto d’archivio. ANSA

Assieme a lui altri ragazzi con l’aspetto da uomini, guidati da un allenatore che ha saputo trovare l’equilibrio giusto tra severità e paternità. Il Cagliari lasciò alle sue spalle le corazzate del nord, squadre blasonate di regioni ricche che sino ad allora avevano quasi sempre avuto il diritto alla vittoria. Ma quell’anno no. Anche il sud può avere il tricolore, anche il sud è l’Italia del calcio. Quello che successe la domenica non ha bisogno di ripasso: Riva, Gori, triplice fischio, invasione di campo e gioia. Quello che ha lasciato, però, merita di essere raccontato perché è una delle radici dell’orgoglio sardo quello che vale doppio.

Cinquantadue anni fa sembrava fosse iniziato un sogno, forse è durato troppo poco ma per questo così intenso. Auguri allo scudetto, auguri a tutti i sardi che se lo sentono ancora cucito nel petto e auguri a un ricordo che ci piace ricordare senza farci sentire più vecchi, ma solo più orgogliosi.

Di lì a pochi mesi, una buona parte della squadra partì in Messico per i mondiali dove si giocò Italia-Germania 4-3, ma quella è un’altra storia, una storia di tutti. Lo scudetto è una storia di mare.

Matteo Sau

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