La storia di Gabriele Murgia, asso nazionale dell’hockey costretto al doppio lavoro, è sintomatica di come non tutto lo sport che conosciamo fornisce un sostegno economico adatto alla vita di tutti i giorni. In parole povere: con l’hockey non si mangia. Nonostante ciò, Gabriele Murgia continua a segnare e a far sperare i tifosi dell’Amsicora, campione d’Italia in carica. E lo fa anche contro l’Hockey Club Suelli di cui è presidente Luca Pisano, che prende al balzo le parole di Murgia per spiegare qual è la situazione attuale in Italia.
“L’hockey in Italia è uno sport dilettantistico e ovviamente non dà la possilità di guadagnare miliardi come capita nel calcio. Uno fa hockey per passione – dice Pisano, già vicepresidente della Federazione italiana hockey – e si arricchisce di questa passione giocando nella nazionale italiana e fregiandosi di titoli nazionali, o solo di soddisfazioni personali. Chi vive di questo sport in Italia sono i ragazzi che provengono dai paesi più disagiati, come ad esempio gli africani. Diverso è il discorso a livello di altri paesi come la Germania, l’Olanda, l’Inghilterra o la Spagna dove i giocatori di hockey riescono in qualche modo a vivere realmente di questo sport. Questo non significa che un giocatore italiano che va in quei paesi venga trattato da superstar. Viene trattato in base al livello dell’hockey in Italia che, come detto, è dilettantistico. Quindi il discorso non cambierebbe poi di molto”.
Uno sport come l’hockey quindi deve essere concepito per passione più che per motivi economici. Per far ciò occorre anche cambiare la cultura vigente in Italia secondo Pisano: “L’hockey ha più che altro una funzione sociale. Bisogna lavorare con le famiglie e far capire loro come non tutti possono tirare fuori grandi calciatori o grandi cestisti. Possono però sfornare giocatori di hockey che possono vincere titoli, possono giocare con la nazionale e possono girare il mondo. Sono soddisfazioni personali che un calciatore che parte con l’auspicio di giocare in serie A e poi a 30 anni finisce a giocare nei tornei di calcetto amatoriale non può vivere. Credo sia importante, per questo, spostare l’attenzione del movimento nei piccoli centri. Io, come presidente dell’Hockey Club Suelli, vedo molto bene questa situazione in un paese di quasi 1200 abitanti dove questo sport sta prendendo piede e sta appassionando le persone”.
In conclusione il vicepresidente della federazione italiana ci tiene a sottolineare una piccola anomalia tutta sarda: “A livello nazionale ovviamente non abbiamo il supporto economico e comunicativo di altri sport, come il basket, il rugby o la pallavolo. Però quello che ritengo più grave è che in una regione con la Sardegna che vanta ben quattro squadre nel massimo campionato (Suelli, Amsicora, Cus Cagliari, Ferrini) e che si vanta di essere la regione più medagliata d’Italia, manchi un interesse da parte dei media. È una cosa che non si nota in nessun altro sport, visto che ciascuna regione valorizza quello che gli porta maggiori benefici. E l’hockey, che è lo sport sardo più medagliato, ha una bassissima considerazione in relazione al ritorno d’immagine e di soddisfazioni che consente all’isola”.
Simone Spada