Pierluigi Cera ricorda il Cagliari dello scudetto: “Arrivai controvoglia, ma poi…”

“Giocare al Cagliari era un orgoglio, non un peso. Eravamo professionisti, non mercenari. Il calore, l’enorme affetto il giorno della partita. A mezzogiorno lo stadio era già pieno, ed era un tifo civile. Non come a Milano e a Torino, dove ci accoglievano a pietrate sul pullman e per tutta la partita ci urlavano banditi e pecorai”. Pierluigi Cera ha ancora un bel ricordo di Cagliari, del Cagliari e dei sardi. Nell’intervista che Gianni Mura gli dedica nel paginone centrale de La Repubblica di oggi, l’ex libero dello scudetto racconta, critica, precisa. Lo fa con grande spirito di condivisione, anche sugli anni dell’infanzia, quando racconta come il padre non approvasse la sua passione per il calcio. Libero a suo modo, ispiratore della futura generazione di questo ruolo, ebbe modo di veder sfumare il passaggio alla Juventus, la grande Juventus, perché senza un diploma non sarebbe potuto andare da nessuna parte. Ma Cera è bravo, viene seguito da mezza serie A, il calcio allora non è ancora un business, i padri sono all’antica ed anche una espulsione può gettar discredito sul cognome. Lo salva il vicepreside della sua scuola, e da lì inizia una nuova storia targata 1964: l’approdo in Sardegna.

“A Cagliari ci andai controvoglia. Allora faceva due gare consecutive in casa e due in trasferta. Era come star sempre in ritiro. Io in Veneto avevo la famiglia, la morosa. Speravo di finire più vicino a Verona. Per il resto, in Sardegna c’è bella gente, discreta, che non rompe le scatole, un po’ sulle sue ma quando decide di aprirsi ti dà tutto. Io che non ci volevo andare sono felice di aver fatto qualcosa per quell’isola, e non è un caso se otto del gruppo-scudetto sono rimasti a vivere a Cagliari a fine carriera”.

Tiene i pensieri fissi sull’anno d’oro, il 1970, sullo scudetto e il mondiale e Scopigno. “Era un grande. In anticipo sui tempi: non sopportava i ritiri. Capiva di calcio e di calciatori. Dava fiducia. Non urlava, anzi bisbigliava, ma sapeva farsi rispettare. È vero che ci allenavamo poco, rispetto agli squadroni del nord, ma si teneva conto del clima di Cagliari. Scopigno preparava bene la partita e poi diceva: se qualcosa non funziona, vedete un po’ voi. Ma questo lo facevano tantissimi allenatori, tutti quelli che non si prendevano per Dio in terra. Fiducia è la parola chiave”. Scopa, come lo chiamavano i suoi giocatori, sapeva quando il pugno doveva esser piuma e quando ferro. Tanti sono stati gli scontri con i suoi uomini, tanti quelli con arbitri e segnalinee. Cinque mesi di squalifica per una battuta volgare oggi sarebbero da interrogazione parlamentare. O più che altro da fantascienza in un calcio che abbuona tutto, anche un caloroso vaffa.

Poi il giocattolo si rompe. Cera e il Cagliari si dividono nel 1973 quando gli Arrica decidono di vendere il mediano di Legnago al Cesena. Nel capoluogo romagnolo chiude la carriera e lavora come dirigente della società fino al 2000. Sul petto ha scolpito lo scudetto col Cagliari e i mondiali del ’70 in Messico. Ma quando gli si parla di Italia-Germania dissente dai toni entusiastici di tifosi, esperti e giornalisti: “Quando sento che il 4-3 coi tedeschi è stato votato miglior partita del secolo, penso che siamo messi proprio male. Una partitaccia. Migliori supplementari, al massimo”. E sul Brasile di Pelè, su quella finale mondiale che sino all’1-1 fece sognare un paese intero, ha modo di dire la verità: “Era il Brasile più forte di tutti i tempi. Col Brasile, non sono stati i supplementari con la Germania ad appesantirci. Ridicolo affermarlo, abbiamo avuto cinque giorni per recuperare. Il modo di giocare, semmai, favoriva i brasiliani. A differenza di noi spendevano meno energie. Sull’1-1 era scritto che chi segnava il 2-1 avrebbe vinto. Mi spiace solo che il 2-1 fosse evitabile, considero eccessivo il 4-1 ma loro erano i più forti”.

Simone Spada

 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share