Penultimo giorno di ritiro del Cagliari in Val d’Aosta, domani si va a Modena per la terza amichevole, poi qualche giorno di libertà e si torna ad Assemini per la fase finale. L’allenatore Davide Nicola, finora molto parco con le interviste, si è concesso (e ha concesso) una conferenza stampa sulle condizioni dei giocatori dopo venti giorni di lavoro, prima al Crai Sport Center di Assemini e poi a Chatillon. Si dimostra soddisfatto e non manca di ricordare che ci vorrà un po’ di tempo per raggiungere gli obiettivi prefissati, soprattutto sotto l’aspetto tecnico-tattico.
«Stiamo proseguendo con i punti che abbiamo previsto per la programmazione della seconda parte di questo ritiro – attacca il mister rossoblù -, dove abbiamo inserito Obert, Lapadula, Marin e Sherri, con noi a lavori già avviati. Questo è il momento dello studio e dei test della preparazione. Io e miei collaboratori i giocatori li conosciamo per averli avuti da avversari o per averli incontrati. Nel caso di Lapadula non è un giocatore da scoprire però quando li alleni ti rendi conto di aree di miglioramento ulteriori, punti di forza e caratteristiche peculiari, sia di carattere sia di scoprire quei movimenti che sono solo loro e che possono costituire una risorsa per l’intera squadra e che di conseguenza ci permette di organizzarci».
Da Assemini a Chatillon, quali miglioramenti ha visto Nicola nei suoi ragazzi? «Sicuramente ci son stati dieci giorni di lavoro in più, sia dal punto di vista fisico, tecnico-tattico, psicologico e della conoscenza relazionale e dei principi e dell’organizzazione di gioco che vogliamo
proporre. Dieci giorni in più di lavoro fanno la differenza. In tutti ho visto la stessa voglia e la stessa determinazione di costruire un progetto nuovo con un’idea nuova che ci possa permettere di esprimere al massimo le nostre qualità. Ovviamente non bastano 22 giorni di lavoro, è un processo che deve durare dei mesi. Vedo che la squadra sta rispondendo, che ha voglia di interpretare la fase di non possesso in maniera aggressiva. Ovviamente ci si prende dei rischi in funzione dell’organizzazione che stiamo cercando di dare, ma vanno anche soppesati i vantaggi che può portare la mentalità di un singolo giocatore e dell’intera squadra. Ora abbiamo bisogno solo di ripetere, ripetere e ripetere ma senza annoiare i giocatori durante gli allenamenti, con alcune piccole variazioni. Vedo una squadra che non si risparmia».
Inevitabile parlare di mercato. «Le idee chiare ci sono sempre, si può fare sempre un bilancio. Tutti i giocatori presenti hanno dimostrato la voglia di far parte di questo progetto, alcuni giocatori sono già andati via. Per ogni giocatore che va via, serve che arrivi qualcuno: se va via Radunovic, serve che arrivi un portiere che ci permetta di svolgere al meglio quello che è il nostro lavoro. Siamo in continuo contatto con la società, serve un portiere con determinate caratteristiche ma non faccio nomi. Nel momento in cui arriverà il portiere vedremo che status ha, ma per ora sono contento di chi sta interpretando il ruolo in questo momento. Per il resto avremo Mina solo ad agosto inoltrato, vista anche la squalifica in campionato. È un giocatore di grossa personalità: l ‘ho sentito al telefono, mi ha fatto un’ottima impressione, ma avrà bisogno di tempo e preparazione perché ha una certa struttura e gli serve continuità di lavoro. «Stiamo valutando due elementi (Wieteska e Hatzidyacos, ndc) che l’anno scorso non hanno avuto continuità per diversi motivi: per me l’interpretazione difensiva di quel ruolo è
importante, perché dà coraggio a tutta la squadra. Se so di avere un difensore che se la sbriga nell’uno contro uno senza arretrare altri elementi, il mio pressing diventa più efficace. Per me è importante che loro finiscano questo periodo con noi, in cui verranno valutati ulteriormente poi
faremo delle tranquille analisi. Veroli è un giocatore di prospettiva importante, ha bisogno di completare ulteriormente la sua maturazione».
Dalla difesa al centrocampo. «Io preferisco giocatori che sappiano giocare a calcio – precisa Davide Nicola -, a prescindere dalla tecnica: a me interessa costruire una squadra che sappia cosa deve fare. Stiamo lavorando molto sulla capacità di creare gioco palla a terra, ma dal portiere la palla si può anche alzare e si liberano più velocemente gli spazi. Attaccare la profondità porta a finalizzare, ma nel momento in cui lo fai c’è un momento di transizione per la preparazione alla nuova ondata offensiva o difensiva in base a ciò che fa l’avversario. A me non piace che la palla rimanga ferma, così come non dobbiamo restare a guardare l’avversario quando recupera la palla Abbiamo elementi di qualità come Marin o Prati, come Makoumbou: da lui però voglio molti più inserimenti e la capacità di arrivare al tiro con costanza. Sono tutti allo stesso livello di preaparazione, nel caso di Prati credo che la sua area di miglioramento sia solo nella fase di non possesso, perché nella fase di sviluppo è un giocatore molto intelligente».
Come giocherà il Cagliari di Nicola? Da lui una lezione di geometria calcistica: «Meccanizzare è una parola che non mi piace moltissimo. Noi sviluppiamo un tipo di gioco che di fatto riconosce una relazione geometrica. Questa relazione geometrica, se è statica, è una relazione facile da leggere per l’avversario e quindi deve diventare dinamica. È chiaro che ogni partita di allenamento può presentare in questo momento delle difficoltà diverse o perché incontri una squadra più qualitativa o perché incontri una squadra che ti toglie gli spazi e quindi ti rallenta il gioco. Ogni squadra porta la possibilità di apprendere determinate cose. Noi abbiamo finora incontrato Como e Catanzaro che giocano con la difesa a quattro. Questo per me è importantissimo perché nel macro gruppo della Serie A ci sono molte squadre che giocano a tre e alcune squadre che giocano a quattro. Ma per come giochiamo noi, invece, è importante incontrare questo tipo di squadre perché ci costringono a passare da una difesa a tre a una difesa a quattro. Per essere pronti a farlo devi incontrare queste squadre. Noi stiamo costruendo una nuova identità e una nuova idea, ma già dal breve periodo. Vedo già dalla costruzione del portiere avversario la voglia di ‘rompere le scatole’, accettando delle richieste di uno contro uno e questo per me è importantissimo. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di imparare dinamiche di gioco che portino ad avere fluidità e velocità per sorprendere gli avversari».
Luciano Onnis
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