Ci sono giorni che non invecchiano mai, che restano impressi nella memoria collettiva come simboli indelebili di orgoglio, riscatto e identità. Uno di questi è senza dubbio il 12 aprile 1970. Cinquantacinque anni fa, il Cagliari conquistava il suo primo – e finora unico – scudetto, un’impresa che trasformò una squadra di uomini in leggende, e un’intera isola in protagonista assoluta del calcio italiano.
Quel giorno, lo stadio Amsicora era un braciere di emozioni. Non c’era un posto libero, e chi non trovò spazio sugli spalti si arrampicò su ogni superficie disponibile pur di esserci: “Chi non riuscì a entrare si arrampicò ovunque: sui lampioni, sugli alberi, perfino sui tetti delle case vicine”, ricorda il Cagliari in un comunicato diffuso per celebrare l’anniversario. La Sardegna tratteneva il fiato, unita in un’unica, potente attesa.
Il Cagliari di Manlio Scopigno, il tecnico-filosofo, era una squadra forgiata dal carattere e dall’appartenenza. A guidarla in campo c’era Gigi Riva, “Rombo di Tuono”, simbolo di un calcio d’altri tempi, l’uomo che disse no ai grandi club del nord per restare fedele a Cagliari. Fu proprio lui ad aprire le danze nella partita decisiva contro il Bari, seguita dal raddoppio di Gori. Era fatta. Lo scudetto era rossoblù.
“Non ci furono tentennamenti”, scrive ancora la società. “Il Cagliari era Campione d’Italia con due giornate d’anticipo”. Ma quella vittoria andava ben oltre il calcio. “Quel giorno la Sardegna intera alzò la testa definitivamente”, ricorda ancora il club. “Non era soltanto un trofeo sportivo, era un riscatto collettivo, una vittoria che sapeva di dignità”. Cinquantacinque anni dopo, il ricordo è ancora vivo, nitido, pieno di emozione. Per il Cagliari e per tutti i sardi, il 12 aprile non è solo una data. È una pietra miliare. “Auguri, Scudetto!”.