Euro 2024, l’ex ct dell’Italia Prandelli: “Questa Nazionale ha forza morale e idee”

È l’ultimo ct ad aver portato l’Italia alla fase finale dei Mondiali, quello che all’Europeo del 2012 si è arreso soltanto alla Spagna, «molto diversa rispetto a quella di oggi». Cesare Prandelli, ct azzurro dal 2010, dopo l’addio alla Fiorentina, fino al 2014, dopo le dimissioni volontarie successive all’eliminazione dal Mondiale in Brasile, dopo aver visto la gara d’esordio con l’Albania non ha dubbi: «Questa Nazionale ha forza morale e idee. Ho scoperto un’Italia solida, compatta. È stato un buon inizio: lo scatto d’orgoglio che ha preso il sopravvento, nonostante l’errore iniziale, deve essere il motore trainante».

Sì, è vero: pochi, fin qui, sono pronti a scommetterci su, ma Prandelli sa bene quali possono essere le sfide da accettare. Racconta dell’intelligenza tattica di Jorginho, della crescita esponenziale di Barella, della capacità di costruire gioco di Scamacca – «Quando crei occasioni, prima o dopo, le concretizzi» -, fino ad arrivare al possibile asso nella manica, «il gioco verticale di Frattesi». È un’Italia che merita, insomma.

Cesare Prandelli, la reazione dell’Italia è il primo “plus” su cui fondare la rinascita della Nazionale?

«Quando le squadre hanno una convinzione forte di quello che stanno facendo, la reazione c’è sempre. L’Italia lo ha dimostrato. Sabato sera, si è vista subito la voglia di andare a riprendersi la scena. In campo, non si è fermato nessuno: c’era la fame giusta. I movimenti hanno confermato la forte voglia di vincere. È stata una partita dominata».

Per quanto creato, il risultato, però, avrebbe dovuto essere molto più rotondo.

«Già costruire azioni è un ottimo punto di partenza. Se ne fai di nitide, come quelle viste con l’Albania, prima o dopo il gol arriva. Significa che ci sono le idee per sviluppare il gioco: buttare dentro il pallone è una conseguenza».

Secondo lei, è ancora un’Italia troppo lenta?

«Quando cerchi di replicare le azioni che provi in allenamento, capita di pensare un attimo di più. Ma è questione di abitudine: col passare del tempo, questi movimenti verranno naturali. Credo che il prossimo step debba essere quello di valutare l’Italia contro un avversario che vuole dominare il gioco. In questo modo si potrà capire che tipo di “braccio di ferro” si svilupperà e se, psicologicamente, saremo pronti ad accettare questa sfida. La gara contro la Spagna, giovedì, farà da termometro».

In che senso?

«È la partita chiave per capire che strada stiamo percorrendo. Se non accetteremo il possesso palla delle Furie rosse e proveremo a dettare il ritmo noi, significa che siamo profondamente convinti di quello che stiamo facendo. Altrimenti, bisognerà trovare equilibrio in altra maniera».

La Spagna è tra le favorite?

«Secondo me è una Nazionale interessante, ma in prospettiva. Ha 2-3 giocatori giovanissimi straordinari per qualità tecnica, personalità e capacità di saltare l’uomo, come Lamine Yamal. Ma non so se alla selezione di De la Fuente possano bastare entusiasmo e giovane età. Contro la Croazia hanno mostrato di avere una qualità tecnica pazzesca: c’è chi salta l’uomo e chi attacca gli spazi. C’è più qualità sulle corsie esterne, ma meno collettività».

L’Italia, invece, pur da campione in carica, sembra partire di rincorsa.

«Tante volte le squadre migliori nascono così: vengono considerate con poco talento e a quel punto a fare la differenza ci pensano carattere, personalità, determinazione, orgoglio di far vedere la versione migliore di sé. È la ricetta migliore per sopperire al talento».

Spalletti ha puntato molto sull’aspetto emozionale, specie parlando di “giganti ed eroi”. È la strategia giusta?

«Se gli altri ci considerano una squadra con poco talento, dobbiamo dimostrare di avere qualità che gli altri non hanno. Ecco che continuità, caparbietà e voglia di fare una corsa in più per aiutare il compagno diventano decisive. Sono fattori che uniscono un gruppo che punta a sorprendere. Spalletti, poi, ha dimostrato di avere grandi capacità comunicative».

Jorginho resta sempre il “fosforo” di questa Italia?

«È sempre stato un giocatore capace di dare il tempo. Lo fa per raccordare la manovra, per avviarla, per dare equilibrio o anche per accorciare. È un elemento di straordinaria intelligenza tattica. Ma non è il solo. Il Barella visto con l’Albania è maturo, può ricoprire diversi ruoli e, soprattutto, ha una spiccata personalità. A me è piaciuto molto Frattesi, l’unico centrocampista di questa Italia che attacca la profondità senza palla come pochi. È l’uomo che ha costruito più occasioni da gol per gli azzurri».

E Chiesa?

«L’ho visto in ripresa, con tanta voglia di andare a cercare l’uno contro uno, che poi è la sua qualità migliore, senza necessità di andare in giro per il campo».

Chi è per lei il favorito in questo Europeo?

«La Francia è la squadra da battere e non solo per Mbappé. Credo tuttavia che le Nazionali stiano perdendo le loro caratteristiche: questo è un calcio sempre più globalizzato. Cosa intendo? Che è più facile da leggere e meno da prevedere». 

Francesca Bandinelli

Speciale Europei 2024

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