Il colpo di coda del Portogallo, salvato da un super Diogo Costa, capace di parare tre rigori e di cancellare il peso dell’errore dal dischetto della stella, Cristiano Ronaldo, è l’altra faccia della medaglia. Sì, perché in questo Europeo di Germania, sono diverse le big che sono state costrette a leccarsi le ferite.
Il valzer
Lo ha fatto l’Italia, selezione campione in carica, eliminata da una Svizzera capace di rovesciare ogni prospettiva ed evidenziare tutte le criticità possibili. Ma non è solo il ct azzurro a dover fare autocritica, puntando a una immediata ricostruzione di un nuovo ciclo. La Croazia di Modric è rimasta prigioniera del gol di Zaccagni a sette secondi dalla fine della gara, con l’ira di Dalic, a fine partita, a farla da padrone per via del maxi recupero costato agli slavi l’eliminazione. Non è andata meglio alla Serbia di Vlahovic e Jovic: il reparto offensivo della selezione dei Balcani, non ha funzionato. Il milanista, se non altro, ha permesso ai suoi di riacciuffare (in pieno recupero) il pareggio contro la Slovenia ma, di fatto, è stato l’unico gol realizzato dalla sua Nazionale. Troppo poco per chi punta ad accendersi i riflettori addosso e si era presentato ai nastri di partenza con tutt’altra ambizione. C’è poi il Belgio di Romelu Lukaku, conteso sul mercato italiano da Milan e Napoli, ma incapace di raddrizzare un Europeo da dimenticare per la sua selezione. Domenico Tedesco ha cercato di buttare acqua sul fuoco, rimarcando le sue qualità di leader indiscusso, ma sul banco degli imputati, in patria, c’è finito pure Big-Rom. Tocca a lui, adesso, mostrare ai compagni la via d’uscita per sancire il Rinascimento dei Diavoli Rossi.
La beffa
L’Ucraina, ultima squadra ad essersi qualificata per l’Europeo di Germania, è stata tra le prime rifare la valigia, nonostante i 4 punti sommati nel girone proprio come tutte le altre squadre (Romania, Belgio e Slovacchia). C’era una generazione d’oro di talenti, capaci di approdare, tre anni fa, addirittura ai quarti di finale, poi però la guerra ha rovesciato tutto, peggio di uno tsunami. Sì, perché, in questi lunghissimi mesi di conflitto, la Nazionale si è ritrovato, quando possibile, in Polonia, e pure le squadre più blasonate come lo Shakhtar, di fatto, non hanno più una sede. C’è chi si è spostato, ma anche chi ha cessato di esistere. Tutti quanti, d’ora in avanti, dovranno provare a rinascere, qualcuno dalle sue stesse ceneri.