Dinamo, “Il sogno è in un cassetto ma a portata di mano”. L’intervista al presidente Sardara

La vittoria contro Siena ha messo le ali a una città intera. Se prima lo si diceva sotto voce, ora i tifosi sassaresi lo urlano a chiare lettere: si può puntare allo scudetto. Non capita tutti i giorni di dare 30 punti alla squadra più titolata degli ultimi sei anni. Probabilmente non ricapiterà più, ma è servito per dare un senso della concretezza di una squadra che solo una settimana prima era caduta (malamente) a Caserta. Abbiamo incontrato il presidente della Dinamo Sassari, Stefano Sardara, per parlare di questa squadra che è ormai un fenomeno consolidato del basket italiano.

Siamo al giro di boa e la Dinamo è seconda a giocarsi un posto tra le grandi. Si aspettava un nuovo exploit come questo? Quali erano le sue sensazioni a settembre/ottobre?

“Ci speravo sicuramente, forse più che altro ci credevo e ci credevamo tutti. Questo è un gruppo su cui abbiamo puntato e in cui riponiamo grande fiducia. Per filosofia non facciamo mai proclami, ragioniamo per traguardi ed obiettivi senza voli pindarici ma appoggiandoci alla consapevolezza di ciò che siamo ed al lavoro sul campo e dietro le scrivanie. Ci speravo e ci credevo come del resto a settembre-ottobre, quando dopo l’estate è ripartita la nostra avventura in serie A: step by step, gara dopo gara… Con la scatola dei sogni ben custodita in un cassetto ma a portata di mano”.

A parte qualche passaggio a vuoto, dimostrato recentemente con la trasferta a Caserta, Sassari ha dimostrato di sapersela giocare con chiunque. In particolare con Varese. Qual è la forbice tra le due squadre secondo lei? Quali i punti che la Dinamo deve mettere a posto per raggiungere il livello della capolista?

“Una stagione è fatta di un girone di andata e di un girone di ritorno. Poi, eventualmente, ci si gioca tutto nei playoff, ma a prescindere dal numero di gare da affrontare e dall’indubbia difficoltà di ognuna di esse, i conti si fanno anche con gli avversari. La Dinamo punta a vincere, contro qualunque avversario ed in qualunque campo. Poi non sempre si riesce a giocare al top, la sconfitta dispiace ma fa parte del gioco. Noi puntiamo a giocarcela con tutti, vogliamo giocare la nostra pallacanestro e proviamo a farlo al meglio”.

Un bilancio dell’Eurocup. Al di là degli scontri sul parquet, quali sono stati i tratti distintivi di questa competizione? Ha un aneddoto da condividere in merito?

“I vertici Eurocup sono rimasti piacevolmente impressionati dalla Dinamo, tanto che a fine regular season ci hanno detto di tenere tutto il materiale perché ci aspettano per il prossimo anno. Un attestato di stima, un arrivederci che rende merito a quanto fatto dalla squadra in Europa. Abbiamo voluto fortemente l’Eurocup, abbiamo fatto grandi sacrifici per viverla al top, ci siamo confrontati con realtà importanti della pallacanestro internazionale, indimenticabile la prima vittoria con Siviglia, straordinaria la doppia sfida con la Stella Rossa Belgrado. Per la prima volta nella storia una formazione sarda ha calcato il palcoscenico d’Europa, un palcoscenico tosto dove spesso ti trovi ad affrontare dei giganti. È stato un onore rappresentare la Sardegna, è stato bello esserci, il bilancio è positivo e chiaramente speriamo in futuro di avere un’altra chance”.

Un punto sulla società: giusto tre anni fa era ad un passo dal baratro. Ora la situazione sembra essere ben cambiata. Quali sono state le strategie da voi operate e a cosa o chi dovete dire “grazie” per la salute di cui la Dinamo gode oggi?

“Il presente dice che la Dinamo guarda al futuro. Lavoriamo proprio per dare sicurezza al progetto ed un domani a questa realtà. La Dinamo è un patrimonio comune, un vero e proprio simbolo per la città e l’Isola, simbolo dal grande appeal che riesce a catalizzare l’attenzione, a dare emozioni a unire, promuovere, rendere unico e ficcante il messaggio. Diciamo grazie al nostro grande pubblico, ai nostri abbonati, a tutti coloro che ci sostengono e seguono la squadra. Grazie alle Istituzioni che ci sono vicine, grazie agli sponsor che ci accompagnano in questo viaggio. Un viaggio affascinante in cui sappiamo di non essere da soli, e questo ci dà la forza per andare avanti”.

Il basket, grazie alla vostra gestione, ha saputo abbattere le barriere tra Sassari e Cagliari. Sempre più tifosi del “sud” si avvicinano alla Dinamo, la tifano con convinzione e la sostengono anche fuori dall’isola. Come è stato possibile? Quali sono state le operazioni compiute dalla società?

“Il concetto è uno dei cardini su cui poggia il progetto: la Dinamo è nata a Sassari ma è la squadra di tutta la Sardegna. Settimana dopo settimana sono tanti i tifosi che da ogni parte dell’Isola raggiungono il PalaSerradimigni. Ma, ancora più significativo, è l’abbraccio che la gente regala alla squadra ogni volta che si sposta dalla città di Sassari per prendere parte ad iniziative o partecipare a tornei ed eventi che promuovono il basket, certo, ma ancora di più rendono la Dinamo un bene comune e condiviso”.

Il basket a volte è come il calcio: andato via un fenomeno, si crede non ne arriveranno altri di ugual levatura (se non superiori). Invece dopo White è arrivato Hosley, quindi l’attuale Thornton. Quanto è importante trovare il giocatore giusto per il progetto pensato con l’allenatore? Pensiamo ad esempio al fatto che l’anno scorso foste costretti a cambiare ben tre pivot (Benson, Hunter fino a Easley) e questo mandò un pò in difficoltà la squadra.

“Ogni operazione di mercato è chiaramente fatta per incastrarsi al top sul puzzle squadra disegnato da coach Meo Sacchetti. Occorrono doti tecniche e qualità umane, occorrono giocatori e grandi uomini. La Dinamo naviga sulla rotta della continuità e conta sulla coesione del sul gruppo, su un nucleo ormai storico e riconfermato che dal nostro tecnico sino al capitano passando per l’intera pattuglia italiana ed il terzetto americano composto dai cugini Diener e Easley rappresenta la forza del team ed il supporto ideale per l’inserimento dei nuovi. Non sempre i tasselli combaciano fra loro alla perfezione, capita di sbagliare e di dover porre rimedio all’errore: oggi abbiamo una squadra che rispecchia la filosofia cestistica di Meo e che ci sta dando delle grand soddisfazioni”.

Lo scorso anno la Coppa Italia vide la Dinamo sconfitta al primo turno da Siena (poi vincitrice della competizione tra le polemiche). Quest’anno si può asserire che questa final eight possa essere alla portata della Dinamo? Come vede la competizione in ottica playoff?

“I playoff sono ancora lontanissimi, manca ancora un intero girone di ritorno e noi abbiamo da giocare la prima partita del girone di ritorno a Biella, che è il nostro primario e principale obiettivo a breve termine. La Coppa Italia è un’opportunità che siamo riusciti a cogliere per il secondo anno consecutivo. La regola è sempre la stessa: ce la giocheremo provando a fare del nostro meglio, senza calcoli ma con grande entusiasmo”.

Personalmente qual è un suo sogno cestistico?

“É chiuso nella famosa scatola dei sogni che custodiamo gelosamente….”

Un saluto finale per i lettori

“Un caro saluto biancoblu alla vostra redazione e ai vostri lettori…. grazie dell’attenzione e speriamo di risentirci quando, nel caso, apriremo la scatola dei sogni”.

Simone Spada

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