Una squadra umiliante e umiliata, merita la serie B senza se e senza ma. Come la merita chi l’ha partorita, specchio fedele di quanto visto in campo anche nell’ultima partita di questo sciagurato campionato. E adesso che si faccia piazza pulita, via i falsi mostri sacri e via chi non è all’altezza, nessuno escluso se non qualche giovani su cui poter puntare con certezza nella serie inferiore e magari ritrovarselo buono in futuro. Ieri sera dalle 21,06 sembrava potersi ripetere il miracolo dello scorso anno a discapito del Benevento. L’Udinese che segna nei primi minuti a Salerno e concretizza progressivamente il vantaggio fino a portarlo sul 4 a 0 a soli 32 minuti dalla fine, era il pass partout per al salvezza dei rossoblù. Il Cagliari ha avuto una intera partita per fare un misero goletto ai resti del Venezia già retrocesso, ma non c’è riuscito. Il regalo che gli stava fornendo la derelitta Salernitana su un piatto d’oro costellato di diamanti, lo hanno restituito all’offerente.
I campani rimangono in serie A per oscena concessione di giocatori mediocri e perfino scadenti come si sono rivelati i rossoblù. Ma non è colpa loro se si sono trovati a dover affrontare una situazione che non sono stati capaci di affrontare e tanto meno gestire. Qualcuno li ha messì lì, e di questo deve rispondere. Assemblati scriteriatamente dal presidente Giulini e dal ds Capozucca, guidati in maniera ancora peggiore da un ex allenatore fermo nei suoi concetti calcistici a dieci anni fa, senza una leader in campo e negli spogliatoi, senza un cuore e senza un’anima: questo è il Cagliari precipitato meritatamente in B. La sentenza inappellabile del tribunale del campionato è arrivata e fa male, molto male: sprofondo rossoblù, squadra e società lasciano la principale vetrina nazionale del calcio e vanno a giocare contro Cittadella, Südtirol e Frosinone anziché Milan, Inter, Juventus, Napoli, Roma. Il calcio emette quasi sempre verdetti meritati: c’è chi ha il suo premio e chi il castigo. Come appunto il Cagliari, che questo defenestramento lo merita tutta. Ci stava provando da tre anni, adesso è arrivato. Come si temeva da quando squadra e allenatore hanno confermato tutti i loro limiti tecnici, agonistici e caratteriali. Fa rabbia che sia stata una sentenza annunciata, fa rabbia che la società se la sia cercata. Quasi l’avesse voluta. Negli ultimi due precedenti campionati, la salvezza era arrivata per il rotto della cuffia, più per demeriti altrui che meriti propri. Ma questi maxi-regali non sono stati elaborati e interiorizzati dalla dirigenza rossoblù.
Il presidente Giulini non ha saputo far tesoro delle lezioni ricevute e ha perseverato nel disastroso allestimento dell’organico e nella scelta degli allenatori. E perfino nello staff dirigenziale, nel quale non basta avere una profonda fede rossoblù per sopperire a inesperienza e mancanza di requisiti professionali adeguati ai massimi livelli. Gli errori commessi da Giulini sono innumerevoli, così come sono tantissimi i soldi gettati via nella costruzione della squadra. Il tesoretto procurato con la vendita di Barella, ai quali si sono aggiunti i milionari diritti televisivi e degli sponsor, è stato dilapidato con l’acquisto di una ciurma di carneadi qualsiasi, recuperati in campionati esteri senza che nessuno li avesse visionati seriamente, e con l’ingaggio di vecchie glorie ormai rotte e scariche, sia fisicamente che mentalmente. Fare un elenco dei flop sarebbe come scrivere un poema, tanti sono i personaggi protagonisti. Per i pochi acquisti azzeccati, ce ne sono una ventina che gridano vendetta. I danni della retrocessione sono inestimabili, sia economicamente che in termini di immagine della gloriosa società rossoblù, di Cagliari, della Sardegna tutta. Lo slogan “Una terra, un popolo, una squadra” ideato dalla società per spiccare il volo verso l’Europa, oggi fa soffrire anziché gioire. I suoi contenuti, che sono stati oggi traditi, devono essere il trampolino di lancio per la rinascita rossoblù. La risalita dalla serie B non è mai facile. Il Cagliari di Giulini ha il precedente del ritorno immediato con Rastelli allenatore, ma altre società blasonate sono naufragate nella mediocrità della categoria inferiore. Il presidente ha il dovere di presentarsi davanti ai tifosi e chiedere scusa, lo deve fare anche verso Cagliari e la Sardegna intera. Lui, ne siamo convinti, è una persona onesta, generosa e affezionata ai colori rossoblù. Deve ammettere però di aver sbagliato, e anche tanto; deve dire subito se intende continuare o se passa la mano; deve dire cosa intende fare per riportare subito il Cagliari nel posto che gli compete, la serie A; deve fare fatti e non promesse. I tifosi cagliaritani, e i sardi in genere, non meritano di essere traditi ulteriormente. Quei settecento cuori rossoblù (loro si) che anche ieri hanno accompagnato la squadra nella lontana e disagevole Venezia nonostante le scarse probabilità di salvezza, devono ricevere rispetto e onore. A fine partita li abbiamo visti piangere sulle tribune del Penzo, guardare increduli nel vuoto. Guardare la serie B. Non meritavano questa vergogna.
Luciano Onnis