Silenziose, con un libro in mano, hanno vegliato in piedi per un’ora sulla terrazza del Bastione, a Cagliari, tra turisti incuriositi e passanti sconcertati: sono le Sentinelle in Piedi, “resistenza pacifica di cittadini” come amano definirsi, che da mesi manifestano nelle piazze italiane per dire no al disegno di legge nazionale contro l’omofobia. Dopo tantissimi presidi in circa ottanta province di tutto il paese oggi sbarcano in Sardegna con un primo appuntamento cagliaritano e si preparano a manifestare nel resto dell’isola.
La veglia sul Bastione ha suscitato un coro di critiche non solo dalle associazioni che si battono per i diritti civili di gay, lesbiche, bisex e transgender ma da tante persone diverse: “bigotti”, “retrogradi”, “fascisti” i commenti più comuni comparsi sui social network. In tanti hanno ironizzato sui titoli dei libri in mano ai lettori veglianti: “Il Galateo” di Giovanni Della Casa, “Cristianofobia, la nuova persecuzione” di René Guitton, e soprattutto “Sposati e sii sottomessa” “Obbedire è meglio” e “Sposala e muori per lei, uomini veri per donne senza paura”, trittico di Costanza Miriano sulla visione cristiana del matrimonio.
Ma chi sono le Sentinelle in Piedi e perché vegliano con un libro in mano? Lo abbiamo chiesto a Emilio Ghiani, portavoce del coordinamento Sentinelle in Piedi Cagliari.
“Sentinelle in Piedi è una resistenza pacifica di cittadini, una rete apartitica e aconfessionale. Per il momento abbiamo coinvolto oltre un migliaio di persone nell’isola e la pagina facebook “Sentinelle in piedi Sardegna” ha avuto oltre 30.000 visualizzazioni. Ma sono numeri destinati a crescere perché l’esperienza delle Sentinelle ci dice che c’è un popolo che ancora crede nella libertà di espressione e che aspetta solo di essere risvegliato. Mercoledì scorso 110 persone hanno vegliato per la pirma volta a Cagliari, in silenzio, per un’ora, a un metro di distanza l’uno dall’altro per dire no a un testo liberticida e anticostituzionale: il ddl Scalfarotto che, se approvato, di fatto introdurrebbe il reato di opinione nel nostro paese”.
Il disegno di legge in questione sarà discusso il prossimo 22 luglio in Parlamento e prevede di estendere le leggi Mancino-Reale già in vigore sulle discriminazioni etniche, razziali e religiose ad atti motivati da omofobia e transfobia. Un provvedimento che condanna chi “incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’omofobia o sulla transfobia”: dunque non una punizione per chi la pensa diversamente dall’opinione comune, ma solo per chi istiga alla violenza.
La vostra è una presa di posizione contro una legge precisa, quella sull’omofobia, o riguarda piuttosto il pensiero sulle relazioni omosessuali e le identità di genere?
“Ci opponiamo al Ddl Scalfarotto sull’omofobia: presentato come necessario per fermare atti di violenza e aggressione nei confronti di persone con tendenze omosessuali, il ddl non definisce cosa si intenda per omofobia, lasciando al giudice la facoltà di decidere il confine tra discriminazione e semplice opinione. In questo modo potrebbe essere denunciato chiunque si dica ad esempio contrario alle adozioni da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso o sostenga che la famiglia sia fondata sull’unione tra un uomo e una donna. Con il rischio di finire in carcere per un anno e mezzo”.
Non credete che la società contemporanea debba adeguarsi ai cambiamenti della famiglia e delle relazioni, e non piuttosto osteggiarle?
“Perché ci pone questa domanda? Noi ci opponiamo a un testo di legge che si presenta come uno strumento per sanzionare violenze e aggressioni e nulla hanno a che vedere con cambiamenti della famiglia. Con la sua domanda in effetti lei conferma quello che andiamo dicendo da mesi: ovvero che questo non è affatto un testo per tutelare delle persone (il nostro ordinamento giuridico punisce già chiunque si renda protagonista di aggressioni per motivi abbietti) ma è un testo dal forte impianto ideologico perché ha il solo scopo di fare da apripista a leggi e provvedimenti che nulla hanno a che vedere con la tutela di una categoria di persone”.
Cosa pensate di associazioni come Arc o Mos, solo per citare quelle sarde, e della loro attività in favore dei diritti civili?
“Rappresentano la realtà dell’attivismo LGBT, che con la rivendicazione di presunti diritti negati, si arroga diritto di parlare a nome di tutte le persone omosessuali o transessuali, senza considerare che tra queste c’è chi è del tutto contrario alla pretesa di diritti declinati in base all’inclinazione sessuale. Molte di queste persone vegliano con noi nelle piazze”.
Nel rispetto della libertà individuale non sarebbe meglio che ciascuno avesse diritto, riconosciuto per legge, di costruire una famiglia secondo la propria coscienza e le proprie aspirazioni?
“È difficile immaginare una società in cui ognuno possa per legge costruire una famiglia secondo le proprie aspirazioni perché le variabili potrebbero essere infinite. Tuttavia la nostra è una battaglia per la libertà di espressione. Se ci fosse in discussione un provvedimento di legge sulla poligamia ad esempio, magari dietro la spinta di realtà che riuniscono particolari gruppi di immigrati, immagino che le femministe insorgerebbero, e devono essere libere di farlo. Ecco, noi riteniamo che, indipendentemente dal progetto di legge in discussione, ognuno debba essere libero di partecipare al pubblico dibattito senza che le due opinioni vengano considerate reato, se vogliamo continuare a considerarci un paese democratico”.
Come e’ stata accolta la vostra iniziativa al Bastione?
“Abbiamo percepito una grande accoglienza sia da parte di Cagliaritani che passeggiavano nel Bastione sia da turisti stranieri con i quali abbiamo interloquito spiegando l’iniziativa. L’accoglienza dell’iniziativa è testimoniata anche dal gran numero di contatti sulla pagina facebook, che è passata in un solo giorno da 650 del 9 luglio agli oltre 1000 di oggi, ovvero oltre il 40% in più di apprezzamenti per l’iniziativa.
In particolare non è stata assolutamente vista come una contrapposizione tra chi è a favore dei matrimoni omosessuali e chi lo è per quelli eterosessuali, come invece la stampa ha riportato sui giornali.
Questo per esempio è uno degli inganni che le politiche lgbt portano avanti : la presunta contrapposizione tra omosessuali e eterosessuali, lo ribadiamo, non esiste. Non esiste perché non è l’inclinazione sessuale a definire le persone.
Riceviamo continuamente contatti di persone che ci chiedono di conoscere l’iniziativa e del motivo per cui manifestiamo, e ciò è per noi una grande spinta ad andare avanti. È inoltre la conferma che la libertà di espressione non conosce appartenenza religiosa o associativa, e nemmeno inclinazione o orientamento sessuale: ci riguarda e ci coinvolge tutti”.
Francesca Mulas